Il racconto dei funerali di Berlinguer diventa l’occasione per un confronto tra la politica di ieri e di oggi sull’esempio di un’esperienza umana e civile indimenticabile. Di Arrivederci Berlinguer! abbiamo parlato con i registi Michele Mellara e Alessandro Rossi.
In occasione del 40esimo anniversario dalla morte di Enrico Berlinguer, arriva nelle sale italiane, distribuito da Wanted Arrivederci Berlinguer! di Michele Mellara e Alessandro Rossi.
Arrivederci Berlinguer! sarà al cinema come evento speciale il 10, 11 e 12 giugno 2024.

Michele Mellara e Alessandro Rossi e il loro Arrivederci Berlinguer!
Dopo aver finito di vedere Arrivederci Berlinguer! non ho potuto fare a meno di pensarlo come una sorta di proseguimento del vostro lavoro precedente. Lo è soprattutto nella scelta dei due protagonisti perché sia Enrico Berlinguer che il Cesare Maltoni di Vivere, che rischio sono legati dallo stesso ideale politico, ma anche accomunate dal considerare il proprio lavoro come una missione a favore dei cittadini.
È un collegamento che esiste perché parliamo di due personaggi di grande spessore politico e umano di cui era inevitabile mostrare la passione per il proprio lavoro. Se si prende un qualsiasi frammento della loro esistenza vi si ritrova sempre la presenza di quella passione sociale e civile che ne ispirava le azioni. In un procedimento di sintesi come il nostro è chiaro che tutto questo emerge con ancora più forza, ancora più in primo piano. Un esempio di quello che stiamo dicendo potrebbe essere il passaggio in cui Berlinguer, incontrando gli operai dell’Alfa sud, spiega le linee programmatiche rispetto alla trasformazione del sistema capitalistico. Dovendo fare un compendio di un lungo intervento è naturale aver selezionato la cosa che più ci attrae, ovvero la passione civile. Questo per dire che forse hai ragione tu nell’evidenziare il legame tra i due film.
Il film si apre con i volti delle persone intervenute a un comizio di Berlinguer. Mi pare che Arrivederci Berlinguer! sia montato in modo da mantenere intatta la dialettica tra il leader politico e il suo popolo. A parte gli inserti destinati a riassumere le linee principali della sua politica non c’è nulla che interrompa questa simbiosi.
Il film si apre mostrando il bagno di folla che accoglie un comizio di Berlinguer. Fin da subito l’intenzione – testimoniata anche dall’introduzione musicale di Massimo Zamboni -, era quella di concentrare la nostra attenzione su un popolo molto variegato dal punto di vista anagrafico e di ceto, nonché sul patto di fiducia tra l’uomo politico e i cittadini, sancito sulla base della riconosciuta rettitudine di Berlinguer. Il film è il ritratto sociale di un’Italia che non c’è più, in cui una folla sterminata, la più numerosa che ci sia mai stata per il funerale di un leader politico – accoglie e rende omaggio a un uomo diventato un punto di riferimento politico, culturale e sociale. A sancire il patto era stato il suo modo di intendere la politica, la maniera di relazionarsi alla gente, la coerenza di pensiero e azione nei confronti dei propri elettori.

Dal particolare al generale e viceversa
Se le prime immagini sono volte al particolare, ricostruendo l’esperienza politica di Berlinguer attraverso i commenti e le parole dei singoli, sul finire del film assistiamo alla rappresentazione di un unico “corpo” sociale, con le riprese dall’alto della folla presente al funerale che esaltano l’unisono dei militanti accorsi per l’ultimo saluto al loro leader.
Nel filmato originario, filmato da alcuni dei più famosi registi italiani, vi erano inserti di interviste a personaggi famosi e importanti come Gorbaciov, il ministro cinese e Arafat. Le abbiamo volutamente eliminate per togliere tutto quello che si metteva in mezzo tra Berlinguer e la sua gente. Dunque hai ragione a sottolinearlo perché per noi questa è stata una scelta ragionata. La stessa cosa è successa nella scena iniziale: lì abbiamo preferito che fosse solo la voce di Berlinguer senza la sua immagine ad accompagnare la carrellata sui volti delle persone.
Una decisione che riguarda anche voi perché, a differenza del lavoro precedente, in Arrivederci Berlinguer! evitate di sovrapporre la voce fuori campo, sia la vostra che quella di altri.
Questo perché volevamo che fossero le immagini a costruire la trama del film, quella che racconta il rapporto tra Berlinguer e il suo popolo. Il film si gioca su questa equazione, su questa relazione strettissima, fortissima e salda, per cui ci sembrava che inserire altri elementi di commento estranei alle immagini fosse una forzatura. Volevamo evitare di aggiungere ridondanza a un rapporto che emerge con estrema forza e chiarezza, senza bisogno di aggiungere altro. In questo Arrivederci Berlinguer! è molto diverso da Vivere, che rischio dove invece noi commentiamo dall’inizio alla fine, intervenendo anche all’interno del film.

