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Interviews

Lidia Vitale: intervista con l’attrice e acting coach alla ricerca della libertà

Dai recenti 'Maschile plurale' e 'Vangelo secondo Maria' al legame con Anna Magnani. Quattro chiacchiere con l'attrice

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lidia vitale

Al cinema e sulle piattaforme con alcuni titoli recenti, ma con tanto altro che bolle in pentola, Lidia Vitale non si ferma. L’attrice romana è pronta per tanti progetti, ognuno diverso dall’altro e speciale a suo modo. Degli ultimi lavori di Lidia Vitale e di quelli in cantiere abbiamo parlato proprio con l’attrice.

– Immagine di copertina: Immagine gentilmente concessa da Words For You. Foto di Azzurra Primavera. Tutti i diritti riservati –

Lidia Vitale in Maschile plurale

Inizio partendo dalla fine e quindi dal progetto più recente, Maschile plurale. Lì sei una critica gastronomica severa, ma prestigiosa e un po’ scomoda. Com’è stato interpretare questo ruolo che è un po’ un tramite tra noi spettatori e il film? Vedendo i tuoi impegni passati mi sembra un ruolo in linea con l’evoluzione che hai avuto: una donna di successo che continua a imporsi e dire la sua e che non vuole adeguarsi o far adeguare gli altri, ma che cerca sempre di spronarli a fare il meglio.

Partiamo dal presupposto che a me piacciono i personaggi scomodi. Nel mio sistema linguistico ho cambiato il vocabolo da scomodo a indispensabile. Sono dell’idea che nel sistema ci debba sempre essere un punto di rottura che metta in discussione e che garantisca l’evoluzione. Poi decade il giudizio tra buono e cattivo, giusto e sbagliato. Amo da sempre fare questi ruoli, mi piace anche nella vita, è proprio una mia prerogativa. Il mio essere in linea, per certi versi, con il personaggio della critica gastronomica dipende dal fatto che ci tengo tanto a fare le cose bene per tutti, non solo per me. Mi piace che ci sia un miglioramento e un’evoluzione ogni volta in ogni progetto. Quindi sono contenta che tu abbia colto questa cosa. Mi fa piacere, è un po’ un parallelo.

E credo ci sia un legame anche con quello che fai perché, oltre che attrice, sei un’acting coach, cerchi di istruire altre persone a questa cosa.

Assolutamente. Intanto c’è una regola nell’actor studio per cui vanno trasmessi certi insegnamenti. Poi, anche dopo 35 anni, io continuo a studiare ancora e metterli in pratica. Prima di insegnare, però, avevo bisogno di manifestarlo nella mia vita. Diciamo che non credo nei guru, ma piuttosto nelle persone che rendono gli altri liberi di manifestarsi a loro volta. Per questo ho aspettato tanto e, infatti, ho iniziato non più di 5 anni fa a insegnare un po’. Ho iniziato a fare qualcosa di più perché i miei insegnanti mi hanno detto comincia a insegnare, c’è bisogno che tu trasmetta quello che hai portato a compimento. Poi, in realtà, ancora a compimento non c’è niente perché non si finisce mai e poi la carriera è sempre in evoluzione. Probabilmente, però, non avrei mai insegnato se non fossi stata una prova concreta di quello che insegnavo perché per me è importante che chi insegna sia manifestazione di quello che insegna altrimenti la linea si sposta facilmente sul guru che non rende liberi, ma assoggetta a una sorta di dipendenza e per me la libertà, sia mia che degli altri, è fondamentale.

Vangelo secondo Maria di recente al cinema

Un altro titolo recente al quale hai preso parte è Vangelo secondo Maria, nel quale interpreti la severa madre di Maria. Com’è stato l’approccio a questo film che ti e vi ha calati in un periodo storico passato dove, credo, l’elemento principale da mettere a disposizione sia stato il corpo in quanto doveva adattarsi alla storia e non viceversa?

