‘Quattro figlie’ intervista con la regista Kaouther Ben Hania
Un documentario al femminile. Autentico e innovativo, presentato in anteprima italiana al Biografilm 2024 e ora al cinema dal 27 Giugno. L'intervista alla regista
Presentato al Biografilm 2024, in anteprima italiana, dopo quella internazionale a Cannes nel 2023, Quattro figlie(Les Filles d’Olfa) di Kaouther Ben Hania è un intenso documentario al femminile. Il film arriva nei cinema italiani dal 27 giugno distribuito da I Wonder Pictures.
La vita di Olfa, donna tunisina e madre di quattro figlie, oscilla tra ombra e luce. Un giorno, le sue due figlie maggiori scompaiono. Per colmare la loro assenza, la regista Kaouther Ben Hania convoca attrici professioniste e mette in atto un dispositivo cinematografico fuori dal comune con l’intento di svelare la storia di Olfa e delle sue figlie. Un viaggio intimo fatto di speranza, ribellione, violenza, passaggio generazionale e sorellanza che metterà in discussione il fondamento stesso delle nostre società. (Fonte: Biografilm)
Alla regista Kaouther Ben Haniaabbiamo fatto alcune domande sul film.
Kaouther Ben Hania e il suo Quattro figlie
Come hai avuto l’idea di realizzare un film come questo? Mi riferisco al fatto che è un documentario, ma è costruito in modo tale da far provare allo spettatore una doppia empatia per i personaggi, sia per la storia vera che viene mostrata, sia per le attrici che interpretano i personaggi. Allo stesso tempo, però, a volte si ha la sensazione di guardare un reality con le confessioni dei personaggi. Come hai lavorato in questo senso?
Quattro figlie è un film sui ricordi e io volevo provare a metterli sullo schermo. Mi sono chiesta “come si fa un documentario sui ricordi?”. Andava trovato un modo per provocare e portare questi ricordi alla luce. Non volevo usare i soliti cliché dei documentari, non volevo usare lo stile classico, ma volevo farli emergere discutendone e riprendendo l’idea del teatro. Per questo ho coinvolto gli attori, per aiutare a scavare nel passato, in un viaggio introspettivo e per discutere e capire il meccanismo del passato. Il film è per capire come ci si sente e come elaborare i ricordi quando si è di fronte a una tragedia come questa.
Hai dato loro alcune indicazioni o quello che vediamo è frutto del rapporto tra le protagoniste? Te lo chiedo perché nella prima parte il pubblico vede le donne felici, quando, in realtà, conoscendo la storia, le aspettative sono quelle di vederle estremamente tristi fin dall’inizio (come poi sono e saranno nel corso del film).
Le ragazze raccontano davvero molto bene la loro storia, sono molto educate e sono delle naturali storyteller. Ed è stato importante per me perché niente era scritto. A loro ho solo parlato della situazione in generale e dell’impostazione e fabbricato a grandi linee il contesto. Poi tutto il lavoro è stato fatto prima di girare. Per lavoro intendo le parole, come filmare, perché filmare. Ho spiegato loro il mio processo e questo è stato prima di girare. Poi abbiamo solo fatto una profonda conversazione nella quale mi hanno raccontato alcune cose che abbiamo inserito.
Lo spazio
Vorrei chiederti qualcosa relativamente allo spazio che è un elemento importante. Prima di tutto perché c’è solo uno spazio in tutto il film, ma la cosa che colpisce maggiormente è il fatto che utilizzi spesso il doppio e lo specchio, come a mostrarci due figure alle quali prestare attenzione, la ragazza reale che esiste attraverso i racconti e l’attrice che la interpreta.
In effetti Quattro figlie è un film sul doppio e quando parli del doppio parli dello specchio. Sapevo che era un viaggio introspettivo e che dovevano essere al centro i ricordi di questa famiglia. Per questo motivo avevo bisogno di un posto che doveva essere casa. Lo abbiamo trasformato in una sorta di studio per le riprese, ma solo uno per focalizzarci su questo viaggio interno e introspettivo.
La femminilità e il femminismo di Kaouther Ben Hania
Il film è su una storia vera, ma, secondo te, è corretto dire che è anche un modo per parlare di corpo, donne, femminilità. Ci sono, per esempio, delle parti nelle quali la madre ha una certa idea sul corpo femminile e le figlie un’altra, all’opposto.
Sì, possiamo dire che è uno dei temi del film. Volevo mostrare come vivono delle ragazze in una società patriarcale dove la figura del padre è assente, ma la madre si trasforma nella guardia dei valori patriarcali con un’attenzione nei confronti delle figlie che la trasforma in una donna “cattiva”.
Poi devo dire che, per me, uno dei motivi per cui ho fatto questo film è che è un film sulle donne che vivono una situazione difficile. Si può dire, quindi, che è un film femminista.
E non è un caso, infatti, che ci sia solo un uomo in tutto il film. A dimostrazione del fatto che loro possono parlare della propria vita senza gli uomini.
Sì, perché vogliono focalizzare la storia su di loro, com’è giusto che sia. E, per questo, ho usato un solo attore che ha interpretato tutte le parti maschili.
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