Un personaggio trasversale
La trasversalità di quel rapporto risulta esemplare nel passaggio in cui a parlare sono i bambini che piangono e si disperano come se fosse morto il loro papà.
È stato qualcosa che ha sorpreso anche noi, tant’è che li abbiamo inseriti nonostante ci sembrasse una rappresentazione un po’ sovietica della morte del “leader maximo”, con la folla di pionieri che piange disperata. Poi però ci siamo resi conto dell’umanità che trasmetteva il sentimento dei bambini già pronti a far parte della comunità rappresentata dal partito. Ricordando che quest’ultimo era in sostanza il grande intermediario fra la solitudine della vita di periferia e la società in toto.
Le reazioni dei bambini sono la testimonianza della capacità comunicativa di Berlinguer, capace di entrare in empatia anche con i più piccoli.
Sicuramente è stata una figura che è riuscita a creare una grande coesione attorno a sé fin da quando era segretario di partito. A un certo punto nel film un bambino si dice dispiaciuto per la morte di Pertini e poi si corregge facendo riferimento a Berlinguer. Oltre a essere un inserto carico di umanità quella gaffe è la testimonianza di quanto Pertini e Berlinguer fossero popolari a ragione di un’umanità che non veniva mai meno, neanche nel corso delle loro uscite pubbliche.

La figura di Pertini nel doc di Michele Mellara e Alessandro Rossi
Non è un caso che Pertini sia l’unica grande figura politica italiana presente all’interno del film.
Non potevamo omettere di farlo, nel senso che comunque come presidente della Repubblica rappresentava il dolore di tutti i partecipanti con i quali condivideva la stima verso Berlinguer. Le immagini testimoniano lo slancio umano e il grande trasporto con cui, dopo aver baciato il feretro, si volge a salutare la folla. Berlinguer e Pertini rimangono due icone nell’ambito della storia della nostra Repubblica.
Anche Pertini piaceva molto ai bambini.
Sì, è vero. Entrambi erano dotati di un grande slancio umano e di un’enorme capacità comunicativa, frutto di due comportamenti integerrimi. Dietro lo slancio umano e la capacità comunicativa ci sono due profili integerrimi forgiati dalla resistenza e da un passato antifascista che poi si è riversato in un modo di far politica in cui la gente si riconosceva.
Sia Pertini che Berlinguer sono gli unici due politici di quegli anni transitati all’interno della cultura popolare senza passare per gli sfottò della satira.
All’apertura sui volti delle persone, il film fa seguire una sequenza composta da frammenti di diversa provenienza in cui vediamo Berlinguer impegnato in interventi e comizi. La scelta di non farci ascoltare i passaggi dei suoi discorsi, ma di lasciare che sia la sua mimica a riassumerli permettono di concentrarci sul linguaggio del corpo per apprezzarne la forza e la passione.
Mi fa piacere che tu l’abbia apprezzata perché quella ha un valore narrativo e drammaturgico abbastanza importante all’interno del film. Le immagini provengono dall’Archivio del Movimento Operaio Democratico e sono montate così perché dovevano rappresentare l’uomo politico e il suo afflato, il suo impegno nei contesti nei quali è stato chiamato a operare a livello nazionale e internazionale. Montarle in sequenza insieme alla drammaturgia sonora di Massimo Zamboni voleva restituire la portata del suo valore politico e la capacità di essere presente e di incidere nella storia del partito Comunista italiano, quello con il più alto di elettori in Europa.

Gli inserti del film: tra scomparsa e funerale
Il montaggio degli inserti inseriti nel racconto del funerale tratteggiano i punti fondamentali della sua azione politica, dalla questione del divorzio, all’importanza assegnata al movimento femminile, alle lotte a favore del mondo operaio.
Rispetto alla vicenda politica di Berlinguer abbiamo creato dei contrappunti tematici che sono quelli da te indicati. Riassumono battaglie su questioni importanti come quelle del referendum per il divorzio, delle lotte politiche sull’austerità, sulla sicurezza del lavoro e contro la disoccupazione. Sotto un certo aspetto il film procede su un doppio binario: quello commemorativo del funerale, e dunque della grande partecipazione di massa, dei picchetti funerari pronti a mettere in scena ceti sociali e dei gruppi di lavoro – pensiamo solo ai registi, che in Berlinguer e nel suo modo di fare politica trovarono un grado di riconoscibilità – e un secondo che riassume alcuni momenti della sua carriera politica.
Mettendone in scena la scomparsa, da una parte innescate il discorso sull’eredità lasciata da Berlinguer, dall’altra suscitate il confronto con la politica di oggi e dunque il senso di una perdita incolmabile.
Secondo me la cosa interessante di Berlinguer è di essere stato un grande anti leader. I leader di oggi condensano attorno a sé l’intero oggetto politico suscitando un plebiscito nei loro confronti e non nei riguardi dell’idea di partito. Cosa che non succedeva ai tempi di Berlinguer al punto tale che il suo funerale diventa quello del partito comunista.

