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FESTIVAL DI CINEMA

‘Rio Rojo’, l’agonia silenziosa del paradiso

La camera umanissima di Guillermo Quintero ci mostra un miracolo della natura: il Rio Rojo. Ma è solo l’agnello sacrificale di un pianeta destinato a soccombere

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Un immagine del film: un ragazzo si bagna nelle acque del Rio Rojo e trova un pezzo di petrolio.

Ultima proiezione di lunedì 1° luglio 2024 al Sole Luna Doc Film Festival, Rio Rojo, in Concorso, secondo lungometraggio di Guillermo Quin. Un film documentario potente, paradigma attualissimo di un mondo preda di conflitti e sfruttamenti ambientali. La spettacolare ambientazione è quella del Caño Cristales (letteralmente “canale di cristallo”): un fiume della Colombia localizzato nella Serranía de la Macarena, nel dipartimento di Meta, ed è un tributario del fiume Guayabero. Da tutti chiamato Rio Rojo: un vero paradiso della natura.

Da un lato il Rio Rojo e dall'altra la posizione nella cartina

Efficace immagine di https://www.floraviva.it/ che contestualizza la zona dove si svolge il film

Sinossi

Nell’Amazzonia colombiana si trova il mitico “fiume dai sette colori”, anche chiamato Rio Rojo. Il giovane Oscar, Doña María e Sabino vivono lì pacificamente, in comunione con la natura. Questa zona, un tempo preservata a causa del conflitto con le FARC, la guerriglia armata che difendeva le terre ma anche le coltivazioni di cocaina (con cui finanziavano l’acquisto di armi), è oggi vittima della sua bellezza e minacciata dall’arrivo di nuovi visitatori.

 

La pace, raggiunta a partire da un accordo precario degli ultimi anni, è dunque un’amica insidiosa: non c’è solo in agguato un turismo selvaggio non sempre sostenibile. Le multinazionali sono pronte ad investire nella terra per l’estrazione di idrocarburi, all’acquisto di terre per deforestarle a favore di monocolture di Olio di palma e a diffondere allevamenti intensivi di mucche da carne. Tutto ciò rischia di compromettere per sempre un intero ecosistema. Questa terra, miracolo della natura, è la cartina di tornasole dell’avidità umana nei confronti del Pianeta.

Il regista Guillermo Quintero affronta il racconto con pacata audacia: non teme di mostrarci le contraddizioni e le lentezze di un mondo magnifico e incontaminato che sembra destinato all’estinzione ma che conserva, suo malgrado, la chiave della sopravvivenza.

Un film antropologico, politico e ambientalista, capace anche di trasformarsi in una formidabile finestra dove chi in quei luoghi si affaccia, vive, immagina, potrà dire di esserci stato.

Linguaggio

Guillermo è un regista di documentari colombiano e un produttore cinematografico latinoamericano. Ha lavorato per i canali “France 5” in Francia e “Señal Colombia” in Colombia, come consulente educativo. È membro del comitato di selezione del festival del cinema colombiano di Parigi: è il suo secondo lungometraggio documentario dopo ‘Homo Botanicus’ del 2018. Quello era un viaggio naturalista e sentimentale capace di farci immergere in un verde tropicale, rigoglioso, che sembrava voler inglobare i suoi visitatori… Nell’ultimo Rio Rojo invece, è il fiume a farla da padrone.

La leggenda narra che il fiume rosso scaturì dal grembo materno della prima donna indigena. Quando lei si arrampicò per la prima volta sulle vette della montagna, rovesciò nella valle il suo sangue fertile. Si dice poi che il suo sangue scendendo in gran quantità si mischiò con la pietra, cambiandone il colore… Da rosso divenne marrone, poi ocra e infine giallo. Ai piedi della montagna diviene verde come la foresta stessa e prosegue nella valle finché non muore, fondendosi con altri grandi fiumi.

Insieme, prendono il nome di Guayabero.

