In concorso alla 60° edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, La Laguna del Soldado è il secondo capitolo della trilogia dedicata alla figura di Simón Bolívar del regista colombiano Pablo Alvarez-Mesa.
Nelle trame del documentario di creazione tra mari di nebbia e labirinti di verde montagna, il film è una riflessione stratificata tra la storia coloniale colombiana e le nuove preoccupazioni ambientaliste del paese.
Un viaggio ipnotico nella Colombia di Bolívar
Non si può parlare di ambiente senza parlare di violenza coloniale. […] Non si può parlare di sostenibilità ambientale senza parlare di giustizia ambientale. E non hai giustizia ambientale se non hai giustizia raziale.
Commenta così una delle testimonianze orali che compongono le narrazioni di La Laguna del Soldado.
Ed è in questo concatenamento di discorsi, tra la narrazione leggendaria della liberazione coloniale come base di ricerca per un discorso di giustizia e coscienza ambientale, che si muove il viaggio visivo di Alvarez-Mesa.
Il suo documentario osserva le terre e il cammino ottocentesco di Simón Bolívar non tanto (o solamente) come luogo di storia fondativa e mitica, ma anche (e soprattutto) come spazio e testimonianza riflessiva sul debito coloniale sudamericano e le nuove sfide ambientali di uno dei paesi che intercetta il “polmone del mondo”.
Il viaggio de La Laguna del Soldado inizia però da un punto lontano rispetto al presente. Rivive nella storia orale e nelle grandiose immagini del páramo più di duecento anni di storia colombiana ripartendo dai luoghi del passato, e dai racconti popolari, nel presente, della Traversata delle Ande.
Durante la campagna per la liberazione colombiana dal dominio spagnolo, un plotone di soldati, guidato dal generale, attraversò la regione montuosa del Páramo de Pisba, nota per le sue condizioni climatiche avverse e la difficoltà del terreno. Più di cento uomini perirono per il freddo e la fame in quella che oggi ricordiamo come l’inizio della liberazione coloniale colombiana. Nella laguna del Páramo una lastra di pietra ricorda il sacrificio della spedizione.
Dalla Laguna del Soldado commemorativa inizia un percorso che si fa storia post-coloniale e riflessione ambientalista, tra le montagne, la nebbia e il verde sconfinato del páramo.
Passato e presente coesistono in un documento di tradizione orale, immagini in pellicola e percorsi sonori
Le immagini della foresta, lente e maestose, si mostrano senza figure umane ma con voci di ambientalisti, agricoltori, guardiani indigeni, biologi, minatori e soldati.
La loro narrazione è il rapporto tra presente e passato. Il loro corpo è il páramo stesso.
La foresta diviene così biblioteca: raccoglie la sua storia e il suo presente. E lo raccoglie tramite un insieme di testimonianze orali che comunicano con un tu intimo verso noi spettatori che osserviamo e ascoltiamo.
Le persone che attraversano questa biblioteca con noi sono solo presenti perché del passato non c’è più nessuno. Del passato son rimasti solo gli alberi e la pietra di quella montagna dove per più di cento anni gli Spagnoli hanno cercato, inutilmente, la “città dell’oro”.
Suono e immagine lavorano in un esercizio visivamente ammaliante che unisce la filigrana delle immagini in pellicola con una ricerca e una lavorazione del suono digitale profondamente alterata, in modo da poter raggiungere quel ritmo della giungla che l’uomo in natura non potrebbe udire.
Pablo Alvarez-Mesa immerge lo spettatore in La Laguna del Soldado dai primi versi di “Mi delirio sobre el Chimborazo”, il poema scritto dal generale Bolívar recitato a inizio film, in un’opera dal carattere magnetico e dalla fotografia maestosa.
Archivio di cultura orale e dibattito vivo sul nostro presente si perdono senza possibilità di soluzione tra i ruscelli vivi e le ceneri dei morti della catena montuosa colombiana.
La Laguna del Soldado è in competizione nella sezione “Pesaro Nuovo Cinema” del Pesaro Film Festival.
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