Lì è tutto legato al fatto che io sono il personaggio che ha introiettato dentro di sé il patriarcato. E mi fa ridere il fatto che io, che lotto a proposito delle tematiche legate al gender, faccia tutti personaggi che introiettano il patriarcato. Forse perché quando conosci così bene una cosa non hai paura ad andare dentro al demonio. Quindi questo mi dà prova che forse l’ho capita davvero questa cosa e mi posso prendere il lusso di giocarci dentro. E poi più vado a scavare in questi personaggi e più mi rendo conto quanto lavoro bisogna fare per emanciparsi ancora. Anche perché siamo tutti vittime di stereotipi incastonati da secoli. Non a caso nel film siamo nell’anno 0. Come dicevo prima, penso che la conoscenza renda liberi e questo si riallaccia al fatto di dedicarmi all’acting coach: mettere le persone in contatto con le consapevolezze significa liberarle. La conoscenza e lo studio sono fondamentali.

lidia vitale

Immagine gentilmente concessa da Words For You. Foto di Azzurra Primavera. Tutti i diritti riservati

Quello in qualsiasi ambito, ma qui a maggior ragione perché ogni volta è qualcosa di nuovo, ogni progetto è diverso e nuovo rispetto a quello precedente e a quello successivo.

Esatto, è tutto un mondo nuovo da esplorare. Io penso, nella mia carriera, di aver imparato più processi giuridici che altro. C’è stato un periodo in cui interpretavo solo giudici e magistrati. Più ho studiato e più mi sono liberata. Quindi uno degli obiettivi di Vangelo secondo Maria è che la conoscenza porta a liberarsi.

Un altro film con Lidia Vitale: Ti mangio il cuore

Non posso non chiederti del film, sempre andando indietro nei tuoi progetti più recenti, Ti mangio il cuore di Pippo Mezzapesa. Anche lì il corpo è stato fondamentale, così come la gestualità, ma a questi due elementi si aggiunge il dialetto. Qual è l’approccio che usi in questi casi? Te lo chiedo perché non è la prima volta che ti cimenti in film in dialetto, tra l’altro dialetti che non sono il tuo.

Innanzitutto cerco sempre di fare un lavoro di immedesimazione: vado prima nei posti e poi cerco di immedesimarmi. Una volta che so che quel personaggio è nato in quel contesto faccio la vita che fa/farebbe lui/lei. La lingua viene in maniera organica. Più ti accosti alla storia di una persona più la radichi e più quella cosa diventa organica. Nel caso di Ti mangio il cuore devo, però, citare anche Dino La Cecilia, un bravissimo dialog coach e un grandissimo attore, che ci ha dato una grande mano sul dialetto. Però se non c’è l’apertura piena a un altro che non è sé questo non avviene e appare sempre falsato, non può diventare organico. Poi sicuramente io ho un orecchio particolare per i dialetti.

Ma in effetti sei credibile.

In questo caso il premio più grande me l’hanno dato le donne pugliesi quando mi hanno detto che sembravo una di loro. Per me il premio più grande è stato questo.

Lidia Vitale acting coach di Elodie

In questo film, per il quale hai ricevuto anche dei riconoscimenti, hai fatto da acting coach a un’esordiente alla recitazione come Elodie e proprio in relazione a lei voglio chiederti com’è stato questo rapporto. Nel senso che l’hai aiutata e le hai dato dritte che sono andate in collisione con il tuo personaggio perché secondo me il tuo personaggio si può considerare la controparte del suo sotto tutti i punti di vista: età, importanza, potere, bellezza. Tu sei imbruttita in questo film perché marchiata dal ruolo di cattiva, anche se non è completamente corretto neanche questo. Sei la donna del film, finché non arriva lei a rubare la scena, sei quella che pensa di tenere tutti in pugno finché lei non muove le pedine senza neanche sforzarsi troppo.

