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Conversation

‘El Paraiso’ Conversazione con Enrico Maria Artale

Tra desiderio di fuga e nostalgia del passato El Paraiso racconta l'amore impossibile e necessario. De El Paraiso abbiamo parlato con Enrico Maria Artale.

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Dopo essere stato presentato nella sezione Orizzonti a Venezia nel 2023, El Paraiso di Enrico Maria Artale arriva finalmente al cinema con I Wonder Pictures. Del film abbiamo parlato con il regista Enrico Maria Artale.

El Paraiso è una produzione Ascent Film, Young Films, Rai Cinema, con il sostegno di Regione Lazio

El Paraiso di Enrico Maria Artale

Volevo cominciare a parlare di El Paraiso a partire dalle caratteristiche visive della sequenza d’apertura in cui vediamo Julio con gli occhi chiusi e le spalle appoggiate alla porta. L’immagine stilizzata della donna sopra la testa del protagonista, quella di solito utilizzata per indicare la presenza di una bagno femminile, sembra evocare la centralità della figura materna sul cui mistero sia lui che il film tentano di fare luce.

Prima dell’inizio delle riprese ho pensato che quella doveva essere la scena d’apertura. Nel film non ci sono molte scene prestabilite a priori perché la mia intenzione era quella di evitare inquadrature troppo studiate. Quella di cui mi chiedi è invece costruita come succede nei giornalini, con la riproduzione stilizzata della donna pronta a evocare come succede nei fumetti il pensiero dei personaggi. Con ciò volevo rimarcare quale fosse il pensiero ricorrente e ossessivo del personaggio, il suo rapporto con la madre e più in generale le problematiche con le figure femminili.

Non a caso la prima immagine della madre è la risultante dell’ombra che si muove dietro la porta del bagno, con ciò anticipando le caratteristiche della sua presenza fantasmatica. 

Questo perché essendo fondativo dell’intera esistenza il rapporto con la madre si porta dietro il mistero dell’origine. Nel caso di quello tra Julio e Maddalena questo aspetto è amplificato dal fatto che lei ha un passato legato a un altrove, la Colombia, la terra in cui è nata, che lui non ha mai visto. Di lei sappiamo che ha condotto un’esistenza un po’ ai margini, collegata alla criminalità e alla droga, e questo concorre ad alimentare la sua figura fantasmatica.

Rapporto madre-figlia

Il punto di vista sulla figura di Maddalena è quello che riguarda ogni figlio che a un certo punto della vita non può fare a meno di pensare alla madre considerandone anche gli aspetti legati al suo essere donna. Una questione tanto più misteriosa quanto più è destinata a restare per lo più fuori campo.

Per quanto riguarda El Paraiso parliamo di scenari psichici molto complessi che contemplano anche un rapporto incestuoso – seppur solo a livello emotivo – che scaturisce dal considerare la madre, non solo in quanto tale, ma come una donna a tutto tondo, accettandone di conseguenza le risonanze sessuali. Nel film Maddalena ha comportamenti seduttivi nei confronti degli altri uomini e anche nei confronti del figlio.

Il loro è un rapporto fatto anche di gelosia e di sensi di colpa.

E anche di un grado di complicità che di rado esiste tra madre e figlio per via del processo di emancipazione che attraverso conflitti e allontanamenti determina l’autonomia della prole. Al contrario lo sguardo di Julio nei confronti delle donne appare involuto, vittima di due estremi che lo portano a ragionare per estremi che oscillano tra un’immagine della donna idealizzata e santa e un’altra carnale e sessuale. Quello di Julio è lo sguardo tipico del bambino ancora non emancipato dalla figura materna e lo si vede nel suo rapporto con Ines, in cui i risvolti sentimentali gli impediscono di ridurre tutto all’aspetto sessuale. Per contro con la madre fa di tutto per eliminare la sensualità da lei emanata.

Richiami nel film di Enrico Maria Artale

Anche il fatto che la madre si chiami Maddalena segnala la presenza di questa duplice dimensione. Tornando al film, il  contesto e il genere della storia, oltre al fatto di essere di fronte a una donna idealizzata e insieme molto carnale mi ha fatto venire in mente il cinema di Rainer Fassbinder.   

Il cinema di Fassbinder lo conosco bene, ma non è stato tra i miei riferimenti principali. È vero che nei suoi film ci sono dei personaggi strabordanti come può essere quello di Maddalena, ma devo dire che a influenzarmi è stato il cinema di John Cassavetes e certi personaggi interpretati da Gena Rowlands che si inseriscono nel panorama di un certo cinema americano abituato a raccontare figure femminili un po’ borderline. Personalità carismatiche, ma allo stesso tempo molto ambigue come lo sono per esempio quelle interpretate da Melissa Leo, attrice che adoro. A ispirarmi è stato anche il cinema sudamericano per la capacità di far emergere modelli femminili forti e trascinanti che sono il frutto della reazione nei confronti di una società sessista. Detto questo, a posteriori, mi piace l’assonanza con Fassbinder.

