Paradise is Burning di Mika Gustafson, premiato a Venezia 80 per la miglior regia nella sezione Orizzonti, esce nelle sale italiane distribuito da Fandango dal 29 agosto 2024
Un film che si insinua lentamente sotto la pelle dello spettatore mentre assiste alle vicissitudini di tre sorelle, Laura (Bianca Delbravo) di sedici anni, Mira (Dilvin Asaad) di dodici e Steffi (Safira Mossberg) di sette.
Vivere senza regole, in piena libertà
Abbandonate a loro stesse dalla madre che non si sa dove sia (anche del padre non c’è traccia), le tre ragazze, che vivono in un quartiere operaio di una qualche città svedese, passano l’estate in una condizione di completa libertà senza regole, attorniate da un gruppo di amiche, rubacchiando nei supermercati e intrufolandosi negli alloggi vuoti solo per il gusto di aggirarsi e curiosare nelle varie stanze.
La situazione diventa critica nel momento in cui Laura riceve una telefonata da parte dei servizi sociali che preannunciano una visita per parlare con la madre. Per scongiurare la possibilità dell’affido e, di conseguenza, della separazione, Laura, che tiene all’oscuro di tutto Mira e Steffi, inizia a cercare fra le vicine chi possa essere disposta a fingersi la loro madre. La trova in Hannah (Ida Engvoll), una donna borghese che vive in una vicina villetta, con un figlio piccolo, di cui intuiamo la presenza dal ciuccio posato sul tavolo, ma che è spesso assente insieme a un marito che vediamo raramente. Così fra Hannah e Laura, che solo apparentemente sembrano essere così distanti, si viene a instaurare un’intima complicità.
Ma con l’avvicinarsi dell’incontro con le istituzioni, le speranze di poterla fare franca iniziano a vacillare. Non resterà alle tre sorelle che stringersi l’una all’altra per fronteggiare gli eventi, forti del profondo senso di unione che le accomuna.
Un Coming of age che diventa una “dichiarazione d’amore alla sorellanza”
Nelle note di regia Mika Gustafson afferma che “Paradise is burning è “una dichiarazione d’amore alla sorellanza. A coloro che conoscono la tua storia e ti hanno reso ciò che sei. Un legame che è più forte di tutto il resto. Una benedizione e una maledizione allo stesso tempo”.
Un film in cui non esiste una vera e propria trama ma che si sviluppa, essenzialmente, su episodi che consentono alla regista di esplicare il proprio pensiero. Una sorta di inno alla ribellione giovanile, con una critica feroce sia alla genitorialità mediocre e dannosa, sia alle istituzioni, incapaci di affrontare adeguatamente i problemi sociali che si presentano.
Mika Gustafson, con Paradise is Burning, non fa altro che trasporre in forma di fiction ciò che già aveva fatto con i precedenti lavori, in particolare con Silvana, documentario sulla rapper svedese Silvana Imam le cui canzoni si basano su testi particolarmente sferzanti contro le autorità del suo paese.
Gli atteggiamenti di Laura e delle sorelline, giocosamente anarchici e impermeabili alle regole, rappresentano la ribellione al sistema, del quale si fanno beffe. Attraverso un capovolgimento di fronte dove gli adolescenti si fanno guida per gli adulti. Così è nel caso di Laura, che diventa per Hannah una sorta di ispiratrice, ma anche della dodicenne Mira, che prende sotto la sua ala protettrice il depresso Sasha (Mitja Siren), che soffre per l’incapacità a esibirsi in una gara canora organizzata nel bar di quartiere.
Quella delle tre sorelle e delle loro amiche è una comunità chiusa e affiatata, che viene ben rappresentata dalla fotografia di Sine Vadstrup Brooker la quale, con la macchina a mano, marca strette le protagoniste mentre ballano, giocano in piscina o fanno a botte per difendere qualcuna del gruppo da atti di bullismo.
Paradise is Burning si rivela essere, così, un coming of age in cui a trionfare è l’irrefrenabile voglia di vivere di Laura, Mira, Steffi e delle loro amiche.
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