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Interviews

‘Non Riattaccare’: intervista a Barbara Ronchi e Manfredi Lucibello

Il regista Manfredi Lucibello e il premio David Barbara Ronchi ci parlano del fascino per il processo creativo e delle sfide affrontate durante la lavorazione

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Unico film italiano passato in concorso alla scorsa edizione del Festival di Torino, Non Riattaccare è diretto dal giovane regista fiorentino Manfredo Lucibello e vede come interprete principale Barbara Ronchi. Presente, anche se virtualmente, Claudio Santamaria. Se non, almeno, la voce.
Tratto dall’omonimo romanzo di Alessandra Montrucchio, edito nel 2005 da Marsilio, il film è stato prodotto da Mompracem (Pier Giorgio Bellocchio, Manetti bros.) e Rai Cinema. Distribuito nelle sale italiane  con  I Wonder.
Le musiche originali sono state composte da Motta, cantautore e compositore già autore di colonne sonore per altri film noir come La terra dei figli, che per l’occasione ha prestato anche la sua voce.

Trama

Irene è alla guida mentre riceve una telefonata da Pietro, con cui ha avuto una relazione tormentata. Pietro è in preda alla disperazione e sembra intenzionato a compiere un atto estremo. Preoccupata, Irene decide di mettersi in viaggio per raggiungerlo, senza mai riattaccare il telefono per distrarlo e tenerlo occupato in attesa del suo arrivo. Durante il tragitto, ricostruiranno assieme le diverse fasi del loro amore.

Il viaggio come ricerca

Come lo stesso Lucibello afferma, l’idea di sviluppare il film nasce dall’assenza di presenza, come direbbe Fisher. Quell’assenza che tutti abbiamo sperimentato durante la pandemia:

“Guardavo fuori, e vedevo il deserto” 

così il regista afferma.
Da qui l’urgenza di raccontare il tempo presente. Una storia dove l’assenza, anche dei corpi e dei riferimenti spaziali – così come la contraddizione di una presenza irrisolta – sono gli elementi narrativi di maggior rilievo.
Per superare l’ostacolo della mancanza, la manipolazione del tempo diventa lo strumento cardine: per modellarlo, ma anche per soccombergli.
Nel film la struttura del tempo è orizzontale, continuata: il tempo reale corrisponde nella sua pienezza a quello filmico:

“Per dare più forza a questo racconto, il tempo reale era necessario. Nel tempo reale tutto diventa più interessante”

Certo interessante, ma anche complesso. Questo non gli ha però impedito di impiegare i giusti espedienti, riuscendo ad affrontare le difficoltà mutandole in nuove possibili occasioni:

“Per me, se si complicano le cose è eccitante. Trovo un incentivo in questo”

Per fare un esempio, il primo giorno di riprese piove. Ora, girare con la pioggia è notoriamente complicato, ma Lucibello decide di girare lo stesso quel giorno, e questo lo costringerà a girare per le tre settimane successive con le stesse condizioni atmosferiche.
Questo anche perché la creazione di uno scenario passa attraverso un’idea precisa, focale. Interviene Mainetti – qui in veste di produttore – parlandoci dell’importanza di una simile prospettiva:

“Manfredi [Lucibello] è capace di ricreare certe atmosfere, e da queste si sviluppa poi la storia”

Raccontandoci anche di come, proprio per via dell’idea – ovvero uno sguardo che risponde all’istinto dell’immagine, quindi rappresentativo mai descrittivo – la formula originale del romanzo sia stata sconvolta.

Infine, quando gli viene chiesto se ci siano dei richiami al film Locke di Steven Knight, risponde:

“Penso non bisogni confondere il contenuto con il contenitore. Ci sono delle somiglianze nella struttura, per il resto è molto diverso”

Non riattaccare

Barbara Ronchi in una scena del film

Controtempo

Dicevamo però, il tempo: lo scorrere naturale assurge quindi a dimensione totalizzante, che intrappola così come libera gli eventi, sempre dipendenti e al tempo stesso ignari della loro paralisi.
Un simile flusso, materico quanto etereo, tangibile e assieme inconsistente, comporta certo delle sfide sul piano della forma. L’approccio è quindi costretto a seguirne le modulazioni: approccio che Barbara Ronchi ci racconta, parlandoci delle difficoltà affrontate in qualità di attrice.
È sempre e solo lei in campo, fissata e quasi violata dalla camera, che ne scruta ogni movimento d’animo, ogni vibrazione di sentimento.
Per mettersi nella migliore delle condizioni in vista delle riprese, ha ritenuto necessario applicare un nuovo processo al suo metodo di preparazione:

“Credevo di non riuscire. Così ho chiesto alla produzione un teatro dove provare. Così per due settimane ho provato, quasi come se fosse un monologo”

Processo che si adatta quindi alle esigenze della messa in scena, che si caratterizza proprio per l’interconnessione tra la dimensione cinematografica e quella teatrale.
Quello della Ronchi è appunto un lavoro che, come afferma Mainetti, racchiude il meglio delle due arti.
Deve mantenere alta l’attenzione del pubblico, portandolo all’empatia e quindi all’immedesimazione, così come assicurare e sostenere la tenuta continua della tensione.
Irene/Ronchi ripercorre la sua relazione, tra momenti dolorosi e attimi fugaci di felicità, nel recupero di un ricordo passato e quindi ormai perso:

“Il percorso passa attraverso il processo della memoria”

Afferma l’attrice romana.

La voce umana

Tra le difficoltà affrontate, se ne sono presentate alcune molto concrete, come quella di dover recitare e guidare allo stesso tempo. Infatti le scene sono state girate interamente in autostrada, per un tratto lungo dieci km che è stato appositamente chiuso per le riprese. Era la stessa Ronchi a guidare, spesso seguita da Lucibello che seguiva la scena dal monitor, nascosto nel bagagliaio.
Altra difficoltà era data dalle circostanze, per le quali non sarebbe dovuto in alcun modo trasparire che Irene si trovi in macchina, così da non innervosire Pietro.

“Ho dovuto slegare il corpo dalla mente”

Intraprendendo un processo uguale ma contrario, sicuramente meno intenso, anche Santamaria si è cimentato nella scissione di corpo e mente.
Come ricorda Mainetti, l’attore si è dimostrato subito entusiasta di poter prestarsi ad un’operazione tanto inusuale, dovendo

“dare corpo solo attraverso la voce”

La registrazione della sua voce è avvenuta a riprese terminate, dopo aver lavorato alcune settimane con un acting coach.

Anche la produzione ha riscontrato alcune criticità, senza che queste abbiano mai deviato il corso dei lavori: secondo il piano di lavorazione previsto da Bellocchio le riprese sarebbero dovute durare quattro settimane, che sono però state ridotte a tre per ragioni economiche. Nell’imperativo di trovare soluzioni efficaci, si era addirittura pensato di girare l’intero film ogni giorno, per l’intera durata dei lavori. Si è poi scelto di seguire una procedura più rilassata, classica.

Un film che sperimenta nella forma e nel processo, affacciandosi timidamente al cinema di genere, un cinema in Italia ancora troppo debole al quale bisogna tornare a donare lustro. Ripartiamo anche da qui.

Dall’11 Luglio al cinema

 

Non Riattaccare

  • Anno: 2023
  • Durata: 93 minuti
  • Distribuzione: I wonder
  • Genere: Noir, drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Manfredi Lucibello

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