L’esorcista è uscito al cinema 41 anni fa. È rimasto nel ricordo di milioni di persone per giorni e soprattutto notti intere. Ha terrorizzato intere generazioni, ma soprattutto ha formato i cineasti di tutto il mondo che hanno continuato ad ispirarsi al film horror più celebre della storia. Molti di questi però non si sono solamente ispirati, ma – spinti sicuramente dai produttori che, pienamente consapevoli di quanto questo filone fosse redditizio, hanno continuato ad investire su questo tipo di prodotti – ne hanno realizzato un’opera che, piuttosto di essere influenzata, potremmo definire tranquillamente derivata dal film di Friedkin. L’ultimo in ordine di uscita è proprio L’esorcismo – Ultimo atto.
Già solo tra i titoli ufficiali, se ne contano ben altri quattro:
- L’Esorcista II: L’eretico
- L’Esorcista III
- Exorcist: The Beginning (2004)
- Dominion – Diretto per altro da Paul Schrader, il film venne inizialmente scartato dalla Warner. Bros che poi decise di recuperare e di far uscire nelle sale solo per rientrare dai costi
- The Exorcist segna invece il reboot della saga diretto da David Gordon Green, a cui seguirà un secondo capitolo dove però sarà Flanagan a prendere il suo posto, considerando i scarsi risultati ottenuti da quest’ultimo capitolo.
Nonostante ogni film abbia cercato di aggiungere nuovi elementi rispetto al precedente, sono stati tutti accolti negativamente. La critica stroncandoli, il pubblico facendo risultare scarsi risultati al botteghino. Per quanto la mitologia dell’esorcismo e l’esoterismo abbiano sempre affascinato, la ripetitività dei film invece tedia.
Mentre quindi il primo film rimane un classico indiscusso nel cinema di genere, i successivi tentativi di continuarne la narrazione e di espanderla hanno continuato a deludere le aspettative per la mancanza di originalità, e diciamo pure di coraggio nel rinnovarsi. Purtroppo da troppi anni ormai ad Hollywood vige la certezza dell’usato garantito.
Ci sono poi gli esorcismi, chiamiamoli, apocrifi:
- L’ultimo esorcismo
- L’ultimo esorcismo – Liberaci dal male
- L’esorcismo di Emily Rose
- L’esorcismo di Anna Ecklund
- L’esorcismo of Molly Hartley
E le possessioni:
- The Possession – Il male ti possiede
- The Possession of Michael King
- The Possession Experiment
- The Possession of Hannah Grace
Ora al cinema con Eagle Pictures , a questa lista infinita si aggiunge l’ennesimo capitolo che esplicita dichiaratamente la mancanza di fantasia già nel titolo.
L’Esorcismo – Ultimo Atto è diretto da Joshua John Miller e M. A. Fortin, esordiente dietro la camera da presa.
Russell Crowe, dopo averlo recentemente visto nel ruolo di un altro esorcista ne L’esorcista del Papa, recita nei panni del protagonista, Anthony – Tony – Miller.
La Trama de L’Esorcismo – Ultimo Atto
Seguiamo Anthony Miller, un attore che sta cercando di riprendere in mano la sua vita dopo essersi disintossicato dalle sue dipendenze. Intanto sua figlia Lee è stata espulsa dalla scuola e torna a casa. I due hanno un rapporto turbolento a causa dell’assenza di lui che per molti anni si è allontanato dalla famiglia. Incredibilmente Anthony ottiene un ruolo da protagonista in un film dove dovrà interpretare un esorcista. Durante le riprese, alcuni eventi inquietanti destabilizzano la quiete sul set, ma soprattutto Anthony e la sua precaria salute mentale. Il suo squilibrio si dimostrerà essere frutto di una possibile possessione demoniaca.
Russell Crowe in una scena del film
Dio salvaci dalla banalità
Questo espediente narrativo, sebbene inizialmente promettente – un horror meta-cinematografico, meta-attoriale, dove un attore interpreta un attore, in un film se ne gira un altro, e dove i demoni sono figurati oltre che reali – si risolve presto in una serie di circostanze che sono già state ampiamente raccontate nel cinema moderno. La messa in scena e la creazione di uno stato di tensione che non si realizza mai vengono gestite con disarmante prevedibilità, portando ad un racconto che manca non solo di originalità ma soprattutto di tridimensionalità.