Sogno e realtà

Le prime due sequenze del film, quella all’interno della sala da ballo, e l’altra, in cui l’auto su cui viaggiano Maddalena e Julio investe un cane, mi pare riassumano alla perfezione il mood del film in cui l’evasione del sogno deve fare sempre i conti con la crudezza della realtà. 

Con la crudezza della realtà, ma anche con le questioni fondamentali dell’esistenza a cominciare da quelle che riguardano la morte destinate a tornare di continuo nel corso del film. Avendo in mente questa storia da tempo, a un certo punto sono stato consapevole che il suo senso era originario nella cultura musicale sudamericana e colombiana e in particolare dallo scarto tra un ritmo allegro e contagioso e dei testi estremamente seri, aventi come tema il dramma dell’esistenza. Non a caso la canzone che lei ascolta in macchina si intitola Il giorno della mia sorte e parla di qualcuno che deve fare i conti con la consapevolezza di essere arrivato alla fine dei suoi giorni. Ciononostante si tratta di una canzone estremamente ballabile e piena di energia, questo per dirti che è stata la musica e il ballo ad aiutarmi nel tenere insieme le  due dimensioni del film, facendole confliggere nei passaggi più bruschi. La sequenza di cui parli è il primo di questi momenti.

La sceneggiatura

La sceneggiatura di El Paraiso è costruita su una struttura archetipa, quella dello straniero, in questo caso Ines, che si inserisce nella comunità – rappresentata da Julio e Maddalena – sconvolgendone gli equilibri. Oltre a donare alla storia un respiro universale, questa concorre a tenere sotto controllo il pathos drammaturgico di una materia – melò – di per sé incandescente.   

Sono cresciuto guardando molto cinema di genere, soprattutto quello americano e francese degli anni cinquanta e sessanta in cui topoi, come quello da te citato, la facevano da padrone. Con El Paraiso la mia intenzione era di fare un film drammatico che però avesse le atmosfere del cinema di genere. Nel rapporto tra madre e figlio volevo riassumere le dinamiche di una qualsiasi coppia che entra in crisi per l’intromissione di una terza persona. Quello del film è un triangolo mancato che però tira in ballo una dimensione universale dell’esistenza in cui la crisi dei personaggi è uguale a quella che sperimentiamo una o più volte nel corso della vita.

Nel film adotti una narrazione circolare se è vero che le differenze esistenti tra la prima e l’ultima sequenza, ambientate in un contesto più o meno simile, ti servono per suggellare la presa di coscienza del protagonista e il suo riscatto da una condizione di partenza gregaria e in qualche modo sottomessa. 

Sì, c’è uno scarto su più livelli in cui la storia torna all’essenziale. Anche se non è centrale, nel film il tema del ritorno alle origini è intrinseco al rapporto tra madre e figlio. Se vogliamo El Paraiso è anche, in parte, la storia di un viaggio alla ricerca del luogo dove tutto è iniziato, di cui il ballo finale di Julio è una sorta di celebrazione. Non per niente non si svolge nella periferia romana, ma in una balera colombiana frequentata dalla gente del posto e non da avventori saltuari come succedeva nella sequenza d’apertura.

Scene simboliche

Come Kit con Port ne Il The nel deserto anche Julio, a un certo punto, introietta dentro di sé Maddalena in una scena altamente simbolica che evitiamo di svelare per non rovinare la sorpresa allo spettatore. Diciamo solo che ballando da solo Julio afferma la propria emancipazione. 

Sono d’accordo. È come se Julio diventasse “gravido” di sua madre, invertendo quella che è la normale relazione tra lei e il figlio. Mi interessava concludere con un finale aperto in cui a prevalere non fosse il giudizio morale sul loro rapporto quanto piuttosto la sua dimensione sentimentale. Volevo lasciare a chi guarda la possibilità di decidere se il ballo finale è preliminare a una possibile emancipazione da parte di Julio o se all’opposto l’accettazione di non poter vivere al di fuori di questo rapporto. Un po’ come succede nella vita in cui è possibile tutto e il contrario di tutto.

