I cortometraggi italiani sono stati protagonisti alla 60esima edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Tre le proiezioni speciali: L’attesa di Michael Fantauzzi, Minuto 55 di Luca Arcopinto e Soleombre di Valerio Pisano e Luca Grimaldi, che hanno confermato l’attenzione del Pesaro Film Festival per la cinematografia capace di sperimentare con il linguaggio della settima arte.
L’attesa di Michael Fantauzzi
Una giovane donna è sola in una stanza. Fuori, per le strade della città, chi è quell’individuo che cammina e che misteriosamente si avvicina? Il succedersi delle immagini sonore, la trama audiovisiva, assume un’altra forma, talmente acuta, appuntita, da trasfigurare l’occhio, lo sguardo, come in una visione. O un incubo.
“Una riflessione tra l’identico e il diverso”.
Si esprime in questi termini Michael Fantauzzi, regista e sceneggiatore di L’attesa, interpretato da Marina Campus e Sofia Zecchinelli. Un thriller mentale che strizza l’occhio all’horror, con protagoniste due giovani donne.
Il cortometraggio è interamente girato a Praga, città molto cara al regista, dove ha frequentato la prestigiosa FAMU, tre le più antiche scuole di cinema al mondo. È qui, nella capitale ceca, che Michael Fantuzzi viene ispirato da una vicenda con protagoniste Isabel e Amelie legate da una forte amicizia, forse amore, ma non ha importanza saperlo, meglio lasciare allo spettatore la possibilità di ricostruire il retroscena, di visualizzare il controcampo desiderato.
Così la storia prende vita a sé, generandosi infinite volte. Michael Fantuzzi offre molto spazio all’interpretazione. Non dà una sentenza. Il regista non è interessato al giudizio, piuttosto si preoccupa di suscitare emozioni e stati d’animo, che si percepiscano non solo visivamente, perché:
“Il vedere non coincide necessariamente con il sapere, il conoscere”.
Da questo presupposto prende vita un’originale riflessione sul concetto di diversità, che non è mai del tutto separata dall’uguaglianza. Due condizioni opposte che, però, in L’attesa trovano un suggestivo luogo d’incontro.
Michael Fantuzzi decide di girare il suo cortometraggio di notte, per ottenere una fotografia, curata da Manuele Mandolesi, dai toni foschi, evocando così il vasto panorama dell’orrore. In L’attesa c’è una buona dose di horror, ma non si può certo catalogarlo in questo genere senza avere delle riserve.
I generi, infatti, esistono per essere travalicati e Michael Fantauzzi riesce a farlo, dimostrando grande padronanza nella scrittura del testo filmico e nella regia. Realtà, sogno o incubo? Tre diverse dimensioni incastrate in una specie di rompicapo mentale e intimo dove l’apparenza nasconde, come il velo di Maya, la realtà delle cose.
L’horror poi cede il passo al thriller e cresce la suspense che culmina, sottolinea il regista, nel finale. Il punto d’arrivo, appunto, della riflessione di Fantauzzi sull’identico e il diverso.
“La tensione non esplode. Il conflitto non viene risolto, generando, o meglio, degenerando in un ossimoro e rimane tale perché non c’è sintesi”.
Una delle due ragazze, protagoniste è interpretata da Sofia Zecchinelli. La giovane e bravissima attrice, alla sua prima esperienza sul grande schermo, conferma la scelta del regista di lasciare il maggior spazio possibile all’interpretazione del pubblico.
“La mia interpretazione è stata essenziale. Ho usato molto il corpo, lo sguardo allo scopo di far emergere l’emozione suscitata dall’attesa di qualcosa o di qualcuno”.
È, probabilmente, proprio l’essenzialità, il punto di forza de L’attesa che sfrutta al pieno il linguaggio cinematografico con sobrietà. Allo stesso tempo, però, non si può fare a meno di evocare alcuni autori teatrali, come Samuel Beckett e il suo capolavoro, Aspettando Godot. E come avviene nel cinema di Orson Welles (regista considerato da Michael Fantuzzi un suo maestro, in buona compagnia, insieme ad Alfred Hitchcock e Luchino Visconti) il teatro è usato per arricchire il tessuto filmico.
L’attesa è un cortometraggio ben riuscito ed è obbligo sottolineare che il regista ottiene un ottimo risultato, formando un cast e una troupe di giovani. Sofia Zecchinelli è affiancata da un’altra giovanissima attrice Marica Campus. Inoltre, giovanissimi sono anche i due assistenti alla regia, Lorenzo Fantauzzi e Giulio Eduardo Garofolo.
Minuto 55 di Luca Arcopinto
Minuto 55 di Luca Arcopinto è la seconda opera proiettata nella sezione dedicata ai cortometraggi italiani del Pesaro Film Festival.
In una piccola chiesa della provincia argentina, un sacerdote aspetta che si compia il suo destino. Un ragazzo lo affronta impugnando una pistola. Nessuno dei due ha fatto i conti con il gol del secolo di Maradona.
