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Conversation

‘Vangelo secondo Maria’ Conversazione con Paolo Zucca

Paolo Zucca continua a fare della Sardegna un luogo magico in cui tutto può essere raccontato, anche la storia di Maria e Giuseppe. Di Il vangelo secondo Maria abbiamo parlato con il regista del film

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Presentato fuori concorso alla 41 edizione del Torino Film Festival Il vangelo secondo Maria racconta la storia mai raccontata di Maria e Giuseppe in una Galilea ancestrale e fuori dal tempo. Del film abbiamo parlato con il regista Paolo Zucca. 

Vangelo secondo Maria è il film scritto e diretto da Paolo Zucca e interpretato da Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann, tratto dall’omonimo romanzo di Barbara Alberti. Il film, al cinema grazie a Vision Distribution, è una produzione La Luna, Indigo Film e Vision Distribution.

Le foto de il Vangelo secondo Maria sono state gentilmente concesse da Livia Mastronardi – Ufficio Stampa Boom PR. 

Paolo Zucca e il suo Vangelo secondo Maria

La frase su Davide e Golia, quando il film non è ancora iniziato, si riversa sulle prime immagini definendone il senso. A dircelo è il campo lungo sulla figura di Maria, ripresa di spalle e inquadrata in modo che il suo corpo si opponga come una sfida alla montagna che le sta davanti. Il fatto che usi la fionda per scagliarvi contro dei sassi ci dice molto del carattere della protagonista.

Alla fine del film si scoprirà che Golia è Dio in persona e che è molto più forte di qualsiasi avversario, però, certo, lei non ha paura e, come Davide, è pronta ad affrontare chi le sbarra la strada con i sassi della sua fionda. Mi ricordo che Barbara Alberti voleva usare la frase come voce fuori campo, poi abbiamo deciso di iniziare il film in silenzio citando C’era una volta il West, con lei che entra nell’inquadratura. A quel punto mi sembrava brutto rovinare quella sospensione con il suono del parlato. Alla fine ho detto a Barbara che, usata come epigrafe, la frase avrebbe funzionato meglio.

Se la prima sequenza ci mostra il lato ribelle di Maria, la successiva, montata senza soluzione di continuità, è di tenore opposto. Richiamata a casa dal padre, la ragazza ubbidisce senza esitazione dimostrando di essere ligia alle regole e al ruolo di figlia rispettosa dei genitori.

Infatti appena sente la voce del padre le vediamo fare una faccetta da ragazzina colta in castagna. Lì Benedetta Porcaroli è stata veramente brava a fare quell’espressione che è anche un po’ buffa. Tutto il film parte dall’assunto che Maria è una ragazzina. Se fossi stato rispettoso della filologia storica la sua età non avrebbe superato i tredici anni, quelli di Maria di Nazareth, ma questo sarebbe stato intollerabile per la morale comune per cui ho scelto Benedetta, cercando di ringiovanirla il più possibile. Quando abbiamo girato aveva ventiquattro anni, però dal punto di vista scenico ne poteva avere anche sedici o diciassette. Ho poi cercato di mantenere al massimo la forbice relativa alla differenza d’età tra lei e Giuseppe. Andare oltre quello che ho fatto non sarebbe stato tollerato dalla sensibilità contemporanea.

La scelta di Benedetta Porcaroli

La fisiognomica della Porcaroli è tale da conversare l’ingenuità e insieme l’irrequietezza tipica dell’età adolescenziale. Sei riuscito a tenerne a bada la sensualità senza renderla troppo mascolina.

Benedetta Porcaroli me l’ha proposta Nicola Giuliano. Io non la conoscevo così bene, ma guardando i suoi lavori sono rimasto colpito soprattutto dalla sua interpretazione ne L’ombra del giorno.  Guardandola ho capito che poteva andare bene per il film. A un certo punto  ho avuto il terrore che fosse diventata paffutella, ma quando me la sono ritrovata davanti talmente magra l’ho persino invitata a mangiare un po’ di più perché girare il film avrebbe richiesto energia e forza fisica. Quando scelgo gli attori mi baso soprattutto sulla loro corporatura. Guardo le mani, i polpacci, i piedi, la schiena. Sono un po’ fissato con il corpo degli attori e da questo punto di vista Benedetta aveva il cosiddetto physique du role. È stato così anche per Alessandro Gassman, scelto sia perché è un bravo attore sia per la sua fisicità da gigante buono e perché la sua figura da vecchio saggio si contrapponeva alla perfezione a quella da bambina di Benedetta. Loro due sono un po’ come il fuoco e la pietra e ancora il gigante e la bambina.

Il rapporto con Gassmann

Peraltro la loro dialettica interpretativa diventa anche un confronto di caratteri in cui l’attrice giovane riesce a tenere testa al collega più navigato.

