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Corti e Turchia: la potenza dell’essere donna tra Anatolia e Tracia

Un viaggio in Turchia, attraverso i cortometraggio. Sui binari della femminilità, e della ricerca giovanile di un posto nel mondo

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The Day My Father Died

In Europa, e specialmente in Italia, il cinema turco non ha mai raggiunto i cuori di tutti i telespettatori, per difficoltà un po’ produttive, un po’ culturali ed un po’ linguistiche. Negli ultimi anni in Turchia il livello delle produzioni multimediali si è alzato, così come si è evoluto lo stile di vita dei cittadini, affacciati alla modernità ma ancora invischiati in una fase di un radicalizzarsi della religione musulmana, che blocca una evoluzione sul piano dei diritti e della libertà. Per questo una lente d’ingrandimento a forma di mezzaluna è stata messa sulle stelle più splendenti del cinema turco, con un focus completamento dedicato al ShorTS International Film Festival. 

Un Giano bifronte, con le due teste che si staccano e allontanano sempre di più tra di loro, formando una piccola conca dove poter inserire una culla, per un piccolo  rinascimento cinematografico turco. É proprio nei momenti più estremi di una civilità che spesso l’arte rinasce. E se questo rinascimento è già arrivato sul piccolo schermo, con tante serie tv che si sono fatte strada tra i servizi di streaming, tra cui anche ‘Mezzanotte a Istanbul’,  e così anche gli attori, ad esempio Can Yaman, adesso impegnato con la produzione Rai del remake di Sandokan, anche il cinema non è da meno, a partire dai corti.

Allora proviamo a metterci anche noi su questa strada e percorriamo un piccolo viaggio nel mondo del cinema turco attraverso cinque corti presentati al ShorTS International Film Festival. 

The Day My Father Died

Il titolo ci mette già al centro della situazione, così come il regista Emre Sefer fa nella prima scena: il funerale di un papà. Siamo vicini alla protagonista, e ci stringiamo a lei per la scomparsa del padre. Insieme a lei c’è un’altra donna, che più tardi scopriamo essere la sorella. In un breve viaggio in macchina, le due si scontreranno facendo emergere tutti i loro conflitti e, al tempo stesso, tutto il loro amore per l’altra.

Sorellanza e sofferenza, per il lutto ma non solo. In pochi minuti si scoprono tutte le pentole contenenti il dramma e la sofferenza che ognuna delle due ha vissuto in maniera diversa, fino ad arrivare all’evento che ferma tutto. Per distrazione, infatti, viene investito un bambino, che in fin di vita mette in estrema crisi le due sorelle, unendole come non mai. Il finale, poi, è inaspettato e sentimentalmente forte, lasciando lo spettatore alle sue riflessioni.

The Day My Father Died

The Great Istanbul Depression

Il fenomeno degli studenti fuorisede, che arrivano da una piccola realtà rurale e che vanno nella grande città per provare a invertire la storia della loro famiglia, non è soltanto italiano, anzi. In questa versione turca del fenomeno, due sorelle vivono a Istanbul, cercando di trovare la propria strada in un mondo competitivo che offre pochi spunti per essere se stesse.

In poco più di quindici minuti il regista Zeynep Dilan Süren offre uno spaccato sulle sofferenze giovanili di questa generazione nel trovare il proprio posto nel mondo, in questo corto solamente femminile. É forte la paura di deludere i propri cari, e al tempo stesso la voglia di rimanere speciali e non uniformarsi al mondo, che soltanto nel finale trova una parentesi positiva, senza darci spunti positivi, ma lasciando quanto mento la gioia di trovare la felicità nelle piccole cose.

The Great Istanbul Depression

Hell Is Empty, All the Devils Are Here

Donne, violenze, paura, o solo spettacolo? Questo è ciò che porta in scena Özgürcan Uzunyaşa, prendendo letteralmente in mano la macchina da presa e facendone un personaggio. Seguendo la protagonista con la camera tramite carrelli e lunghi piani sequenza con qualche taglio-fantasma ben impostato. La macchina da presa in questo caso prende letteralmente vita, diventando un personaggio.

Il tutto avviene su un set cinematografico. Ma cosa è vero e cosa no? I protagonisti sono soltanto impegnati con le riprese oppure è la vita vera? La paura è vera? I pianti sono veri? L’ultima parola la può dire soltanto lo spettatore.

Hell Is Empty, All the Devils Are Here

The Criminals

Ancora studenti, questa volta nelle difficoltà dei primi amori. Una coppia di giovani fidanzati vuole solo passare del tempo intimo insieme, ma gli spazi e le possibilità gli sono precluse, passando da un ostello all’altro.

Chiusi dalla religione, dalla società e dal buon costume, non vengono fermati dalle loro paure. Quando le cose sembrano andar bene però, crolla tutto. Ancora paura, ancora violenza. Un pesante voyeurismo esterno che sfocia nel mero terrore. L’ansia sale per capire come si concluderà la vicenda, se ci sarà una conclusione. Il vero dubbio rimane sempre e la risposta che lo può sciogliere passa da una parte all’altra per tutta la (breve) durata dell’opera di Serhat Karaaslan. Chi sono i veri criminali della storia? Anche qui, l’ultima parola è dello spettatore.

The Criminals

Plastic Dream

In questo ultimo corto al femminile non troviamo più le difficoltà di una giovane donna, ma di un’adulta a tutti gli effetti. La paura di non piacere, la poca sicurezza nella propria bellezza, nonchè nella propria femminilità. Cos’è più importante? Piacere a se stesse o piacere agli altri?

La chirurgia plastica che spaventa e seduce la femminilità. Cosa è meglio fare per una donna, rischiare o accettarsi? Il regista Merve Bozcu dà palesemente la sua risposta, che però potrebbe non mettere d’accordo tutti quanti, in questo viaggio introspettivo della tormentata protagonista, che vive un vero e proprio sogno (o incubo?) di plastica.

Plastic Dream

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