Oggi si celebrano i Cento anni dell’Istituto Luce, custode di oltre 77.000 filmati e più di 5 milioni di fotografie che raccontano l’Italia dal 900 fino ai giorni nostri.
Tante le iniziative, tra proiezioni, mostre e convegni, atte a celebrare questo patrimonio multimediale di inestimabile valore; tra queste, l’opera digitale LUCE dell’artista Quayola, messa in scena nel maestoso Teatro 18 di Cinecittà, a Roma.
Immagini vitali e imperfette
L’opera LUCE è molto più che un’installazione: è una performance, un happening a tutti gli effetti, in cui le immagini dell’Archivio prendono vita sull’immenso ledwall del Teatro 18 di Cinecittà.
L’opera di Quayola è un componimento live, una coreografia di video e algoritmi, in cui l’intelligenza artificiale tenta di codificare il movimento e sintetizzarne l’energia.
Il risultato è un’intelligenza artificiale impazzita, succube di un’immagine imperfetta, e per questo vitale e potente: Quayola indaga così la “poetica dell’errore”, il confronto fra la pretesa di infallibilità dell’artificiale con l’incertezza e la probabilità dell’umano.
Osservare il loop di LUCE è un’esperienza che avvolge poco alla volta, bisogna concedersi il tempo necessario per assaporarne il concetto, ed è allora che, improvvisamente, si realizza con sgomento che quella sequenza di forme geometriche sono, o tentano di essere, volti, movimenti, composizioni di scene, energie di persone.
E questa è la parola chiave che porrà sempre una discriminante tra l’essere umano e l’intelligenza artificiale: l’energia.