Luca Arcopinto fa il suo esordio da regista con Minuto 55, cortometraggio realizzato come saggio finale per il suo percorso di studi presso l’Accademia di Cinema Renoir. Scritto insieme a Dimitri Skofic, il film è dedicato al calciatore più forte della storia, Diego Armando Maradona.
È, appunto, il minuto 55, quando il Pibe d’oro decide di dimostrare al mondo intero il suo talento, siglando il gol più bello di tutti i tempi. L’argentina affronta l’Inghilterra nella sfida valevole per i quarti di finale del mondiale messicano del’1986. Sono passati pochi minuti dal primo gol del fuoriclasse argentino che beffa l’estremo difensore inglese, con un provvidenziale tocco di mano, la celebre mano di Dio.
Maradona prende palla a metà campo e in dieci secondi fa una corsa di sessanta metri verso la porta avversaria. Fa impazzire l’intera compagine inglese, imbacuccando il pallone in rete. “Questo è fatto tutto con i piedi”. Furono le parole utilizzante da Giorgio Martino, telecronista RAI, per commentare il gol.
Luca Arcopinto, invece, preferisce utilizzare, per il suo Minuto 55 la telecronaca di Victor Hugo Morales, definita dal regista esordiente un capolavoro alla pari del gol di Maradona, che in Minuto 55 non viene mostrato, ma appunto raccontata dalle parole del telecronista.
In Scusate il ritardo, Massimo Troisi accende la radio e mentre è steso a letto accanto a una bellissima Giuliana De Sio, apprende che la sua squadra del cuore sta perdendo: il risvolto è esilarante. In Minuto 55, invece, sempre attraverso la telecronaca sportiva trasmessa da una radio si giunge a tutt’altra conclusione.
“Non ho visto Maradona giocare dal vivo, ma sono cresciuto con il suo mito. Una leggenda, una divinità e tutto ciò lo riporta in una dimensione di sacralità”.
Con queste parole Luca Arcopinto spiega come è nata l’idea per il suo cortometraggio. Il regista arriva a una conclusione che, parte dal mondo del calcio, per poi evocare, in modo sintetico ed efficace, una situazione politica molto complessa.
Maradona non è stato solo un fenomeno dello sport. In Argentina e sicuramente anche a Napoli, come in tante altre parti del mondo, il Pibe d’oro è un simbolo capace di unire milioni di persone. Un aspetto che, come dimostra Luca Arcopinto, finisce per circondare il campione in una particolare aura di sacralità.
In Minuto 55 ci sono solo due personaggi: un prete (Cesare Apolito) e un ragazzo (Giosuè Arcopinto). Il primo fuma una sigaretta, forse la sua ultima, come un condannato a morte pronto a salire sul patibolo. Poi, c’è il ragazzo, un sicario incaricato di ammazzare il prete. Ma poi, dalla radiolina accesa i due protagonisti ascoltano le parole del telecronista e il tutto si scioglie in un finale all’insegna della pace.
“Un popolo unito attraverso il gol più bello della storia del calcio”.
Luca Arcopinto riesce a evocare un’epoca a lui lontana, vista la sua giovane età e lo fa con uno spiccato senso di sintesi. Utilizzando solo la potenza delle immagini riesce a tratteggiare il dramma dei regimi militari in Argentina, la drammatica guerra delle Falkland e la sacralità di Diego Armando Maradona.
Soleombra di Valerio Pisanu e Luca Grimaldi
La rassegna fuori concorso della 60esima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, dedicata ai cortometraggi italiani si conclude con Soleombra diretto da Valerio Pisanu e Luca Grimaldi, che danno vita al collettivo Zattera, insieme ai produttori Marco Visicchio e Giacomo Rinaldini.
Fra le fredde strade di una piccola città di provincia, Gianmaria e il suo gruppo di amici trascorrono il tempo fra l’euforia dell’alcol e il torpore delle droghe. Durante la notte, una chiamata senza risposta proveniente da un numero sconosciuto porta il protagonista a compiere un percorso contorto e frammentario.
Soleombra è girato a Guidonia, trasformata dai i due registi, insieme a Giammaria Guglielmi, co – autore, protagonista e autore della colonna sonora, in una periferia universale. Un nonluogo catturato dalla cinepresa, con una suggestiva fotografia in bianco e nero, curata da Manuel Pistonesi, che riesce a trasmettere immediatamente gli stati d’animo vissuti dai giovani protagonisti, tutti attori non professionisti.
Nel cortometraggio domina il grigio e le tonalità cupe, come le esperienze narrate. L’amicizia tra ragazzi e la ricerca angosciante di un amore vissuto, forse sognato.
In Soleombra sono ritracciabili tantissimi modelli cinematografici, come L’odio di Mathieu Kassovitz, L’imperatore di Roma di Nico D’Alessandro e tutto il cinema di Claudio Calligari. Storie mostrate per descrivere una vita consumata per strada, proprio come avviene in Soleombra.
Valerio Pisanu, Luca Grimaldi e Gianmaria Guglielmi non si accontentano della semplice restituzione dei fatti e aprono, oltre alla realtà, diversi orizzonti. Il tutto avviene attraverso un uso originale della colonna sonora, che riesce ad arricchire la vicenda e penetrare nell’animo del protagonista.
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