Intanto è stato bellissimo che Elodie abbia accettato perché non è scontato. Se non c’è dall’altra parte una persona spinta dalla curiosità e dal desiderio non si può fare una cosa del genere. Io mi sono offerta perché per me aiutare e sostenere una collega è importante. L’ho fatto sia per preservarla dal mercato sia perché era una grande occasione anche per me lavorare dalla base.

Poi la regola che mi sono imposta fin da subito è che quando sono coinvolta nello stesso progetto coacho da personaggio, cioè comunico da personaggio. Anche in altri titoli dove mi è capitato di dover aiutare io entro completamente nel progetto. Ed è molto divertente perché fai il processo insieme e cresci insieme, ti confronti insieme.

Poi è vero che questi due personaggi sono in antitesi (infatti quando parlo di questa storia la definisco sempre come quella di due donne che si contendono un uomo): da una parte c’è quella che è avvinghiata alle dinamiche patriarcali (il mio personaggio) e dall’altra quella che cerca di sfuggirne, ma che resta intrappolata. Tutte e due siamo vittime della stessa ferita, quella abusante. Per assurdo abbiamo molto più in comune di quanto si possa credere, solo che una tende a liberarsene e l’altra è incastrata a vita: è come lo scarto generazionale di madre in figlia. La generazione dopo fa uno scatto in avanti se il genitore ha lottato abbastanza.

Immagine gentilmente concessa da Words For You. Foto di Azzurra Primavera. Tutti i diritti riservati

Il legame con Anna Magnani

A proposito di quello che abbiamo detto finora vorrei chiederti qualcosa sul tuo legame con Anna Magnani che porti in scena nello spettacolo “Solo Anna” e che reinterpreti in Simonetta, la Truccatrice della Magnani.

Lì mi sono messa davvero in gioco perché io non porto in scena i film di Anna, ma Anna come donna e il suo percorso. Il legame con lei è un processo che dura dal 2003 quando l’ho incontrata per la prima volta e quando Bogdanovich voleva fare un film a New York, ma poi il progetto saltò. Da lì io decisi di iniziare un progetto insieme a un po’ di personalità e questo processo non si è mai chiuso. A me piace pensare che lei mi abbia scelto. Credo ci sia un legame con questa donna. Io non ho mai aspirato a essere come lei (da piccola non mi piaceva mi paragonassero a lei, mentre oggi invece è un grande onore). Io l’ho abbracciata e più vado avanti più capisco che lei ha liberato me e io sto liberando lei, se crediamo a più livelli di esistenza.

E poi credo ci sia bisogno di far conoscere donne come lei. Lei è il prototipo delle battaglie che stiamo affrontando oggi. Negli anni ‘50 è stata la prima a ottenere la patria potestà di suo figlio togliendolo al padre e già combatteva per avere gli stessi pagamenti rispetto agli uomini. Abbiamo ancora tanto da imparare.

Progetti futuri di Lidia Vitale

Progetti futuri per Lidia Vitale? Magari non solo come attrice, ma anche dietro la macchina da presa.

Sto sperando di mettere in piedi l’opera prima per cui ho vinto il primo Mibact che è una storia sull’abuso di un adolescente negli anni ’80.

Poi abbiamo finito di girare per Netflix, Mrs Playmen e poi anche Death do us part, film di due giovani dell’Università di Harvard.

Oltre a questi c’è anche un cortometraggio che spero trovi spazio: After the very end, realizzato con una troupe tutta under 35 e una caposquadra Miriam Furniss-Yacoubi, giovane regista di 28 anni. Nel cast, oltre a me, ci sono Alistair Petrie di Sex Education, Andreas Pietschmann di Dark e tanti altri. Spero che trovi dei festival dove essere visto per le tematiche che tratta e per il lavoro d’eccellenza fatto.

Infine c’è anche un cortometraggio con Blu Yoshimi in cui ho curato l’esecutivo che si chiama Due sorelle. Poi ho anche collaborato con l’associazione Si può fare, per il teatro con ragazzi disabili per un cortometraggio con un ragazzo speciale.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

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