Il rapporto tra Julio e la madre è fatto di amore e di possesso, di protezione e di sensi di colpa, frutto di un passato in cui Maddalena rimasta incinta è stata costretta a emigrare in Italia dalla Colombia. Il rapporto di dipendenza tra madre e figlio emerge più volte nel corso del film: sia a livello oggettivo, quando Julio obbliga la prostituta a ballare con lui facendogli indossare i vestiti della madre, sia a livello simbolico, con Julio e Maddalena che sbarcano il lunario come corrieri della droga.

La droga mi interessava proprio come metafora della dipendenza e della tossicità presente nel loro rapporto, sempre in un quadro in cui il film evita di esprimere giudizi morali. La droga è chiaramente qualcosa che agisce nella loro vita in senso negativo, ma che allo stesso tempo la anima. Non volevo raccontare la cocaina in termini trasgressivi e voyeuristici, ma piuttosto come un elemento che si mescola alla loro vita in maniera naturale. Peraltro la droga mi serviva per creare una drammaturgia in cui i personaggi fossero caratterizzati da un atteggiamento estremamente umorale e dunque imprevedibile, con il sentimento di pericolo che spesso ne deriva. La cocaina, la pistola sono elementi del film che appartengono al cinema di genere e che io però uso al di fuori di codici e cliché.

I luoghi del film di Enrico Maria Artale

El Paraiso è anche il racconto di un luogo dell’anima. In questo senso la rappresentazione dello spazio è quello di un mondo chiuso e appartato che la mdp circoscrive evitando panoramiche e aperture sul mondo circostante. Senza dimenticare che la casa dei protagonisti è il luogo ancestrale per eccellenza, ubicata com’è sulla foce del fiume. Questo per dire che a fronte di un impianto realistico El Paraiso lavora anche sull’astrazione per arrivare a raccontare la storia su più livelli di percezione. 

A me interessa molto creare una sorta di cortocircuito tra realismo e immaginazione per mettere lo spettatore nella condizione di seguire un racconto emotivamente credibile anche se non sempre plausibile a livello razionale. A spingermi verso questa poetica è stata anche la storia perché la madre per vivere questo rapporto simbiotico con il figlio aveva bisogno di costruire una sorta di fantasmagoria rappresentata da questo angolo di Sudamerica ricreato lungo la foce del fiume, vicino a Fiumicino. Quello dove vivono Julio e Maddalena è un posto fuori dalla realtà, un angolo di paradiso, se vuoi, anche molto povero, ma ideale per le loro esigenze, in cui si parla una lingua inventata, un pastiche di romano e spagnolo. Mi piaceva pensare a loro che vivono in un universo immaginario simile a quelli raccontati da Gabriel Garcia Marquez. Qualcosa che è eccessivo nei colori e nei cliché e allo stesso tempo reale negli aspetti emotivi anche grazie alla bravura degli attori.

Da una parte El Paraiso utilizza stilemi tipici del realismo come l’uso di attori sociali – quelli utilizzati nella balera colombiana in cui si conclude il film – e del linguaggio parlato, dall’altra presenta sequenze che vanno in direzione di una totale trasfigurazione del reale. Indicativo è il deragliamento visivo e sensoriale della sequenza che introduce il funerale, in cui attraverso stacchi successivi si passa dal dettaglio della moka fumante al piano sequenza in cui vediamo Julio entrare in una stanza della sua abitazione per poi ritrovarsi senza soluzione di continuità all’interno della camera ardente.

Su quel taglio di montaggio io e la mia montatrice abbiamo cambiato idea più volte per cercare il più possibile di spiazzare lo spettatore attraverso il processo di deragliamento che hai descritto. Ho deciso di montarlo così quasi per esasperazione, pur sapendo che si trattava di un passaggio un po’ violento che non tutti avrebbero potuto apprezzare.

E che però rende bene lo strappo che Julio sta vivendo in quel preciso momento della storia. 

Veniamo da un passaggio del film in cui siamo stati molto con lui, dunque interrompere questa continuità in un modo, se vuoi, anche brutale e inaspettato, con dettagli di cruda realtà, mi sembrava adatto a rappresentare lo stato d’animo del protagonista. Nel cinema spesso questo tipo di violenza, parlo di quella psicologica ed emotiva, è resa organica alla storia mentre nella vita succede il contrario perché questi episodi vi entrano a gamba tesa e quando meno te lo aspetti. Lo scarto narrativo procurato dal montaggio per me doveva rendere l’inaspettato e l’imprevisto che incombe quotidianamente sulle nostre esistenze.

La fotografia

La fotografia del film realizzata da Francesco Di Giacomo, già sul set dell’ultimo film di Marco Bellocchio, concorre a creare una profondità di campo in cui sembra materializzarsi quella fantasmagoria di cui parlavi prima. D’altro canto la cromatura pastosa, dominata dal contrasto tra gialli e neri, rende bene la compresenza di dolore e felicità, di caos e bellezza che attraversano il film. 

