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‘I ragazzi delle scorte’: quei giovani al fianco di Falcone e Borsellino

Una docu-serie che porta in scena storie di vita vera e ricordi di una Palermo rovente

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i ragazzi delle scorte

I ragazzi delle scorte – Io devo continuare disponibile su Raiplay è una coproduzione del Ministero dell’Interno – Dipartimento Pubblica Sicurezza e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Struttura di Missione per gli Anniversari Nazionali con 42° Parallelo. La docu-serie composta di tre episodi di circa un’ora ciascuna è scritta da Giorgia Furlan, per la regia di Gabriele Ciances.

Ognuno dei tre episodi ripercorre l’esistenza, i sogni, i desideri e il lavoro dei giovani poliziotti che fecero da scorta ai magistrati Falcone e Borsellino, nella Palermo dei primi anni Novanta. Tutti quei giovani trovarono la morte nelle tristemente note stragi di Capaci e di via D’Amelio, datate rispettivamente 23 maggio e 19 luglio del 1992.

Il primo episodio restituisce al pubblico la storia di Emanuela Loi

La docu-serie I ragazzi delle scorte nei suoi primi minuti di inizio introduce il tema della lotta alla mafia nella Sicilia di poco più di trent’anni anni fa, con la figura di Emanuela Loi. Poliziotta sarda di appena 24 anni, dopo la formazione a Trieste viene inviata a Palermo, non senza destare la preoccupazione dei genitori, visto il clima particolarmente caldo ed intriso di violenza di quegli anni.

Qui Emanuela entra a fare parte della scorta di Paolo Borsellino e stringe un solido legame con Emanuele Filiberto, caposcorta. È proprio lui, affezionato collega, a ricordare il carattere della giovane, accarezzandone ormai solo idealmente l’anima.

“Era una ragazza molto gentile, gioiosa, solare, ottimista. Sempre sorridente. Difficile che una persona quando la incrociava, non si girava per guardarla”

Tanti capelli biondi e un grande sorriso: questo testimoniano le foto e i video amatoriali che s’inseriscono nella narrazione, tra le note malinconiche e una consapevolezza di assenza particolarmente dolorosa.

Vito Schifani e quel “terribile pomeriggio palermitano”

Il secondo episodio de I ragazzi delle scorte dona al pubblico un altro volto, di quella che è stata una convinta lotta da parte di giovani affezionati ad una sola idea: la pace. Il ritratto è di Vito Schifani, che saluta la sua Palermo all’età di 27 anni.

A parlare e permettere il ricordo – oltre che mediarlo – è la moglie (il termine vedova, per lei, sarebbe assai riduttivo, visto tutto l’impegno negli anni nel far vivere la figura del marito) Rosaria, all’epoca dei fatti mamma di un bimbo di quattro mesi. Una vita condivisa, con un’idea di famiglia nel segno di ideali sani, come lealtà e una rigida etica indirizzata al bene.

Rosaria sceglie di ricordare Vito attraverso l’amore e la passione che per tutta la vita ha accompagnato questo giovane. Partendo da ciò che più amava fare.

“A Vito piaceva volare. Diceva ‘guarda che bella Palermo, quant’è bella’. Non aveva paura di nulla. Tutto quello che era vita, era importante per lui. Era il ritratto della vita, della salute, della bellezza”

Vito, soprannominato “l’elettrico”, perché “era un vulcano. Riusciva a pilotare qualsiasi cosa, che si trattasse di cielo, mare, terra. Era un atleta, correva, era di una simpatia unica”. Ancora una volta, un ritratto attraverso attimi, immagini, scene, che intendono restituire al pubblico l’autenticità di intenti e ideali: questi permangono, nonostante la morte fisica dei loro possessori.

Antonio Montinaro e “La Quarto Savona 15”

L’ultimo ritratto de I giovani delle scorte è quello di Antonio Montinaro, restituito tramite la sua viva voce, da antitesi in un presente di concreta assenza e morte. Un’ultima intervista, prima di trovarsi dentro la “Quarto Savona 15”, nome in codice usato per la Fiat Croma blindata saltata in aria il 23 maggio di trent’anni fa allo svincolo per Capaci, insieme alla macchina di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. Al volante del veicolo il giovanissimo agente Vito Schifani e con lui l’agente Rocco Dicillo e il caposcorta di Falcone Antonio Montinaro. Poi il tritolo, l’esplosione, il salto nel vuoto, le lamiere.

Montinaro risponde ad una domanda semplice e insieme complessa, intrisa di interrogativi aperti: perché fare questo lavoro?

