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‘All We Imagine As Light’: generazioni di donne indiane in cerca di identità

Una storia intergenerazionale al femminile, nell’India moderna

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Dopo aver vinto, a sorpresa, il Gran Prix della Giuria, secondo premio per importanza del Festival di Cannes 77, arriva al Cinema dal 10 Ottobre All We Imagine As Light, primo lungometraggio, dal sapore politico e sobriamente femminista, diretto dalla giovane e indipendente regista indiana Payal Kapadia.

La regista  ha debuttato quest’anno nella sezione in Concorso, a tre anni dalla vittoria dell’Œil d’or per il miglior documentario a Cannes con A Night of Knowing Nothing.

Il film premiato racconta, senza clamore apparente, le storie di tre donne che vivono situazioni di non-libertà, costrizione e trappole sociali, mantenendo uno stile riservato e poco appariscente, come le esistenze delle protagoniste, che portano avanti le proprie sofferenze ed insoddisfazioni personali appoggiandosi alla solidarietà le une delle altre, e cercando di trovare nuove evoluzioni a piccoli e misurati passi, senza però arrendersi.

Nella megalopoli indiana di Mumbai (un tempo Bombay), una città dove vivono oltre 22 milioni di abitanti, la vita delle donne comuni e delle loro esigenze e desideri, sembra perdersi senza speranza nell’invisibilità e nelle tradizioni radicate delle impari stratificazioni sociali, ma ciascuna generazione reagisce in maniera differente all’oscurità della ragione ed alla ricerca di una luce che illumini il cammino femminile, personale e collettivo.

All We Imagine As Light: nel buio della notte, immaginare la luce

Tale disparità ben traspare nell’approccio alla vita e all’amore, di Prabha (Kani Kusruti), un’infermiera esperta di mezza età, saggia e posata, e di Anu (Divya Prabha), una collega più giovane con la quale condivide una piccola abitazione.

Le due donne rappresentano due diverse generazioni, che vivono in modo differente l’amore e la piccola indipendenza economica derivante dal loro lavoro, ma in entrambe affiorano grande dignità ed umanità.

Prabha è una donna sposata ma il marito, che lavora in Germania (o così sembra) ed è partito quasi subito dopo il matrimonio, non dà alcun segno di vita da molto tempo, finché un giorno non le viene recapitata una lussuosa pentola per cuocere il riso, che lei nasconde senza usare, rimuovendo, con l’oggetto, anche il suo mittente, probabilmente il marito-fantasma.

La vita a Mumbay, una delle città più densamente popolate sulla costa occidentale dell’India, non è facile per nessuno ma, fra le due donne, entrambe trasferitesi dalla provincia per lavorare in un grande ospedale, si crea subito un sodalizio che porta, poco a poco, alla confidenza di segreti impronunciabili a voce alta per la morale corrente.

Anu, infatti vive un’appassionata ma segreta, storia d’amore con un giovane musulmano, Shiz (Hridhu Haroon): ai due è proibito frequentarsi e sposarsi a causa della loro differente religione.

Una gita al mare, per accompagnare al suo villaggio natale  la collega vedova Parvaty (Chhaya Kadam), sarà l’occasione per Prabha, anche a causa di un incidente sulla spiaggia nel quale lei salverà la vita a un uomo, per fare i conti col suo passato, rimosso e mai realmente elaborato, e per evitare il riemergere di lontane sofferenze. In questo spazio ‘neutro’, nella foresta  vicino al villaggio costiero di Ratnagiri, le protagoniste saranno libere di esprimere le proprie speranze e i propri sogni.

Un film contro le diseguaglianze, di genere, religione, classe sociale

All We Imagine As Light è un grande affresco dell’India moderna vista da uno sguardo che s’insinua nelle pieghe psicologiche, sociali ed etiche dei personaggi femminili, combattuti fra amore, tradizioni culturali, desiderio di libertà nelle scelte.

Unico faro, nel buio dell’incertezza, l’amicizia, il rispetto, il supporto delle altre donne che saranno sempre presenti una per l’altra: la regista infatti definisce il suo film come un racconto ‘di solidarietà ed empatia, girato quasi come in una famiglia’.

Dopo aver raccontato nel suo documentario  A Night of Knowing Nothing la storia di una relazione nata fra le rivolte che si accesero nelle università indiane nel 2010, oggi la regista indiana sembra fermarsi a fare una più profonda e globale riflessione su quelle che sono le difficoltà, in ogni generazione, per le donne del suo Paese, pur provenienti da diversi ceti sociali,  di non restare impantanate nell’esistenza quotidiana governata dalla cura degli altri, dal lavoro e da una cultura profondamente radicata che sembra tarpare loro le ali.

La regista Payal Kapadia spiega di aver dedicato particolare cura al casting per costruire un “mondo attorno alle sue due protagoniste, nel tentativo di trasmettere il senso di stagnazione vissuto dalle persone imprigionate in  situazioni senza speranza”.

Le varie forme dell’amore, elemento centrale dei suoi film, si sposano in All We Imagine As Light con un’evidente riflessione sulle tante forme di disuguaglianze – di genere, di classe e di religiose – ancora presenti nella società indiana, sulla vitalità e sul desiderio di emancipazione delle donne, che cercano strade sempre nuove per affermare la loro volontà di esistere e realizzare i propri sogni.

Fra gli interpreti: Kani Kusruti, Divya Prabha, Chhaya Kadam, Hridhu Haroon. Distribuzione Europictures.

 

 

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