Loro sono stati molto bravi nell’aiutarsi l’un l’altro. Alessandro è un attore molto generoso, a totale disposizione delle mie esigenze, prima fra tutte quella che il film doveva essere focalizzato su Benedetta. Il primo giorno, quando ancora non ci conoscevamo benissimo, abbiamo fatto un piano sequenza dove io avevo detto ad Alessandro che lei sarebbe stata a fuoco mentre lui no, proprio perché la storia era tutta concentrata su Maria. Anche se poi così non è stato Alessandro ha capito che il suo personaggio doveva aiutare a far emergere la personalità, la storia e l’anima della ragazza. In realtà, come ti dicevo, il suo personaggio ha assunto un’importanza maggiore rispetto alle premesse, quando la loro storia d’amore diventa il cuore del film. Ho buttato nel cestino più di quaranta minuti di girato, ovvero tutte scene che precedevano il loro incontro perché ritardavano la partenza vera della storia che inizia quando loro si incontrano.

Mi sembra che la prima metà del film descriva una realtà che Maria vorrebbe cambiare e che invece finisce per subire. A fare da contrappunto alle vicissitudini della ragazza sono una serie di atteggiamenti ostili che vanno dalla prepotenza maschile, sottolineata dall’aggressività del sacerdote durante l’omelia, e dai ragazzini che le rubano le sue cose, a quella dei genitori che trovano ogni scusa per rimproverarla.

Nazareth è un posto davvero bruttissimo dove vivere, per questo come location ho scelto un villaggio nuragico con delle stratificazioni medioevali pieno di pietre e con questa Torre dell’Orco così tetra. Mi è dispiaciuto tagliare alcune scene nelle quali Nazareth era caratterizzata come un luogo pieno di fango. È rimasta però una scena con una nebbia molto fitta, assolutamente naturale, che ricorda certe immagini di Theo Angelopoulos. Mi piace pensare che la nebbia sia stata un regalo di quel luogo così antico e suggestivo, infatti è arrivata proprio il giorno del mio cinquantesimo compleanno.

Avevo girato anche scene molto truci in cui Maria viene presa a cinghiate e a sputi dai genitori, ma le ho tolte anche per non far risultare il film troppo cupo. Ho comunque cercato di raccontare come Nazareth e Galilea fossero i posti peggiori in cui essere donna.

 

Il paesaggio scelto da Paolo Zucca

Come in tutti i tuoi film anche in Vangelo secondo Maria il paesaggio geografico e umano diventano protagonisti. Penso alla fisiognomica dei volti che sembra uscire fuori dai film sovietici del primo novecento, ma anche al mistero di architetture somiglianti a navi spaziali. Queste ultime concorrono a descrivere un mondo alieno di cui Maria e Giuseppe sono due corpi estranei.

Il “disco volante” a cui fai riferimento è una necropoli nuragica, credo che abbia più di cinquemila anni e l’ho scelta perché si contrappone alla perfezione alla pietraia fangosa di Nazareth. In realtà quella strana costruzione diventa per Maria una specie di albergo a cinque stelle, nel senso che lì trova un letto comodo, la colazione pronta, tappeti, cuscini e libri. Per lei quello è un posto magico. Mi ricordo ancora il giorno che abbiamo girato in notturna, con Alessandro che si è quasi messo a piangere per la bellezza di quel luogo. Parliamo di un posto che emana vibrazioni speciali per via della sua antichissima sacralità. Io non seguo la new age e non sono un credente però quell’energia l’ho sentita anch’io. Oltre alla funzione simbolica e rappresentativa i luoghi hanno il compito di segnalare lo stato evolutivo della protagonista all’interno del film.

Maria progetta di fuggire da Nazareth, ma il miracolo dell’annunciazione la porta laddove non avrebbe mai immaginato. Per come è pensata la vicenda, con il concepimento del Cristo da parte di Maria, il film ci dice che il vero viaggio è innanzitutto quello che avviene dentro di noi.

È talmente vero ciò che dici da non aggiungere altro.

La Sardegna

Collocare in Sardegna la storia di Maria e Giuseppe, usando lingua e maestranze locali, è stato un modo per ricreare lo stesso decentramento che vide nascere il Re del mondo nella periferia più dimenticata dell’Impero. Così hai fatto tu decidendo di girare in un luogo, la Sardegna, come regione risulta un po’ appartata rispetto al resto del paese.

Non ci avevo pensato, ma in effetti è vero. Io ho pensato di fare l’operazione realizzata da Pier Paolo Pasolini con Matera e cioè di evocare il mondo antico attraverso un universo agro pastorale: lui ha usato Matera per ricreare Gerusalemme, io invece avevo queste ricchezze archeologiche, antropologiche e addirittura linguistiche di cui mi sono servito per evocare l’antichità. Secondo me poi qualsiasi tentativo di ricostruzione filologica non funziona mai perché nessuno riesce a crederci. Per evocare il passato abbiamo scelto tutto ciò che potesse risultare più tattile e reale possibile.

Anche la fotografia del film segue in qualche modo questo principio, evitando una colorazione di maniera, quella che dalla desaturazione dei colori arriva a tonalità iperreali. A prevalere in Vangelo secondo Maria è una luce diffusa in esterni e contrastata nelle scene in interni, con un realismo rimarcato dall’uso di fonti naturali come lo è stato il fuoco per la sequenze notturne.