Un’altra cosa molto importante del vostro film è quella di farci vedere il popolo operaio, quello che la narrativa contemporanea ha rimosso dai suoi pensieri. Arrivederci Berlinguer! invece mostra che esiste attraverso un formidabile ritratto sociale e antropologico.
Quello del film è un popolo di operai proveniente dai quattro angoli dell’Italia. Noi lo mettiamo in scena con le difficoltà e i problemi che gli sono propri. Mostriamo braccianti che dicono di aver avuto difficoltà a prendersi la giornata libera per venire ai funerali, altri che hanno viaggiato in nave dalla Sardegna. Ne deriva l’immagine di un popolo vasto, quello della classe operaia, che nel partito comunista di Berlinguer si riconosceva e che era presente in tutte le latitudini del paese. Siamo d’accordo sul fatto che questo film fa pensare a quanto oggi larghe fasce di cittadini siano poco rappresentate e senza voce a livello politico. Al contrario di quegli anni in cui all’interno del partito comunista la classe operaia era ancora la colonna vertebrale del partito.
Il regista militante
Le immagini del funerale e le interviste sono state realizzate da alcuni dei più importanti registi dell’epoca. A un certo punto li vediamo impegnati nel picchetto funebre e questo fa pensare che anche la figura del regista militante è un po’ scomparsa.
Sì, anche quello è un segno dei tempi nel senso che avere tutti o la stragrande maggioranza dei registi dell’epoca presenti sia al picchetto funerario, ma anche coinvolti nelle riprese del funerale oggi sarebbe forse impossibile. I funerali di Berlinguer sono il segno di un tempo che non c’è più e questo fa pensare al vuoto di rappresentanza politica odierna, al vuoto di prospettiva rispetto alle politiche culturali del nostro paese.

Se vogliamo c’è anche la suggestione di un cinema che oggi ha perso quel tipo di militanza.
Il capitale ha vinto su tutti i campi e su tutti i fronti, compreso quello del cinema e della cultura. Appartenere a un’idea non dico comunista, ma semplicemente di sinistra radicale era ed è considerato come un insulto. La cosa interessante è che quei registi che si vedono nel picchetto facevano parte dello star system riuscendosi comunque a calare in un territorio più quotidiano, più vicino alle persone nella maniera che abbiamo detto. Forse questo era possibile perché il cinema era più sentito da tutti, era più partecipato. Pensa a un regista come Antonioni, considerato elitario eppure capace di intercettare dei sentimenti più popolari.
La colonna sonora nel film di Michele Mellara e Alessandro Rossi
La colonna sonora di Massimo Zamboni assume un valore drammaturgico capace di commentare emotivamente il racconto del film. Volevo capire come l’avete creata e quale è stato il suo rapporto con le immagini.
Con Massimo abbiamo un rapporto professionale e amicale molto stretto avendo lui composto le musiche per un nostro lungometraggio di cinema del reale God Save the Green, uscito nel 2013. Quando ci è giunta la possibilità di realizzare questo film su Berlinguer – perché la proposta ci è stata fatta da Amod e da Cinema zero di Pordenone –, il primo nome che ci è venuto in mente è stato quello di Massimo sia per la sua storia artistica e personale, sia per il fatto che con lui c’è sempre stata una chimica, e unità di intenti rispetto ai progetti artistici nei quali abbiamo lavorato. Con lui abbiamo stabilito che alcuni momenti del film fossero raccontati esclusivamente dalle immagini e dalla musica. In questo senso l’energia finale è quella trasmessa dagli ultimi dieci minuti: il brano cantato da Massimo è l’esempio evidente delle intenzioni che abbiamo avuto nel piano dell’opera realizzando un lungometraggio che colpisce, che fa pensare e riflettere, agendo sulle orecchie e sulla pancia dello spettatore. Arrivederci Berlinguer! è un film emozionale che deve trascinare lo spettatore all’interno di questo lungo doloroso commiato.
Parliamo della distribuzione del film.
Arrivederci Berlinguer! verrà distribuito nelle sale d’Italia come evento il 10-11-12 di giugno da Wanted. Dopo queste date il film continuerà il suo viaggio nelle arene estive, in altre sale e in circuiti non prettamente cinematografici. Quando potremo lo accompagneremo anche noi.
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