(voice over, dall’incipit di Rio Rojo)

La leggenda viene narrata attraverso una voice over, come tutte le voci di questo film . Il regista ha inteso utilizzare la tecnica dell’asincronismo senza che questo infici minimamente la verosimiglianza e la potenza delle immagini. Un piano visivo fatto di paesaggi, azioni quotidiane dei protagonisti, e un piano sonoro, fatto di suoni della natura, ma anche voice over, appunto (gli stessi personaggi visti in azione senza parlare, danno voce a dialoghi e riflessioni), ma anche suoni radio, dialoghi a distanza, interferenze di news televisive. L’unico personaggio ad essere preso in diretta sincrona, è il presidente Santos, durante una visita nei pressi della Riserva Naturale di Macarena.

Santos lungo il Rio Rojo parla ad un manipolo di campesinos

Ritmo lento, scene efficaci

Il film, seppure proceda lento e inesorabile come un’anaconda (Dio del fiume, cit. di un personaggio del film), mostra alcune scene di notevole impatto narrativo e descrittivo, nonché alcuni particolari insoliti.

Efficace l’immagine del soldato della Guardia Nazionale di fronte ad un murale che ritrae le bellezze del Rio Rojo: stridente compresenza visiva!

Magiche le scene subacquee. Ce ne sono ben due (l’immagine di copertina ce ne mostra un frame) . La seconda, più lunga, ritrae il giovane Oscar Aguirre nuotare nel fiume (il nome è quello vero dell’attore non professionista che oltre ad essersi tatuato il nome dell’omonimo calciatore colombiano Juan Felipe Aguirre Tabares, indossa anche le magliette con il suo numero). Sembra volare, tornare nel liquido amniotico materno narrato dalla leggenda citata. Il piano audio è costituito da una preghiera corale: l’eco delle voci trasforma il letto del fiume nelle pareti di una chiesa: l’associazione è immediata: il Rio Rojo è per i nativi un tempio sacro.

Altra scena notevole è la macellazione della pecora.

La pecora macellata. In diversi contenitori le diverse parti delle interiora

Due uomini procedono lenti, senza aggressività, a sgozzare l’animale che viene accompagnato con apparente dolcezza, alla morte. Seppur la scena sia vera, cruda, inequivocabile e rappresenti un’ attività reale praticata dai campesinos per soddisfare i propri bisogni alimentari, si fa facilmente metafora del fiume stesso e, di riflesso, dell’intero pianeta. Ammalati entrambi della lenta e silenziosa malattia: l’essere umano.

Buffa la scena del turista giapponese in visita alla Riserva di Macarena. Nel bel mezzo della giungla, durante un pranzo d’accoglienza organizzato da Doña María, l’uomo insiste per avere una coca-cola. Doña María spiega che non ne hanno, che hanno succhi o sotto-marche del famoso prodotto americo, ma il giapponese è stupito e insiste: alla fine dovrà accontentarsi di un’acqua macchiata di rosso come il fiume capace di ricordare, almeno a lui, la nota bevanda americana.

Conclusioni

Il film, un profondo atto d’amore per una terra e una popolazione,  è punteggiato di numerose riflessioni sulla “civilizzazione”, sia grazie ad  immagini, accostamenti, montaggio, sia grazie alle parole della stessa Doña María. Ne emerge un quadro paradossale dove chi detiene il patrimonio storico, culturale, ambientale di un luogo, è costretto ad obbedire a leggi create per limitare i danni di altri, come le noci di petrolio che il giovane campesinos trova galleggiare nel fiume (immagine di copertina)

Il film si conclude con un’ironico colloquio tra i due personaggi principali che si confrontano sull’assurdità del moto di rivoluzione della Terra. Per loro infatti è ovvio che sia il Sole a sorgere e tramontare, a muoversi: al massimo anche le stelle si muovono, quelle sì!

Così come le scoperte scientifiche sono sconosciute ai campesinos, così loro sono gli unici in grado di salvare un territorio dalla devastazione del “progresso”. Se tanto mi da tanto, sarà quella intrapresa dal nostro progresso la direzione giusta?

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Rio Rojo

  • Anno: 2023
  • Durata: 70
  • Genere: Documentario
  • Regia: Guillermo Quintero