La vita che volevi è stata ideata e scritta da Ivan Cotroneo e Monica Rametta, autori di film come La kryptonite nella borsa (2011) e Un bacio (2016) e di serie come La compagnia del cigno (2019-2021). La produzione è stata affidata a Banijay Studios Italy, realizzatrice di prodotti fra cui Un professore e Lea – I nostri figli.
Gli episodi sono ambientati fra Lecce, il Salento e Napoli e vedono come protagonista una donna transgender MtF. La vita che volevi è disponibile sulla piattaforma Netflix dal 29 maggio 2024. Per stessa dichiarazione del regista, la serie non dovrebbe avere un seguito.
… è stata pensata come serie limitata, il racconto di Gloria è un racconto che si chiude. (Ivan Cotroneo)
Gloria fra ricordi dolorosi e una nuova turbolenta realtà
Gloria gestisce un’attività turistica e artistica a Lecce. Dopo il difficile periodo di transizione, ha trovato nella città salentina il posto ideale per ricominciare una nuova vita. Un giorno si presenta Marina, sua amica di vecchia data, con cui ha litigato e da cui, pare, è stata abbandonata nel momento più difficile della sua esistenza.
Marina è prossima a partorire e con due figli, tutti avuti da uomini diversi. Sergio è il padre di Arianna, la secondogenita, ed è un magistrato, ancora innamorato di lei. Il nascituro è invece figlio di Pietro, individuo molto geloso e violento. Gloria scoprirà di essere il padre del figlio maggiore di Marina, Andrea, in piena fase adolescenziale.

La vita che volevi – Vittoria Schisano e Alessio Lapice in un frame
La protagonista cercherà di accettare queste novità e, nel frattempo, si adopererà per dare rifugio all’amica e ai suoi figli. In questo modo, Gloria incorrerà in situazioni al limite del pericoloso e sarà costretta anche a lasciare l’uomo che ama.
Dopo la morte di Marina, la nostra eroina affronterà il suo assassino e lo farà con l’aiuto del padre di Arianna. Allo stesso tempo, cerca di mettere in salvo i bambini e di trovare un equilibrio con quel figlio mai voluto ma a cui si è legata.
Volevamo raccontare una donna AMAB (Assigned Male At Birth), una donna transgender lontana dagli stereotipi, vera, fatta di carne e di sangue, un personaggio pieno di sfumature e anche di contraddizioni. (Monica Rametta)
Un banco di prova per la coppia Cotroneo e Rametta
I due autori si sono sempre distinti con narrazioni molto lineari, coinvolgenti ed emozionanti. Impossibile non ricordarsi della fiaba La kryptonite nella borsa o del coming of age dei tre protagonisti di Un bacio. Anche in La compagnia del cigno, per quanto ci fossero diversi protagonisti e le storie da raccontare fossero molteplici, sono riusciti a tenere bene il bandolo della matassa.
Questa volta, affrontando un tema più adulto, pare invece che si siano persi. Per quanto la storia sia interessante e le intenzioni siano palesemente delle migliori, il risultato è quello di una fiction confusionaria. Le avventure di Gloria e dei suoi coprotagonisti vengono miscelate in maniera disorganica e l’aspetto tecnico non aiuta.
All’interno di La vita che volevi gli autori propongono i seguenti argomenti:
- il rapporto fra una persona queer e la religione cattolica
- il rapporto fra una persona queer e la popolazione
- la fluidità sessuale
- la violenza sulle donne
- la malattia terminale
- la transizione MtF
- la genitorialità queer
- le relazioni amorose di persone queer
Di tutte queste tematiche, nessuna è approfondita in maniera adeguata e, per quanto se ne apprezzi lo sforzo di proporre argomenti così difficili a un pubblico generalista, il risultato non è dei migliori. Anche le continue battute comparabili a «Tu non mi conosci, non sai nulla di me» e «I figli sono sempre figli» sentite di continuo per tre puntate di fila diventano ridondanti e, alla lunga, fastidiose.

