Fra i film della competizione di Cannes 77, un ruolo del tutto particolare ha assunto L’Amour Ouf (Beating Hearts) del regista francese Gilles Lellouche, un dramma d’amore, morte e rinascita ambientato negli anni Ottanta, che dà grande importanza alla musica (ma non è un musical).
Dopo aver presentato, negli ultimi anni, due film Fuori Concorso al Festival di Cannes, molto diversi fra loro, Le Grand Bain (2018) e Bac Nord (2021), Lellouche torna ora con un film da Concorso, articolato e molto duro, una love story che sembra mantenere, tra crimini, violenza e disperazione, il seme della speranza laddove tutto sembra perduto.
Il film si concentra, inizialmente, sull’incontro fatale tra due ragazzi, Clotaire e Jackie, appartenenti a mondi diversi ma destinati a stare insieme: gli eventi della vita precipitano e li separano in modo straziante. Passano gli anni e i due diventano un uomo e una donna. Dopo i percorsi differenti e paralleli delle loro vite, avranno un’altra, improbabile occasione di incontrarsi e la ruota girerà di nuovo in loro favore. Sapranno cogliere questa inatteso atout?
Il regista segue le vicende chiave dei due protagonisti essenzialmente in due periodi, da adolescenti, quando scoppia l’amour fou, e poi a distanza di dieci anni, quando, dopo essersi persi drammaticamente, la vita mescolerà le carte per farli ritrovare.
Un abile sistema di flash-back e salti temporali, sembra lasciar prevedere fin dalle prime scene (sorta di prequel del finale) come andrà a finire la storia. L’epilogo, invece, riserverà diverse sorprese inaspettate.
Il regista accompagna e sottolinea le emozioni dei suoi protagonisti e degli spettatori, insieme ai cambiamenti drammatici, dalle gioie dell’amore al vuoto della prigione, dal tutto al nulla, dalla speranza di una vita migliore, alla rabbia e al desiderio di giustizia, dalla violenza cieca all’amore salvifico.
L’Amour Ouf e l’Amour Fou: giochi di parole per cuori che battono
Nel nord della Francia, Clotaire un ragazzino della periferia che ciondola in strada con bande di coetanei, non va a scuola e vive facendo piccoli furti, si innamora di Jackie, una ragazza della media borghesia, che vive col padre – la madre è morta in un incidente – brava a scuola e desiderosa di vita, con mente e cuore aperti.
La coppia dei protagonisti da giovani, è interpretata lui Clotaire, da Malik Frikah, già visto in Apaches, e lei, Jackie, da Mallory Wanecque, interprete di The Worst Ones, che già così giovani sanno dare carattere e ‘cuori che battono’ ai loro personaggi.
Tra una scaramuccia e un’attesa davanti al pullman di lei, i due si innamorano come solo a 17 anni può accadere: Jackie sente che Clotaire non è affatto un cattivo ragazzo, ma che è vittima di un ambiente sbagliato, e ne è comunque affascinata, d’altro canto Clotaire ha sentito il cuore ardente di lei e in qualche modo Jackie lo fa sentire accettato, degno di amore e migliore. Un periodo breve ed intenso suggellato dalla scoperta di un sentimento potente e terapeutico.
Ma non basterà per un lieto fine: l’amore folle si trasforma in Amour ouf (il nostro ‘uff!’ uno sbuffo, un sospiro).
Infatti, come in un vero melodramma ‘noir’, i beating hearts dei due e la loro storia d’amore (già osteggiata dal padre di lei, ça va sans dire), saranno interrotti da un evento tragico: Clotaire, coinvolto in un colpo più pericoloso di altri , con una banda di criminali organizzati, viene accusato ingiustamente di aver ucciso un poliziotto.
A sparare in realtà è stato il figlio del boss (quest’ultimo incarnato dall’attore belga Benoît Poelvoorde), che sacrifica volentieri il ragazzino ‘figlio di nessuno’ per salvare il proprio erede dalla galera, promettendo a Clotaire di farlo uscire subito grazie ai suoi avvocati: non sarà così e il ragazzino di un tempo trascorrerà 10 anni in prigione, sognando la sua Jackie, la libertà e la vendetta.
Qui finisce (idealmente) la prima parte del film che si dipana tra il romantic-drama e il movie-action, dal ritmo serrato e mantenuto alto dall’incalzare dei colpi di scena, dalle inquadrature rapide e furtive di sguardi, di corpi e di movimenti, dal fracasso delle discoteche con musica a tutto volume, dal rumore dei colpi di pistola sparati nel posto e nel momento sbagliato, dal rombo del motorino che accompagna i due ragazzi nelle loro prime esperienze amorose, dagli inseguimenti delle macchine dai motori rombanti.
Romantic-drama per adolescenti: amare per rinascere
Nella seconda parte del film ritroviamo i due ragazzi ormai adulti e interpretati da due attori tosti e gagliardi: la Jackie adulta è nientemeno che Adèle Exarchopoulos (Palma d’oro per La vita di Adele a Cannes 2013), bella e irrisolta, mai ripresasi dallo shock del distacco da Clotaire, con un lavoro qualsiasi e un fidanzato recente, della buona borghesia, con cui sta quasi per caso, che le sta stretto e che appartiene a un mondo in cui lei non si riconosce.
Lui, il Clotaire adulto, è un intenso e palestrato François Civil – il D’Artagnan dell’ultima versione de I tre moschettieri – che appena esce dalla prigione, dove è stato incastrato innocente, cerca la sua bella. Il padre gli dice di lasciarla stare, che lei è già impegnata, e lo caccia via con disonore, credendolo un assassino.
Nel frattempo Clotaire si toglie qualche sassolino dalle scarpe, cerca i suoi vecchi ‘amici’ che non vogliono neppure risarcirlo per i suoi 10 anni scontati in prigione al posto di un altro. Allora si vendica e la sua rabbia è immensa quanto il suo dolore, per la perdita di lei e dei suoi 10 anni di vita.
Ma a dispetto di tutto e di tutti, del padre preoccupato, del fidanzato geloso e violento, dei criminali che cercano Clotaire per rivalersi della sua vendetta, al di là di loro stessi, feriti, fragili e disincantati, i due ragazzi di un tempo dimostreranno a se stessi e agli altri di non aver mai dimenticato quell’amore di gioventù anzi di averlo tenuto vivo, lui scrivendo in carcere 457 parole che descrivono Jackie, lei non innamorandosi di nessun altro, suo malgrado, per 10 anni.
Qui subentra l’idea geniale di Lellouche di proporre un secondo finale, affiancandolo a quello del prequel iniziale: quale sia il più adeguato, il più giusto, il più credibile sta allo spettatore deciderlo, di certo il messaggio è chiaro, nient’altro che l’amore autentico può guarire e generare cose nuove per chi ha il coraggio di cercarlo e riconoscerlo.
Gilles Lellouche è stato ispirato per questo film dalla lettura dell’omonimo romanzo di Neville Thompson, regalatogli dall’attore belga Benoît Poelvoorde. Dopo una battuta d’arresto, il regista ha ripreso a scrivere la sceneggiatura con il suo co-sceneggiatore Ahmed Hamidi e con Audrey Diwan, per realizzare un romantic-drama che attraesse gli adolescenti e ricordasse, alla lontana, West Side Story.
“Era la prima volta – ha affermato Adèle Exarchopoulos – che una sceneggiatura mi faceva desiderare così tanto di amare ed essere amata”.