Premio della giuria e per la migliore interpretazione a Un Certain Regard, L’Histoire de Souleymane, docu-fiction diretto da Boris Lojkine, tratta la storia di un immigrato della Guinea alle prese con l’inserimento nella capitale francese.
Souleymane (Abou Sangare) è un giovane di ventiquattro anni. Viene dalla Guinea e ha attraversato ben quattro stati, il mare e il deserto per raggiungere Parigi, una Parigi ben lontana dall’essere la città dell’amore. Una città caotica, rumorosa e poco rispettosa di lui. Lavora come rider per consegne a domicilio, sotto l’account di un altro collega: mentre corre in bicicletta per le vie trafficate, ripete continuamente il discorso che dovrà fare in pochi giorni per tentare di ottenere la cittadinanza francese. E poter finalmente iniziare una nuova vita.
Analizzare il tema dei riders non è una novità; di certo rimane attuale. Il film lo fa con un occhio vero, puro e senza filtri. La recitazione è sincera, la lingua spontanea, i dialoghi poco costruiti: tutto si avverte come se stessimo al fianco di Souleymane e delle sue disavventure.
Una fotografia documentaristica e poco artefatta accompagna una trama dura e toccante. Strabiliante l’utilizzo sapiente delle luci della città: i fanali delle biciclette, i fari degli autobus, i lampioni delle fermate, attribuiscono al film un look unico, assolutamente credibile e associabile alla nostra realtà. L’intervista finale, a composizione e ad anello con l’inizio, si pone come la perfetta coronazione del film e del suo titolo: la storia di Souleymane.
Il ragazzo dovrà infatti decidere quale storia raccontare, la sua o quella decisa per lui da altri. Un’inquadratura fissa lascia parlare il personaggio in tutta la sua sincerità.
In conclusione…
L’Histoire de Souleymane tratta un tema contemporaneo come l’inserimento in una nuova società tramite una ricerca sociale attenta e un rispetto sentito per una storia delicata di sacrifici e difficoltà.