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Fratelli D’Innocenzo: masterclass allo Shorts International Film Festival

I Fratelli D'Innocenzo sono stati ospiti dello Shorts International Film Festival, tra i più importanti festival dedicati al cortometraggio in Italia. In occasione dell'evento, sono stati premiati con il riconoscimento Cinema del Presente

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Fratelli D'Innocenzo

In occasione della 25° edizione dello ShorTS International Film Festival, il premio Cinema del Presente è stato assegnato alla coppia Fabio e Damiano D’Innocenzo, i gemelli più famosi del cinema italiano. Il festival ha luogo a Trieste dal 28 giugno al 6 luglio e si è ormai affermato come una delle realtà di maggior interesse nel panorama festivaliero, con particolare riferimento alla dimensione del cortometraggio.

Il prestigioso riconoscimento premio Cinema del Presente decreta ogni anno la rilevanza di quegli autori che si distinguono per particolare merito artistico nella capacità di intercettare i linguaggi e le dinamiche della nostra contemporaneità, decifrandone i segni di maggior rilievo. Esemplificando così un percorso autoriale che sia coerente alla richiesta di fornire delle coordinate accessibili al pubblico che di questo presente ne è pieno e vitale protagonista. Il regista del presente deve allora farsi carico responsabile di quest’urgenza, nella comprensione di una realtà circostante in continuo mutamento.

Condotta dal direttore artistico del festival Maurizio di Rienzo, alla celebrazione è poi seguita una masterclass – durante la partita dell’Italia, fattore che non ha comunque impedito alla sala di riempirsi – dove i D’Innocenzo hanno ripercorso il loro itinerario artistico, spiegandoci come siano stati capaci di elaborare la tecnica nel tempo ed affinare lo stile, aprendosi anche rispetto alla loro dimensione personale, di crescita e consapevolezza. Al termine della conversazione, non hanno potuto evitare di parlarci anche del loro ultimo progetto, Dostoevskij, la nuova serie Sky Original distribuita da Vision. Il film, che vede protagonista Filippo Timi ed è diviso in due parti, sarà disponibile nelle sale italiane per un periodo limitato, dall’11 al 17 luglio, per poi approdare in televisione a partire dal prossimo autunno.

I Fratelli D’Innocenzo assieme al direttore Maurizio di Rienzo

Underdog

Ci parlano delle origini:
nascono in periferia, nelle borgate. Inizialmente non hanno alcuna intenzione di studiare cinema, frequentano l’istituto alberghiero, diplomandosi rispettivamente con 60 e 61.

“Non eravamo i peggiori della classe, eravamo i peggiori della scuola”,

ricorda Damiano.

Poi, l’epifania: nessuna ragione particolare, nessuna videocassetta speciale o qualche film particolare che li abbia folgorati. Semplicemente, volevano raccontare storie. Iniziano a lavorare come ghostwriters, vedendosi rigettare molti progetti. Hanno finalmente l’occasione e una benedizione dall’alto: collaborano alla sceneggiatura di Dogman diretto da Matteo Garrone, che li inserisce nei titoli. Anche se, forse, con qualche riserva:

“Forse, per il lavoro che abbiamo fatto, meritavamo di più che una semplice menzione”.

Da qui il momento propizio: vengono notati da un produttore che ne prospetta il potenziale. Possono quindi firmare un’opera, oltre che dirigerla.
Siamo nel 2018: il loro esordio, La terra dell’abbastanzaottiene un ottimo riscontro di critica. Presentato in anteprima al Festival del Cinema di Berlino, riceve tre nastri d’argento – tra cui miglior regista esordiente e miglior opera prima – oltre che cinque candidature ai David.
Vediamo assieme una sequenza che riassume l’innocente ingenuità dei due ragazzi protagonisti, ancora goffi nel loro tentativo di diventare criminali.
I fratelli nel rivedere la scena si emozionano: rievoca in loro il ricordo della loro iniziazione cinematografica.
Pur trovandosi nel film alcuni elementi autobiografici – la periferia, l’istituto alberghiero – ci tengono a precisare come sia una realtà a loro estranea:

“Volevamo raccontare il mondo della micro-criminalità, che è una piaga a Roma. Pur essendo un mondo che non abbiamo mai frequentato, lo conosciamo come tutti per esperienza indiretta. Pensavamo potesse essere interessante raccontarlo attraverso una prospettiva nuova”.

Non ci sono compiacimenti stilistici o narrativi, solo il racconto crudo e materico di vite sospese.

