Viaggio al Polo Sud è un atipico documentario del 2023, scritto e diretto da Luc Jacquet, che mette da parte il punto di vista tipico del genere, concentrandosi sull’impatto che un viaggio nell’Antartide può avere sul proprio Io e riflettendo sulla società e sull’umanità.
Al cinema dal 13 Giugno con Movies inspired.
‘Viaggio al Polo Sud’. Distese di bianco e filosofia
Viaggio al Polo Sud descrive l’itinerario di Luc Jacquet, dalla Patagonia fino alle terre dell’Antartide, riflettendo su temi molto attuali, come la società e il cambiamento climatico.
Dopo anni, Luc Jacquet cede al richiamo dell’Antartide e documenta un nuovo viaggio verso questo luogo sublime.
La sua voce narrante ci accompagna per tutto l’itinerario, supportata da una fotografia in bianco e nero, che unisce riprese oggettive, tipiche del genere, a tecniche improbabili per un documentario: inquadrature che usano il fuori fuoco o soggettive.
Tutto questo, già nei primi minuti, ci fa capire che non siamo di fronte a un classico documentario.
Più che fornire informazioni accademiche sui luoghi o gli animali che li abitano, il documentario rende il viaggio in maniera più interiore e intima, come a ribadire il duplice fine dell’opera.
Se da una parte, Luc Jacquet ci propone le sconfinate distese di bianco, foche e pinguini, dall’altra vengono allo scoperto tutte le emozioni e i sentimenti che queste immagini riescono a suscitare.
Più che alla biologia, veniamo messi di fronte a uno dei concetti tanto cari a Blaise Pascal.
Infinitamente grande e infinitamente piccolo: è ciò che percepiamo dalle bellissime immagini dell’opera.
Negli ambienti antartici, così sconfinati e ostili, ci rendiamo conto che tutte le nostre preoccupazioni sono infinitamente irrilevanti di fronte a una forza naturale così potente e difficile da penetrare.
“Non odo parole che dici umane”.
Con Viaggio al Polo Sud, potremmo parlare di un documentario poetico.
Lo stesso Luc Jacquet ci suggerisce questo legame, recitando varie volte i versi di Charles Baudelaire.
Il regista si carica del compito di Vate, rivolgendosi direttamente allo spettatore. Gli chiede di ascoltare o ammirare, riprendendo la concezione di natura come ambiente carico di simboli, che lui stesso ci aiuta a decifrare.
Il ghiaccio, l’acqua, la fauna e il territorio diventano i veri protagonisti dell’opera, dei giganti che Luc Jacquet sfida, ma sempre con un grandissimo rispetto, consapevole di essere in un luogo che non gli appartiene e sentendosene grato.
Persino ciò che non viene mostrato porta a una riflessione gravosa: l’assenza di un ghiacciaio, ormai sparito, ci sbatte in faccia l’impatto della nostra società su questi luoghi e tutte le sue conseguenze.
Luc Jacquet ci esorta quindi a rivedere il nostro rapporto con la natura: dopotutto, non siamo che un misero puntino nero che scompare nell’immenso bianco, come ci suggeriscono le splendide immagini finale.