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‘Mad Max’: uno sguardo alla saga prima di Furiosa

Da Interceptor a Fury Road: ripercorriamo i capitoli di una saga che ha fatto la storia del cinema d'azione e non solo

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Non è semplice paragonare George Miller ad altri registi della sua epoca. Il suo stile autoriale può essere decifrato come una ricerca incessante, un continuo incrocio tra generi differenti ininterrottamente sovrapposti e giustapposti. Il tutto tenuto insieme da una linea autoriale forte, che quasi sempre si muove tra l’epico e il grottesco. Persino i film per bambini e ragazzi sono leggibili alla luce di questo dualismo interpretativo. Dalla bizzarra epopea del maialino Babe in Babe va in città alla strampalata avventura del giovane pinguino Mambo in Happy Feet.

Il cinema di Miller è il progressivo ripetersi di uno stesso modo di fare cinema, soggetto naturalmente a variabili. Determinate anche dalle lunghe e frequenti pause di riflessione del regista, ma guidato sempre da una costante: un notevole piglio inventivo e una grande solidità autoriale. Senza dubbio, questa autorialità ha toccato l’apice nella saga di Mad Max. Che, oltre ad aver regalato la notorietà al regista, ha anche segnato un nuovo inizio – o persino più di uno – nella storia del cinema moderno.

Il debutto “western” di Miller e di Max: Interceptor (Mad Max)

Corre l’anno 1979 quando esce nelle sale Interceptor, il folgorante debutto di George Miller. Film che lancia Mel Gibson proprio nel ruolo di Max e che, per ben vent’anni, rimane la pellicola uscita in sala con il minor costo ed i maggiori incassi. Miller, per plasmare quell’ambientazione dalle sfumature postapocalittiche che avrebbe contribuito a renderlo celebre, attinge a piene mani dall’immaginario western, fondendolo con il poliziesco e con il cinema violento americano. Interceptor è, di fatto, un western crepuscolare. Ambientato nel futuro, anziché nel passato, fa leva sulla fascinazione quasi erotica delle automobili e degli incidenti stradali: le fantasie metalliche portate alla luce da J.G. Ballard nel suo capolavoro postmoderno Crash, uscito solo sette anni prima e che ha poi acquisito notorietà grazie a David Cronenberg nel 96.

La distopia dove agisce l’eroe/antieroe Max, una sorta di società semi-anarchica dove l’automobile rappresenta il centro dell’economia ma anche il centro del confronto tra stato e criminalità, rivela l’assenza di virtù morale che è insita nel consumismo. Un consumismo che, in mancanza di uno Stato forte, trasforma il mondo in un luogo di degrado e degenerazione dove dar sfogo alle pulsioni più violente. Miller, che ad ogni modo vuole fare un grande film prima che un film politico, si avvale di un montaggio moderno e frenetico che ricalca i ritmi della società di consumo e quelli delle pubblicità. Ma che, sotto l’aspetto puramente stilistico, guarda soprattutto a Godard e più in generale alla Nouvelle Vague, distaccandosi da esempi più classici. In questo primo film il regista australiano – almeno a livello narrativo – si prende i suoi tempi. In quella che forse è la scena più importante del film, (la scena della violenta morte della figlia e della moglie di Max) cita esplicitamente M – Il Mostro di Dusseldorf di Fritz Lang, dimostrando il suo talento e dichiarando il suo amore per il grande cinema muto (che poi diventerà ancora manifesto in Fury Road).

Insomma, Miller riesce nell’impresa di realizzare un coltissimo ed elaboratissimo film a basso budget che diventerà un cult, forgerà uno stile e definirà un intero genere.

Mad Max

L’incubo atomico secondo Miller: InterceptorIl guerriero della strada

Ma sarà il secondo capitolo, InterceptorIl guerriero della notte a incoronare definitivamente Miller come maestro del cinema d’azione. Tutto ciò che Interceptor (Mad Max) era stato si rinnoverà in forma superiore, grazie anche a un budget maggiore e alla suggestiva fotografia di Dean Semler. In questo secondo film assume un significato particolare la psicosi atomica, questione cara a tutta la letteratura americana postmoderna ed estremamente attuale ai tempi, che era già stata portata su schermo da Stanley Kubrick ne Il Dottor Stranamore e sarebbe stata ripresa con grande efficacia due anni dopo da Nicholas Meyer in The day after, oltre che in molti altri film. Interessante come il regista australiano, per plasmare lo scenario post-bomba che fa da cornice alla storia di Max, utilizzi nuovamente il genere western.

Questa volta però avvalendosi di schemi visivi e narrativi un po’ più classici rispetto al capitolo precedente, che sembrava guardare più ai violentissimi, realistici e sporchi film di Sam Peckinpah, piuttosto che agli ampi e aridi paesaggi disegnati da registi come John Ford e Sergio Leone. Anche qui chiaramente la violenza, anche estrema, non manca. Anzi. Si conferma, almeno in apparenza, come un elemento fondamentale del suo cinema, soprattutto nel rapporto tra violenza e sessualità. E nel continuo incontro/scontro tra l’erotismo di alcuni corpi e la repellenza di altri.

Mad Max

La svolta “per famiglie”: Mad Max oltre la sfera del tuono

Nel terzo capitolo della saga, Mad Max oltre la sfera del tuono, Miller abbandona in parte il pessimismo che aveva contraddistinto i primi due film. È infatti il film meno cupo e, in un certo senso, più starwarsiano di tutta la saga. Il più hollywoodiano e forse anche il meno interessante. Qui non c’è traccia – ad eccezione del movimentato finale – di inseguimenti e di scontri in auto. Ma il film risulta nel suo complesso una buona pellicola per famiglie. Anticipando così, la transizione del regista australiano a un tipo di cinema apparentemente diverso: il cinema per bambini e ragazzi che si concretizzerà in prodotti come Happy Feet e Babe va in città.

Il capolavoro di George Miller: Mad Max Fury Road

Al termine di questa trilogia sospesa, trascorreranno trentacinque anni prima di tornare a vedere Max Rockatansky sul grande schermo. Il progetto, ritenuto politicamente sensibile, fu rimandato più e più volte. Prima a causa dell’attentato dell’11 settembre, poi per lo scoppio della guerra in Iraq. In seguito ad un travagliato processo che vide numerosi cambi di location e di cast, solo nel 2015 il film è uscito nelle sale. Difficile trovare le parole per quello che forse è considerabile il più grande film d’azione di tutti i tempi, quasi impossibile individuarne le influenze.

La dimensione pittorica dello stile registico di Miller, già espressa in forma diversa nell’ottimo melodramma L’olio di Lorenzo, qui assume proporzioni epiche. Per la cura dei dettagli e la suggestiva monumentalità delle inquadrature sembra di trovarci davanti al miglior Coppola. Ma questo pittoricismo viene traslato in un formato action, che conferisce all’opera l’estensione classica del grande film. Ma non basta. Le radicali e compiaciute irradiazioni grottesche e weird animano tutto il film. Ed è proprio per queste qualità spinte al limite del ragionevole che l’opera di Miller sfiora il sublime e diventa capolavoro.

La saga di Mad Max torna nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 23 maggio con Anya Taylor Joy nei panni di Furiosa. La pellicola  presentata in anticipo (e applauditissima) al Festival di Cannes, a livello qualitativo sembra ricalcare le orme del film precedente. Per approfondire potete leggere il nostro articolo a riguardo: ‘Furiosa: A Mad Max Saga’, il Coming of Age di Furiosa – Taxidrivers.it

FURIOSA: A MAD MAX SAGA | TRAILER UFFICIALE #2 – YouTube

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