In ogni comparto della messa in scena il principio generale era quello di evitare l’effetto presepe. Abbiamo visto decine di film fatti in Marocco, con palme, cammelli e colori desertici dominati da tonalità giallo sabbia. Tra l’altro la Galilea di duemila anni fa era una regione verdeggiante per la presenza del lago di Tiberiade quindi parliamo di un paesaggio diverso da quello che ci hanno abituati a vedere. I cliché di questi presepi cinematografici erano il mio incubo per cui ho detto di evitare cappellini e bastoni. Dal punto di vista fotografico abbiamo avuto dei riferimenti che sono, come hai detto tu, il cinema russo perché Simone D’Arcangelo, direttore di fotografia e cineasta molto colto, ogni mattina mi proponeva delle inquadrature che venivano da Tarkovsky o da cineasti che lui conosce anche meglio di me. Se dovessi dirti tutte le citazioni presenti nel film non sarei in grado di farlo talmente ce ne sono.

Interno ed esterno: richiami di Paolo Zucca

Il film è pieno di passaggi e di varchi che mettono in contatto l’esterno con l’interno, la luce con il buio. Maria li attraversa di continuo, a testimonianza del suo travaglio interiore.

È vero, ora che me lo fai notare mi accorgo che è così. Lei non fa altro che entrare e uscire un po’ perché era un modo per evidenziarne il carattere iperattivo, un po’, e questo lo stiamo comprendendo qui, come riflesso delle sue ansie interiori. A differenza di Giuseppe che è sempre statico. Ad Alessandro chiedevo di non fare nulla, di non muovere la faccia, di muovere il corpo il meno possibile.

D’altra parte l’Annunciazione dell’angelo avviene in un ambiente illuminato da una luce di un biancore metafisico che entra in scena alla maniera di certi quadri di Caravaggio.

Lì abbiamo deciso di realizzare una messinscena poco reale, nel senso che la luce scompare progressivamente nel corso dell’annunciazione fino a lasciare uno sfondo completamente nero. Da lì in poi abbiamo deciso di procedere in maniera inconsueta, abbassando e alzando le luci come succede nella sequenza in cui Giuseppe ritorna da Maria. Abbiamo fatto diventare gli occhi della ragazza sempre più azzurri, ispirandoci ad Antonello da Messina e ancora organizzato il gioco dei colori pensando alle pitture di Marc Chagall. Penso anche alla scena dove nella stessa stanza vediamo Maria completamente blu accanto a Giuseppe rosso come un peperone. Questo per sottolineare come il realismo cinematografico sia stato sostituito un poco alla volta da un espressionismo misurato, perché poi a me non piace ostentare scelte che comunque emergono in maniera netta.

Sogno e realtà

In linea con i film precedenti Vangelo secondo Maria alterna realismo e astrazione, arrivando alla verità delle cose alla maniera di Fellini, attraverso l’onirico, il surreale e il grottesco. 

Sono d’accordissimo con questa considerazione. Io tendo all’astratto e rifuggo il realismo sociologico. Avendo come interesse il mito mi sono divertito soprattutto nella seconda parte del film, quella  in cui si entra in una sorta di romanzo fantastico in cui tutto diventa più astratto e anche un po’ grottesco. Un passaggio che funziona, e questo è bene dirlo, proprio perché si appoggia alla parte iniziale che invece è più realistica.

Peraltro le frequenti carrellate laterali concorrono a creare un ritmo meno frenetico e più riflessivo che per certi versi definisce la percezione di un tempo diverso da quello di oggi e molto vicino allo stile di vita tipico dell’epoca in cui è collocata la storia.

I movimenti di macchina di cui parli sono firmati da Simone D’arcangelo che in quanto cinematographer è responsabile di una parte creativa importantissima. La nostra intenzione era quella di fare un film più vicino ai lungometraggi degli anni sessanta che al cinema contemporaneo italiano in cui tutto è risolto con il pedinamento del personaggio. È un aspetto che io mal sopporto, per cui con Simone abbiamo deciso di fare dei movimenti di macchina misurati, lenti e molto spesso invisibili che guardavano al grande cinema degli anni sessanta.

Le reazioni al film di Paolo Zucca

Il proto femminismo di Maria è oggi più attuale che mai. Caratteristica questa che non impedisce al film di essere rispettoso nei confronti dell’ortodossia religiosa. Lo dico con i limiti di chi, come me, non è un gran conoscitore della materia.

Devo dire che le critiche più belle le ho avute dal mondo cattolico. L’osservatore Romano ha scritto un articolo bellissimo, firmato da una suora salesiana che insegna mariologia all’università pontificia. Il più delle volte ad attaccarmi sono state persone che non hanno visto il film e che sui social hanno postato insulti e sciocchezze.

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Il vangelo secondo Maria di Paolo Zucca

  • Anno: 2024
  • Durata: 105'
  • Distribuzione: Vision Distribution
  • Genere: drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Paolo Zucca
  • Data di uscita: 23-May-2024