Sole Luna Doc Film Festival

‘Once Upon a Time In a Forest’: un male ambientale ed eroi fanciulli

un dipinto dalle pennellate idilliache e grezze in giochi di potere

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Once Upon A Time In A Forest concorre in rappresentanza della Finlandia alla 19° edizione del Sol Luna Doc Film Festival, festival cinematografico internazionale dedicato ai documentari. Oggi, 4 luglio 2024, la pellicola sarà proiettata alle ore 22:30 proprio in chiusura di questa quarta giornata dedicata ai lungometraggi al Complesso monumentale di Sant’Anna alla Misericordia, sede della Galleria d’Arte Moderna. Questo film, ispirato dal libro Awakenings: how I became an environmental activist di Juha Kauppinen, è una vera e propria perla in fondo al mare.

Un film urgente nella sua riflessione politica, economica, ambientale.

Il tema di Once Upon A Time In A Forest

La regista e sceneggiatrice Virpi Sutuuri illustra l’imminente problematica della biodiversità finlandese esponendola seguendo lo sguardo di due figure distinte: Ida e Minka, due giovani ragazze membri di Extinction Rebellion Finland, un gruppo attivista che adotta la disobbedienza civile per convincere il governo a intervenire sull’emergenza climatica ed ecologica. All’inizio, il documentario segue i giovani godersi la foresta come se quello fosse sempre stato l’habitat naturale dell’uomo. Un’esistenza del tutto intrinseca tra immersioni in laghi cristallini ed il fruscio delle foglie mosse dal vento. Un’armonia quasi spirituale interrotta dalla presenza dell’uomo che si prostra come minaccia dell’esistenza di questo ecosistema. Il documentario presenta le diverse battaglie intraprese dagli attivisti: tra censimenti di specie animali e vegetali a rischio, preparativi e discussioni sugli aspetti logistici da portare sul campo durante le proteste organizzate in città, le irruzioni in siti di costruzioni o stabilimenti per la produzione di cellulosa.

Once Upon A Time In A Forest, un’invocazione lirica

Once Upon A Time In A Forest, però, è molto più di un documentario attivista. La sua essenza poetica trasforma la progressione narrativa del film in un’invocazione lirica per la protezione del pianeta capace di accoppiare un’immagine così evocativa ed elegante ad un messaggio crudo e concreto.

La grammatica della narrazione è un susseguirsi di parallelismi e contrapposizioni: Ida con la sua lingua tagliente, il suo atteggiamento irremovibile e la sua sfrontatezza antitetica all’emotività e le riflessioni piene di vulnerabilità alle quali si lascia andare Minka.

“È difficile vivere con il senso di colpa che proviene dalla contraddizione nel modo in cui vivi e cosa pensi sia giusto.”

Conversazioni accese si oppongono alla quiete di lunghe riprese di corsi d’acqua, immagini mozzafiato di tramonti  accompagnate dall’eco di una musica malinconica nella sua dolcezza, capace di fare da eco al senso di perdita e sofferenza che investe gli ambientalisti. Attraverso la sua macchina da presa, Virpi Suutari cattura l’angoscia degli attivisti di fronte all’impossibilità di trasmettere l’urgenza a coloro con cui si confrontano con l’ausilio di una cinematografia sublime. La punteggiatura dettata da silenzi lunghi troncati da momenti di entusiasmo frenetico.

È innaturale lasciare la foresta al suo stato naturale?

Chiede incredula e un po’ saccente Ida a suo nonno in uno scambio che si pone come impronta di quello che è il classico scontro generazionale mostrato però con savoir faire e tatto, senza puntare il dito o trasformare questo botta e risposta in una carneficina.

Lui, ex agricoltore e lavoratore forestale della Finlandia orientale, non comprende perché l’attività umana costituisca un pericolo e vede con disapprovazione le attività della nipote. Ma la sua diffidenza viene smorzata dalla tenera apprensione della nonna di Minka che la incoraggia ricordandole di non doversi caricare addosso il peso di responsabilità di una collettività che dovrebbe cercare vicinanza invece che divisione.

I filmati d’archivio

Il segno delle diverse epoche è suscitato anche dall’utilizzo di footage di archivi del 1979 al lago Koijärvi che ritrae un gruppo di contestatori in guard duty alla quale è chiesto con audacia “credete di avere un diritto morale di mettervi contro la legge?”, come se la preservazione della terra spettasse a qualcun altro o a nessuno. Seguono altri estrapolati del 1991 e 2022 con l’Operation Arctic Fox. La poetica di questo specchio forzato tra passato e presente è sottolineato dall’utilizzo del formato 4:3. A livello visivo si crea una cornice che dà rilievo all’intimità portata sullo schermo dai giovani protagonisti.

Il tema della biodiversità

Virpi Suutari infatti si spinge oltre e utilizza la questione dell’estinzione della biodiversità e i dialoghi ad esso associati come ponte per attraversare corridoi scomodi.

Colpisce un monologo di circa cinque minuti di Minka nel quale si abbandona ad uno sfogo quasi viscerale preceduto da immagini di lei immersa nella calma dell’acqua, cullata da madre natura. Gli stessi cinque minuti di monologo sono invece susseguiti dall’immagine di lei che riemerge dall’acqua, come se tenersi tutto dentro le avesse tolto il fiato, l’avesse fatta sentire in apnea. E una volta liberatasi dalla brutalità del suo dolore fosse ritornata a respirare:

Se sono circondata da uomini il modo in cui parlo cambia completamente: devo essere competente, devo essere più fredda, più emotivamente distaccata e più rigida. O comportarmi in modo molto divertente. Devi essere spiritoso per essere ascoltato, pur rimanendo distaccato. Anche se la questione mi fa piangere, deve essere trasformata in una battuta.

Once Upon A Time In A Forestè una poesia che ipnotizza lo spettatore. Foreste di betulle rosse, tronchi d’alberi le quali radici affondano in corsi d’acqua specchiati e lucenti, l’incanto di distese di neve che raccontano la purezza e l’innocenza di una terra che non ha commesso alcun crimine se non quello di esistere.

“ADDIO MIA CARA MADRE, ADDIO MIA CARA NONNA”

intonavano le ragazze. Una terra perduta per opera della mano dell’essere umano che ha ferito ciò che doveva semplicemente accarezzare.

Virpi Suutari firma un’ode alla bellezza con un documentario intimo e soave che parla a gran voce.

Una fiaba contemporanea, ma ci sarà un lieto fine?

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