La luce del film è il frutto di una lunga ricerca in cui ho sfidato Francesco a mettersi in gioco realizzando una fotografia quanto più possibile naturale, capace di regalare alle immagini un surplus di spontaneità. Soprattutto mi sembrava giusto far muovere gli attori senza i limiti imposti dalla presenza o meno della luce. Per riuscirsi assieme alla scenografa Laura Boni abbiamo ristrutturato la casa di Julio e Maddalena abbattendo muri, costruendo scale come se fossimo stati in un teatro di posa. Questo ha fatto sì che gli attori potessero spaziarvi all’interno con massima libertà e che la mdp fosse in grado di improvvisare i suoi movimenti, anche perché l’operatore ero sempre io e questa mia libertà la volevo proteggere. In tale contesto la luce doveva poter entrare nella scena senza però creare intralcio o impedire il modo di girare che avevamo scelto. La pasta gialla, così carica e forte, è derivata proprio dall’impossibilità di controllare le fonti luminose e dalla volontà di trasformare un limite in un’ulteriore possibilità creativa. Come molti direttori di fotografia anche Francesco è abituato a lavorare in modo opposto mentre sul nostro set la luce del sole si mescolava a quella di alcuni proiettori presenti sul set senza uno schema preordinato. In questo senso tutto è stato riportato all’importanza dell’accadimento con lo stesso principio per cui la vita è capace di presentarsi diversa da quello che ti aspetti.

Gli attori

In un set come quello che hai appena descritto gli attori per forza di cose sono stati chiamati a creare il film assieme a te. In questo senso le prove di Edoardo Pesce, Gabriel Montesi come pure di Margarita Rosa De Francisco, Maria del Rosario sono state superlative. 

Tutti i personaggi de El Paraiso sono stati scritti avendo in mente questi attori. D’altronde la storia è nata da una conversazione tra me ed Edoardo e nel corso dei sette anni di gestazione, quando per problemi di indisponibilità mi è stato proposto di fare il film con un attore diverso, ho sempre saputo aspettare perché per me Julio non poteva essere che lui. Margherita mi è stata suggerita da un amico. Anche se in Italia è sconosciuta, lei in Colombia è una star per cui non ero sicuro che avrebbe reagito con l’entusiasmo che invece ha dimostrato accettando il ruolo. Il covid le ha dato il tempo sufficiente per studiare la nostra lingua e poi, venendo a Roma un mese prima di girare, le ha permesso di acquisire nella vita di tutti giorni maggior dimestichezza con il parlato, frequentando i mercatini e parlando con le persone comuni. L’alchimia con Edoardo è venuta nel corso delle prove anche dalle discussioni di lavoro tra lui e Margherita, mentre per quanto riguarda Maria, l’attrice che interpreta Ines, ho voluto che entrasse nel film così come accade nella storia, e cioè senza aver mai avuto contatti con gli altri attori, proprio per ricreare quell’imbarazzo che ha il suo personaggio quando si ritrova con Julio e Maddalena. Gabriel Montesi invece è un attore fantastico e oggi anche un amico. L’ho conosciuto sul set di Romulus e da quel momento l’ho voluto nel film anche a costo di modificare il suo personaggio che all’inizio era un uomo più maturo.

Il cinema di Enrico Maria Artale

Parliamo del cinema che ti piace come regista e come spettatore. 

Del cinema, così come dell’arte, ho sempre amato la possibilità di raggiungere la verità attraverso le strutture e gli stilemi più disparati. Questo ha fatto sì che io sia appassionato di film molto diversi tra loro. Come ti dicevo prima, amo cinema di genere e i noir americani poi però mi sono laureato con una tesi su Abbas Kiarostami e Ingmar Bergman. Certo, quando il cinema lo devi fare devi per forza restringere un po’ il campo anche per trovare una tua identità. Ti posso dire che fin qui mi sembra di aver seguito il modello di registi capaci di mescolare storie con un immaginario visivo anche molto potente e con dinamiche psichiche profonde. Prima ti parlavo di Cassavetes, adesso ti dico anche Derek Cianfrance e James Gray e in generale il cinema newyorkese. Adesso sono appena rientrato in Italia dopo aver terminato le riprese di una serie ispirata a Il profeta di Jaques Audiard. Ecco, lui per me è un nume tutelare per come ha saputo lavorare sui due aspetti di cui ti ho appena parlato.

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El Paraiso di Enrico Maria Artale

  • Anno: 2024
  • Durata: 106'
  • Distribuzione: I Wonder Pictures
  • Genere: drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Enrico Maria Artale
  • Data di uscita: 06-June-2024