“Non c’è nulla di macho, c’è solamente la capacità di farlo. Si inizia per gioco, tutto si inizia per gioco. Voglia di fare qualcosa, voglia di essere un po’ al centro dell’attenzione. Poi si comincia a conoscere i compagni di macchina, l’autista, l’uomo che ti sta dietro. E dopo tanti anni, si arriva alla condizione di avere dispiacere a lasciarli. E allora si continua”

Anche il ritratto di Vito Schifani viene restituito al pubblico tramite una dolorosa sineddoche e insieme immagine specifica: del giovane, all’indomani della strage, rimane solo la sua mano (capita lo stesso a Emanuela Loi), con le dita incrociate. Nella speranza, resa vana dalla trama degli eventi, di tornare a casa, quella giornata.

Paura e coraggio: due facce della stessa medaglia

I ragazzi delle scorte è una docu-serie che agisce su più piani. In un primo momento – inevitabilmente – su quello emotivo. In questo spazio il confronto è particolarmente duro, perché è fin troppo facile provare empatia nei confronti di giovani vite spezzate, dei loro sogni irrealizzati e della disperazione causata da una morte violenta. Il bene e il male sono divisi in maniera netta, nessuna sfumatura è possibile e non si può che essere indirizzati, con il pensiero, verso uno sperato trionfo del bene.

In un secondo momento arriva la fase della riflessione e sorgono spontanee diverse domande. La prima delle quali indaga sul grado di coraggio di questi giovani e perché, se l’hanno percepita, la paura non li ha fatti retrocedere. A rispondere, forse a nomi di tutti, è stato Montinaro, nella sua ultima intervista di cui sopra.

“Io ho sempre definito che chiunque fa questa attività ha la capacità di scegliere tra la paura e la vigliaccheria. La paura è qualcosa che tutti abbiamo: chi ha paura sogna, chi ha paura ama, chi ha paura piange. È un sentimento umano. È la vigliaccheria che non si capisce, non deve rientrare nell’ottica umana. Io come tutti gli uomini ho paura, non sono un vigliacco”

Ideali da una parte, sentimento umano dall’altro. E forse, in un lavoro di servizio ai cittadini, di squadra fra colleghi, e di continua riflessione interiore, queste due istanze si possono incontrare, dando luogo ad una ferma convinzione: la lealtà verso una causa comune può smuovere le coscienze. E favorire il cambiamento, la possibilità di una nuova visione.

Tra luci e ombre: un ritratto della città di Palermo

I protagonisti della docu-serie I ragazzi delle scorte sono, ovviamente, i giovani che hanno perso la vita al fianco di Falcone e Borsellino, ma non solo. C’è una città, quella di Palermo, che ha assistito alla violenza, l’ha vista perpetuarsi nel tempo e ha infine accolto le lacrime di coloro che hanno pianto i loro cari.

Palermo davanti alla cinepresa di Ciances non rimane mai uguale a se stessa: si trasforma, evolve, cresce. É il ritratto di una città viva. In un primo momento, in un movimento di personificazione, rimane attonita di fronte a un elevato grado di violenza, ma solo come preludio a un risveglio, che è sinonimo di cambiamento. Così come le coscienze intorpidite dei suoi cittadini, subisce uno scossone, che le permette di ritornare in superficie e reagire. Ecco che i palermitani vogliono giustizia, voltano le spalle alla criminalità organizzata e pretendono una realtà diversa da quella che la città, da sempre, ha assistito.

C’è il ritratto di una città, unita, pensierosa, arrabbiata, comunicativa. Una fotografia ben definita da Rosaria, moglie di Vito Schifani, quando ancora la città appare immersa tra le ombre.

“Palermo, una città contorta, che ti avvolge e che ti cala dentro questa palude, che è l’omertà”

In un lungo e travagliato percorso – di cui la cinepresa è fedele testimone – fino ad arrivare alla luce della consapevolezza e del cambiamento, unica possibilità per un futuro di pace:

“Quel 23 maggio del ’92 ha cambiato la coscienza dei palermitani. Eravamo abituati a una Palermo diversa, dove quando uccidevano qualcuno, le persone si chiudevano dietro le persiane. Una città che ha alzato la testa”

Una città che gradualmente cambia volto, scena dopo scena, inquadratura dopo inquadratura. Per affidarsi, per la prima volta e per il tempo che verrà, alla giustizia, erede consapevole della lezione di rettitudine esemplare e lealtà sconfinata donata dai suoi magistrati scomparsi.

I ragazzi delle scorte

  • Anno: 2022
  • Distribuzione: Raiplay
  • Genere: docu-serie
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Gabriele Ciances

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