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“Dark Blood” di George Sluizer – 63esimo Festival Internazionale di Berlino (Fuori Concorso)

Presentato fuori competizione, “Dark Blood”, l’incompiuto-riassemblato film dove il bello e dannato River Phoenix ha impresso sulla pellicola la sua ultima interpretazione

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Anno: 2012

Durata: 86′

Genere: Thriller 

Nazionalità: Gran Bretagna, USA

Regia: George Sluizer

Dark Blood: in memoria di River Phoenix

Presentato fuori competizione, Dark Blood, l’incompiuto-riassemblato film dove il bello e dannato River Phoenix ha impresso sulla pellicola la sua ultima interpretazione. Morto per overdose il 31 ottobre del 1993, in piene riprese, ha gettato nello shock assoluto troupe e regista (George Sluizer), facendo cadere nell’oblio il girato e l’attore che conteneva. 15 anni dopo Sluizer, conosciuto soprattutto per The wanishing, pellicola del 1988, ha deciso di ridare vita a questa sospensione, montando il girato, dopo averlo digitalizzato, non conoscendo lo stato di qualità del materiale fino a quel momento conservato. Al setaccio, mancava poco, ma ciò che c’era andava riassemblato, e costruita una storia per legare i frammenti mancanti.

Dark Blood va preso per quello che è: un omaggio. Il canovaccio in sè non è affatto poco attraente: un uomo e una donna, Harry e Buffy (Jonathan Pryce e Judy Davis), in crisi di coppia, cercano di ritrovarsi in una seconda luna di miele a bordo di una Bentley, dentro l’assolato deserto. Fermati da un guasto all’auto senza speranza di poter essere soccorsi, si imbattono nella solitudine ‘malata e dolorosa’ di un giovanissimo uomo (Phoenix), autorelegatosi dopo aver perso la moglie a seguito delle radiazioni di un test nucleare… In compagnia del suo cane, il giovane attende la fine del mondo… Nel soccorrere i due, l’attrazione per Buffy, amplificata da una iniziale accondiscendenza, e deformata dal desiderio di una donna e di costruire con lei un mondo migliore, degenererà la situazione, rendendo la coppia di fatto prigioniera e in balia del giovane. Tra incomprensioni, tentativi di fuga falliti, e pseudo climax emotivi e di azione, l’epilogo, inevitabile, porterà ad una reciproca ‘liberazione’.

Tutto però è imbastito-impastato senza un reale approfondimento. Lo stesso Phoenix poco credibile in un ruolo a lui non congeniale. Al di là della triste sorte che nella vita reale gli è toccata, il suo volto è troppo giovane\puro e poco empatico psicologicamente, per caricarlo del fardello di un lutto di una moglie, ancor di più di una ‘follia ascetica’. Altrimenti scritto: manca una direzione capace di evidenziare in maniera efficace tale scissione (di fatto cercata da Sluizer quando aveva scelto Phoenix per quel ruolo). Il film sicuramente non avrebbe funzionato neppure in un normale regime di preparazione e sviluppo della storia. Resta il suo valore di testimonianza, di un ultimo Phoenix cinematografico, immerso in una natura desertica e canyosa mozzafiato.

Maria Cera

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