L’evento si è tenuto al Teatro Miela di Trieste

Ricorrenze, sodalizi, forme: crescita e maturità

Poi, la consacrazione: Favolacce, una fiaba nera dove la disperazione è dilagante e la redenzione pare inattuabile. Qui sembrano delinearsi in modo chiaro quelle che sono le tematiche per le quali i fratelli D’Innocenzo nutrono maggior interesse. Si afferma una visione sfiduciata rispetto a qualsiasi forma di salvezza: in qualsiasi contesto di riferimento, qualsiasi sia il proprio ceto o la propria estrazione, non ci sono rimedi, rifugi o speranze. Il semplice ineluttabile ordine naturale degli eventi, mossi dalla tragedia. Quasi questa fosse motrice del ciclo vitale, che si spegne nella sua ovvia conseguenza, eppure senza mai il beneficio di una parvenza di quiete, di riposo apparente: la conclusione è possibile solo nella chiave del dolore. Pur venendo portato in scena soltanto nel 2020, la sceneggiatura è stata scritta quando i D’Innocenzo avevano diciannove anni.

Anche Favolacce passa da Berlino – dove vince l’Orso d’argento alla miglior sceneggiatura – festival a cui la coppia di registi presto si affeziona:

Favolacce lo voleva sia Cannes che Berlino. Siccome Berlino ci aveva presi anche la prima volta, abbiamo scelto ancora loro. Menomale, perché poi c’è stato il Covid e quell’anno Cannes è saltato…”

Collegandosi così alla ricezione da parte del pubblico. Particolare riferimento al loro rapporto con la sala:

Favolacce per via della pandemia è andato direttamente in piattaforma, America Latina non è andato molto bene. Dostoevskij starà in sala solo una settimana. Non abbiamo un rapporto particolarmente felice con la sala”.

Questo non gli ha però impedito di imporsi nell’immaginario comune e di diventare tra gli autori maggiormente acclamati in Italia, riscontrando conferme positive anche a livello internazionale, tanto da essere stati scelti da Kanye West per la realizzazione del suo ultimo videoclip.
Apprezzamento non sempre inseguito, anzi. Proprio in merito ad America Latina, la loro seconda collaborazione con Elio Germano, attore con cui hanno sviluppato un forte sodalizio artistico nel tempo:

“Noi avremmo sempre voluto collaborare con Elio [Germano]. Però lui, che è una persona estremamente gentile, come per tutte le persone gentili arriva il momento di iniziare a dire di no, altrimenti vieni travolto. Alla fine però sì ce l’ha detto comunque. Lavorare con lui è incredibile”.

Sottolineano come, pur soddisfatti del risultato – non rinnegandone la buona riuscita – comprendano perché l’accoglienza non sia stata entusiasta. L’intento era in realtà proprio quello di realizzare un film respingente, capace di rendere eventualmente anche insoddisfatto lo spettatore, a cui vengono sottratti punti di riferimento precisi e prospettive univoche.

Favolacce è un film molto dialogato, parlano in continuazione. Anche ne La terra dell’abbastanza. Ci siamo detti allora di fare un film completamento diverso, dove i dialoghi sono quasi inesistenti e, dove ci sono, non significano niente. In una stanza. Volevamo vedere fino a dove potevamo spingerci”.

Quello che Bertolucci avrebbe definito un film Miura, ovvero contrario al favore di accontentare le aspettative del pubblico.

Al cinema

Arriviamo ad oggi. Ancora una volta Berlino, dove tornano a ricevere i plausi della critica. Dostoevskij, la loro opera di maggiore ambizione e impegno – la lavorazione ha richiesto quasi due anni – è una miniserie televisiva che nella sua uscita cinematografica si divide in due atti. Vede protagonista Filippo Timi e Carlotta Gamba – già presente nel precedente America Latina – oltre che Gabriel Montesi, che torna dopo la sua prova magistrale in Favolacce.


Se è vero che sul coinvolgimento di Filippo Timi non ci sono mai stati dubbi e lo abbiano considerato fin da subito insostituibile, è anche vero che invece per il ruolo della figlia il casting aveva raggiunto una fase delicata, perché nessun’attrice pareva idonea al ruolo, tanto da aver anche considerato anche un’apposita riscrittura. La scelta è infine ricaduta su Carlotta Gamba, che ha dovuto comunque fare un lavoro intenso per modellare la sua figura, avendo dovuto anche perdere peso.

È un altro film dalle tinte fosche, cupo. La perdita di fiducia pare acquisire una dimensione di crudeltà ulteriore, perché l’angoscia figurata qui si concretizza nel massacro. Eppure, è proprio nel segno di questa ferocia che potrebbe trovarsi lo slancio per un catartico rinnovamento dello spirito. Forse, i D’Innocenzo hanno iniziato a contemplare la possibilità della salvezza.

Dostoevskij è al cinema dall’11 al 17 Luglio.