Gli omicidi di Pont d’Arc è un film tv francese prodotto da Adrénaline e France Télévisions. Le riprese si sono svolte nel dipartimento di Ardèche e hanno incluso i suggestivi Circo di Gens e la grotta Chauvet.
La regista Christelle Raynal si è affidata soprattutto ad attori che hanno già esperienze con prodotti cinetelevisivi. L’opera è disponibile su RaiPlay.
Una storia lunga venticinque anni
Sulle rive del fiume Ardèche viene ritrovato un cadavere, inginocchiato e pugnalato alla gola con una lama di selce. Del caso si deve occupare il capitano Lekcir, il quale dovrà forzatamente collaborare con la capitano Ferret-Duval a cui è legato da spiacevoli trascorsi.
Venticinque anni prima, i genitori di Ferret-Duval vennero uccisi e del malfatto fu accusato il fratello di Lekcir, il quale si suicidò dopo l’accusa. L’indagine attuale riporta indietro nel tempo i due protagonisti, che dovranno affrontare i fantasmi del passato e trovare la soluzione ai delitti. Tutta la narrazione avviene nel suggestivo paesaggio legato al Pont d’Arc che include la grotta Chauvet.
Pochi pregi e molti difetti di un prodotto tv
Il cinema francese ci ha abituato a pellicole di un certo rilievo, come il recente Anatomia di una caduta (2023). Per questa ragione è bene eliminare da subito le speranze di chi vuole apprestarsi alla visione di questo prodotto commerciale.
Gli omicidi di Pont d’Arc si pone, fin dalle prime inquadrature, come un film mordi e fuggi: montaggio serrato, inquadrature spesso casuali, inserimento di innesti che dovrebbero richiamare un cinema d’autore e che invece sono completamente decontestualizzati. La regista Christelle Raynal non è una neofita e questo fa intuire come tutto sia, in realtà, frutto del meccanismo produttivo più che di scelte stilistiche.
La fotografia risulta piatta e non arricchisce il bel contesto scenografico naturale. La musica, poi, è decisamente dozzinale e non aggiunge nulla alla tensione narrativa. Un pathos, per altro, che è latente visto che la storia è scontata. Non aiuta il doppio intreccio degli omicidi, avvenuti a venticinque anni di distanza, semplicemente perché non c’è una sceneggiatura che sostenga tale racconto.
Attori assuefatti dal ritmo commerciale
Gli omicidi di Pont d’Arc non viene aiutato dalle interpretazioni, le quali sono spesso dilettantistiche o, quanto meno, distratte. Samy Gharbi è il capitano Lekcir, padre single e gendarme dalle non eccelse qualità. Invece, Élodie Varlet ricopre il ruolo della capitano Manon Ferret-Duval, segnata indelebilmente dall’omicidio dei genitori e da una presunta vita mai vissuta appieno.
Entrambi gli interpreti si trovano intrappolati in personaggi che non hanno il minimo spazio di approfondimento, nonostante gli spunti lanciati. Gharbi non affronta la difficoltà d’essere arabo del suo personaggio e, men che meno, il rapporto conflittuale con il padre. Varlet ha un cambio radicale senza aver avuto il tempo per la maturazione, da parte del suo personaggio, della nuova scoperta legata all’omicidio dei genitori – evento che ha condizionato permanentemente Manon.
Gli sceneggiatori giocano con facili battute più legate al woke che a un vero messaggio politico e sociale. Inoltre, per ciò che riguarda la mera trama crime, gli eventi accadono quasi a contorno delle vicende private dei due protagonisti. La tensione che è propria del genere non è alimentata neanche da situazioni estemporanee se non una a inizio film – Manon rischia di cadere in un burrone.
Novantuno minuti di banalità
Gli omicidi di Pont d’Arc non può essere considerato un brutto film, ma fa parte della categoria di quei prodotti cinetelevisivi che si può vedere distrattamente. La pellicola di Raynal non regala nulla di nuovo, né artisticamente né a livello di narrazione. Ricorda una versione in lungo di serie come Delitti in paradiso (2011-in corso) senza però averne le qualità.