La vita che volevi – Vittoria Schisano e Giuseppe Zeno in una scena
Cotroneo e Rametta rimangono prigionieri della loro volontà di rappresentazione di una donna AMAB – per altro anche abbastanza edulcorata. Entrambi non riescono a mettere in luce tutti gli altri aspetti che hanno inserito nella sceneggiatura.
Del resto, lo stesso regista ha dichiarato: «… raccontando con Gloria una storia familiare, ci interessava porre il tema della famiglia al centro della narrazione» e quindi risulta curiosa la volontà di includere altre sfaccettature. Una sovrabbondanza di argomenti che ricorda l’ultima stagione di Un professore piuttosto che Noi siamo leggenda o Il clandestino.
Una regia un po’ distratta che coinvolge anche la parte tecnica
Cotroneo, esperto di cinema e televisione, è sicuramente attento alla modernità e, forse proprio per questa ragione, il suo lavoro è molto più vicino a uno show televisivo che a una rappresentazione filmica. Il montaggio, così veloce, quasi violento a volte, non lascia spazio per empatizzare con i personaggi e risulta compatibile con una modalità più legata ai social che al grande schermo.
La musica, poi, estremamente invadente, isola lo spettatore dalla parte emozionale. Per quanto si apprezzi la ricerca di brani, da De André a Bindi alla Vanoni e altri, questi sembrano messi perlopiù per marcare una conoscenza autorale più che a fini narrativi.

La vita che volevi – Bellarch e Vittoria Schisano, i personaggio queer della serie
Sono anche presenti alcuni refusi o leggerezze drammaturgiche, come l’airbag che non si apre dopo un incidente o il forzato espediente del medico che rivela a Gloria le condizioni di salute dell’amica. Gli autori sono rimasti legati a una narrazione più giovanilistica, tanto che la realtà della protagonista è spesso edulcorata – per quanto Lecce sia una bellissima città accogliente, è strano che tutta la popolazione accetti elementi inevitabilmente controversi come Gloria e la sua amica Eva.
Attori con belle sorprese e poche delusioni
Il cast attoriale è di buona levatura. Vittoria Schisano riesce a vestire perfettamente i panni di Gloria. Viene da chiedersi come mai non venga utilizzata più spesso sul grande e piccolo schermo, a prescindere dalla caratterizzazione del ruolo.
Giuseppe Zeno è Sergio, padre di Arianna, il quale riesce a compensare il suo morbo da termosifone sfiatato – citazione da un monologo di Giuseppe Battiston – con la sua intensità e presenza scenica. Pina Turco, ovvero Marina, paga il pegno di avere un personaggio talmente preso da ventordici modalità che non riesce a stare sempre inquadrata nello status del momento.
Alessio Lapice, giovane e promettente attore già visto in altri film e serie tv, ricorda troppo il maresciallo Calogiuri di Imma Tataranni – Sostituto procuratore con un piglio da psicopatico. Il suo viso assume un ghigno degno di Joker, forse troppo per ciò che doveva rappresentare. Nicola Bello, il giovane Andrea, figlio di Gloria, è una bella scoperta e ci auguriamo possa trovare spazio e modo per crescere professionalmente nel migliore dei modi.

La vita che volevi – Francesco Pellegrino e Pina Turco in un frame del passato della protagonista
I ruoli minori non sono da meno di quelli dei protagonisti e vengono interpretati più che dignitosamente. Bianca Nappi, che vediamo spesso fare personaggi caratterizzati del Sud e che interpreta il commissario di polizia, è una certezza. Anche Michele De Virgilio, attore d’esperienza e senza troppi fronzoli, riesce a donare e domare il personaggio di Ernesto, amante di Gloria. Francesco Pellegrino ha la parte di Gloria prima della transizione e la sua bellezza è decisamente funzionale al personaggio. Infine, Bellarch, giovane attrice transgender a cui è affidato il ruolo di Eva, personaggio soprattutto di alleggerimento, che riesce ad essere degna spalla. Un compito non così facile, che avrebbe potuto scadere in banali caricature.
Una serie da vedere anche se non ancora adulta
Nonostante la sceneggiatura non sia perfetta e alcune scelte registiche siano troppo portate a una modalità di costruzione moderna, la serie è evidentemente fatta da professionisti che conoscono il loro lavoro e lo dimostrano pienamente. Lodevole anche il coraggio di affrontare tematiche scomode – anche se lasciate in superficie – che mettono lo spettatore in una condizione di critica e pensiero sociopolitico.
Inoltre, è apprezzabile che ci siano diversi riferimenti/omaggi al cinema e al teatro del passato: da Mine vaganti (2010), con la scena della cena familiare dove il protagonista fa coming out – Cotroneo è coautore della sceneggiatura – a La dea fortuna (2019), con la madre malata terminale e una famiglia queer di supporto. Senza dimenticare alcune frasi che riportano alla memoria una delle maggiori opere di Eduardo De Filippo, Filumena Marturano.