Tra i tanti titoli presenti quest’anno alla 60esima edizione del Pesaro Film Festival ci sarà anche To Brasil, cortometraggio documentaristico della celebre regista Ute Aurand.
Per i meno avvezzi a questo tipo di produzione il nome della suddetta potrebbe non dire molto, ma nell’ambito del cinema sperimentale la regista tedesca è una delle più rinomate esponenti del Film Diario, genere documentaristico che ha come fulcro l’esperienza di vita dell’autore stesso.
Sicuramente influenzata da altri grandi registi del genere, primo tra tutti Jonas Mekas, Aurand ha nel tempo definito una sua poetica che l’ha fatta apprezzare in tutto il mondo.
Cinema che cattura la memoria
To Brasil si pone in linea con il resto della filmografia di Ute Aurand. Partendo ancora una volta da una sua esperienza personale, in questo caso un viaggio in Brasile, la regista tedesca torna a raccontare (e raccontarsi) attraverso la sua 16mm cercando di cogliere la specialità delle piccole cose.
Il cortometraggio non ha lo scopo di narrare una storia, né di affermare una tesi o di prendere posizioni argomentative. Durante la sua visione non troverete nessuna rappresentazione drammaturgica, ma solo ed esclusivamente momenti di vita che cercano di cogliere l’essenza più intima del gigante sud americano.
Ute Aurand propone un’opera estremamente intima, non tanto per il contenuto in sé, quanto più per la sensibilità personale da cui questo prende forma. Attraverso l’occhio della videocamera, che qui diventa prolungamento letterale di quello della regista, ci viene mostrato l’anima più caratteristica della cultura e della natura brasiliana, portandoci a vivere molto da vicino l’esperienza vissuta dalla cineasta stessa.
In meno di venti minuti ci viene data la possibilità di ammirare la flora, le tradizioni, la storia, le persone e i luoghi che più definiscono l’anima del Brasile, il tutto senza bisogno di soffermarsi più di una manciata di minuti, a volte persino secondi, sui singoli elementi.
To Brasil è un flusso di coscienza fatto di istanti che ci portano dentro e attraverso il viaggio. Un inno all’atto dello stupirsi di fronte al diverso, ma anche all’apprezzare il bello nelle piccole cose (concetto già affrontato nel precedente Rushing Greeen With Horses). Non servono voci fuori campo o logiche di causalità. La sola scelta del frame mostrato basta a farci percepire stupore, fascinazione, a volte persino rispetto per ciò che stiamo osservando.
Quello a cui assistiamo è un collage di inquadrature saltellanti, a volte sfocate, altre mute, spesso nostalgiche e all’apparenza sconnesse tra loro, ma che alla fine contribuiscono tutte alla creazione di un quadro ricco di colori e sensazioni con un significato che va oltre quello delle singole parti.
Con To Brasil Ute Aurand firma una di quelle opere che più si avvicina al simulare la memoria umana. Una raccolta di attimi rubati allo scorrere del tempo cercando di coglierne l’essenza stessa. Frammenti di ricordi impressi su pellicola per poi essere donati allo spettatore in un atto di condivisione puro e genuino.
Davanti a cortometraggi come questo tutto ciò che si può fare è mettersi comodi e farsi trasportare in giro per il mondo.