The Spell, cortometraggio di Diego Oliva Tejeda, è in concorso a Maremetraggio ShorTS International Film Festival, rassegna che ogni anno, a Trieste, propone cinema breve e focus su autori di tutto il mondo.
The spell: la trama
Due operaie e un operaio di un’azienda tessile vengono comandati e tiranneggiati da “The hand”, una gigantesca mano che li sfrutta lavorativamente senza pietà. I tre vogliono organizzare un rituale per mettere insieme le proprie forze e ottenere delle migliori condizioni lavorative.
La messa in scena
Il tratto che, a primo impatto, balza all’occhio di questo cortometraggio è sicuramente la modalità con cui le scene e le riprese sono state strutturate. I personaggi sono quattro: uno impersonato da una gigantesca mano, gli altri tre (due donne e un uomo) di etnie differenti. Essi non parlano: gesticolano e si muovono nello spazio come dei mimi, in un modo che ricorda la slapstick comedy degli anni ‘20. Gli attori, poi, (insieme ai pochi oggetti che costituiscono la scenografia) sono immersi nel buio, sopra quello che appare il palcoscenico di un teatro. Il risultato di quest’opera è peculiare, ma funziona senza cadere nel didascalico. L’ atmosfera esoterica, infatti, si sposa bene con il minimalismo spaziale e con l’illuminazione semplice e forte, che crea vistosi contrasti sui corpi protagonisti. La sceneggiatura non ha, quindi, bisogno di parole o di un’ambientazione realistica.
The spell: una metafora politica
L’effetto del cortometraggio è surreale e onirico, estraniante come le vite dei protagonisti, relegati ad un’esistenza ripetitiva e finalizzata alla sopravvivenza. I tre, infatti, hanno perso la propria dignità ed umanità: pregano la mano di pagarli di più di una misera moneta, sottostanno ai ritmi ossessivi e pesanti della mano. Emblematiche, infatti, sono le scene in cui la mano taglia ripetitivamente dei fili rossi (che potrebbero simboleggiare il loro libero arbitrio). Tutta la loro vita, quindi, è orchestrata crudelmente da un’entità che non vedono nemmeno in volto, ma che è molto più potente di loro. O, perlomeno, risulta più potente finché i tre cercano di fermarla separatamente. Quando, finalmente, si tengono per mano, nasce una rivoluzione, in questo caso metafisica. Con un rito intenso ed inquietante, sotto una luce scarlatta, bendano i propri occhi e sanguinano, in una morte metaforica che precede la rinascita del loro animo. Dopo di essa, infatti, la mano non ha più la forza per chiudere le lame delle forbici e tagliare i loro fili.
La mano, quindi, appare come la metafora delle forze capitalistiche che tengono in pugno i lavoratori, sfruttandoli fino a che non si spengono.
Nel finale, la mano aumenta la paga dei lavoratori, costituendo una conclusione apparentemente positiva. Potrebbe essere, tuttavia, l’inizio di un nuovo ciclo di sfruttamento, nel quale i lavoratori sono solo convinti di possedere maggiore potere? O rappresenta la prima di tante battaglie vinte nell’unione di più menti?