Uno dei principali problemi che il film presenta è infatti la scrittura. Si insiste in modo particolare sul rapporto tra padre e figlia senza mai però arrivare ad una qualche forma di complessità o di approfondimento nelle loro dinamiche relazionali: sono loro, presi singolarmente, a non esserlo in prima istanza. La loro profilazione psicologica è infatti quasi nulla. Come si può pretendere di raccontare un intreccio senza prima preoccuparsi dei nodi?
Ciò che lascia però sgomenti è l’assoluta mancanza di comunicazione e di legame tra Anthony ed il vero prete che lo affianca durante le riprese per aiutarlo ad affrontare il ruolo. In tutto il film, non si parlano mai. Vengono poi sparsi alcuni indizi lungo il film riguardo un loro eventuale precedente incontro – la pistola di Chekhov – che però non troveranno seguito nemmeno nel finale. Una pistola che spara a salve.
Finale che appare poi particolarmente confuso: senza spoiler, non è chiara la ricostruzione degli eventi. Appare quasi criptico, suggerendo una possibilità senza esplicarla. L’ermetismo trova una sua validazione nel cinema d’autore perchè si rivolge ad un certo tipo di pubblico che sceglie attivamente un certo tipo di cinema. Nel cinema commerciale invece – a meno che non si tratti di Nolan, perchè l’ambiguità è la sua cifra stilistica, e la ragione esatta per cui le persone guardano i suoi film, oltre l’evidente spettacolarità – lo spettatore giustamente si aspetta di essere intrattenuto e di uscire dalla sala senza particolari dubbi o, quantomeno, senza particolari dubbi indotti involontariamente dalla maldestria degli autori.
Neanche sul demone sono riusciti a distinguersi: il demone è infatti Moloch il mangiatore di bambini. Già citato all’interno della Bibbia come antico Dio babilonese a cui si offrivano, appunto, sacrifici di bambini, fa la sua comparsa cinematografica nel film Sinister del 2013 diretto da Scott Derrickson.
Padre e figlia in una scena del film
Un film horror senza l’horror
Quantomeno, dovrebbe intrattenere. Il film parte lento, nel tentativo sgraziato di costruire i personaggi. Fattore di per sé positivo, perchè così si strutturano i film horror che funzionano meglio sul piano drammaturgico, ma continua poi lento e scorre senza lasciare traccia. Un paio di jumpscare – a cui non segue mai nulla – sono largamente distanti dall’idea di paura così come dovrebbe essere intesa.
Lo spavento fine a sé stesso difficilmente è indicatore di un film horror che si pone su basi solide: al contrario è facile che, non riuscendo a sviluppare l’inquietudine internamente (ovvero attraverso pericoli reali perciò integrati nella realtà filmica e angosce proprie dei personaggi che scaturiscono dalle loro fragilità e non da quella dello script) si debba ricorrere costantemente a simili rimedi, intesi nel senso di interventi riparatori che proteggono da un altrimenti irrisolvibile noia – oltre che frustrazione per la reiterata proposta di cliché archetipici: il padre alcolizzato, la figlia ribelle, il ritrovo della fede. I preti pedofili!
Aspettiamo ben più di quanto sia ragionevole attendere prima che il demone inizi a palesarsi in qualche forma più concreta che non sia qualche delirio indotto dagli effetti della possessione. Anche quando si manifesta però, è del tutto incapace di spaventare: la sua minaccia per quanto tangibile è talmente semplice da non impressionare lo spettatore perchè consapevole della sua finzione. Il demone sfonda la quarta parete perchè il pubblico si accorge continuamente dell’artificio. Un buon film ti dovrebbe far dimenticare di star guardando un film. Un buon film horror dovrebbe farti sperare di star guardando un film.
Grande quanto attesa delusione: speriamo che i magri incassi che questa tipologia di film registra aiuti le major a comprendere la necessità di realizzare film horror maturi, perché il pubblico è pronto e li aspetta.