Umano, non umano è un lungometraggio di Mario Schifano prodotto nel 1969 come parte di una trilogia formata da Satellite e Trapianto, consunzione, morte di Franco Brocani. Il film partecipò originariamente alla 30ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, per poi essere restaurato nel 2009 dalla Cineteca Nazionale e ripresentato alla 66ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Trama di Umano non umano
Una serie di “quadri” si avvicendano: un uomo dopo avere assistito alla proiezione di un film di Godard e di alcune sequenze tratte da altri suoi film, si avvicina allo schermo e lo lacera. Il critico cinematografico Adriano Aprà espone alcune sue idee sulle funzioni del cinema nella società. Al centro di Roma, in piazza Colonna, sono raggruppati degli operai dell’Apollon in manifestazione. Lo scrittore Moravia passeggia solitario in riva al mare.
La recensione
Il battito incessante del cuore fa da sfondo a una lunga serie di immagini. Sembrano dipinti che si fondono nello schermo. Un critico d’arte le osserva e commenta, mentre il cuore in sottofondo continua a pulsare, affermando che la pittura è morta perché ci si è spinti troppo in là con la conoscenza scientifica. Con questo secco preludio, Schifano riproduce il divenire incessante alle altre arti. I dipinti diventano fotografie e poi frammenti di video. Un uomo, all’interno della sala cinematografica, lacera lo schermo riducendolo a brandelli. Il regista usa la macchina da presa come fosse un pennello per comporre un quadro in movimento di cui solo lui può coglierne appieno il significato. Un collage di linguaggi e materiali diversi, con apparizioni illustri. Ed è così che ritroviamo Carmelo Bene e Alberto Moravia, Mick Jagger, Keith Richards e Sandro Penna.
Etica contro estetica
Vediamo gli operai della Apollon manifestare in Piazza Colonna mentre una voce fuori campo racconta l’occupazione della fabbrica. Una danza di pezzi che si srotolano l’uno sull’altro, senza un apparente significato. Poi l’inquadratura cambia e diventa un campo lungo, una spiaggia. Un uomo si muove sulla battigia, lentamente. Sembra ciondolare pensieroso mentre si trascina verso la macchina da presa. L’immagine è volutamente storta, e l’uomo, giunto quasi di fronte all’obiettivo, barcolla e si riprende. É Alberto Moravia. Le immagini si fondono diventando vari strati che si amalgamano senza differenziarsi davvero tra di loro.
E poi un giovanissimo Mike Jagger che, con completo attillato e camicia bianca in tulle, canta e balla. Si autocelebra. Umano non umano è un raro caso di underground considerato il film più bello della storia del cinema da Nanni Moretti (così disse in un’intervista a Ghezzi). Un film che riesce a rendere la complessità dell’unico periodo storico nel quale in una stessa pellicola potevano coesistere personaggi come Alberto Moravia, Carmelo Bene, i Rolling Stones ma anche le lotte dei lavoratori, le loro istanze, le loro manifestazioni. É una giostra che gira a ruota libera e che documenta passeggiate per strada, artisti e poeti. Ma cos’è l’umano contenuto nel titolo?
Umano non umano è un film che cerca di stimolare l’intelligenza dello spettatore attraverso una narrazione poco lineare che conduce a diverse interpretazione: dalla lotta al cinema e alla società dell’epoca, alla disumanizzazione estrema che conduce all’estinzione del genere umano, senza abbandonare la speranza di una futura armonia. Filo conduttore è il discorso sociologico ed esistenziale sull’Occidente e sul suo declino. Una pellicola che si colloca perfettamente in quel filone di film e registi che hanno tentato di andare oltre le forme classiche della narrazione. Innovativo e sperimentale sotto ogni punto di vista, il film diventa trasfigurazione del mezzo davanti a sé, si fa portatore di un significato che si perde, così come già il più mordace Godard aveva messo a nudo.
«Fanno la politica dell’inattività. Fra tutte è la più estrema e la più difficile da sostenere»
Piccole curiosità sul film
La presenza di Mick e Keith in Umano Non Umano non è del tutto casuale. Schifano non solo ha frequentato Anita Pallenberg per un certo periodo, ma il film è stato anche prodotto dalla Mount Street Film, una società di produzione fondata da Pallenberg, Mick Jagger e Keith Richards con l’obiettivo di realizzare e distribuire film sperimentali.
Il regista Mario Schifano
Mario Schifano ha sempre vissuto una vita da star. Nato in Africa, cresciuto in Italia, ha viaggiato spesso negli States. Artista, pittore e regista, iniziò a lavorare con la macchina fotografica per poi proseguire con il video. In poco tempo diventò un personaggio importante del cinema underground sia negli Usa che in Italia. Emblema di ciò diventa il suo “Umano non umano” del 1969. E poi una carrellata di film sperimentali che diedero una dimensione autoriale alle sue opere, caratterizzandole per le inquadrature storte, il montaggio frammentario e lo stile povero, grezzo. Fatto quasi come per infastidire il pubblico.
‘The Hyperboreans’: incursione eclettica e inquietante di ciò che il cinema può essere