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‘Anora’: le sex worker possono ancora sognare?

Un nuovo tassello del talentuoso regista americano. Al cinema

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Ridiamo a più non posso ed empatizziamo subito con l’eroina di Anora, vincitore della Palma d’oro al 77º Festival di Cannes e ultimo film di Sean Baker:  un nuovo tassello del talentuoso regista americano, dedicato alle sex worker.

Il film è al cinema dal 7 Novembre  distribuito da Universal Pictures. 

Anora, detta Ani, è una giovane sex worker russo-americana che vive alla periferia di Brooklyn. Una notte, nel locale in cui lavora, conosce Ivan, un ragazzo russo figlio di un oligarca. Diverso da tutto il mondo maschile che circonda quel luogo, Ivan la invita a casa sua ed Anora resta esterrefatta, non solo dal lusso estremo in cui si imbatte, ma anche dalla personalità del giovane. Ivan ha l’entusiasmo di un bambino: gioca alla playstation, fuma, beve, ride e la coinvolge, è spontaneo, la tratta come una persona normale. Poco dopo Anora diventa la sua escort, di fatto, la sua ragazza. Il rapporto tra i due arriva improvvisamente al dunque: Ivan propone ad Ani di sposarlo. Incredula, la giovane pensa sia un gioco, ma Ivan pare non scherzare affatto. Ani fa cadere ogni barriera di ragionevolezza e sposa la sua favola: accetta. Da questo momento, prepotentemente, sui due giovani si abbatte la realtà: la famiglia di Ivan, appena saputa la notizia, è pronta a partire dalla Russia per cancellare all’istante ciò che il loro stupido figlio ha fatto.

Sean Baker ci getta in un calderone di azione, di situazioni assurde e deliranti, che incrementeranno la valanga pronta a travolgere Anora. Che non vuole rinunciare al sogno, anche di fronte ad un Ivan in fuga alla notizia dell’arrivo dei genitori dalla Russia con un aereo privato. Una notte, alla caccia del ragazzo, con Ani al seguito dei body guard di Ivan, difficile da dimenticare.

Il reale è ormai artificio

Girato in 35 mm, Anora è uno sguardo dolce e crudele su una favola impossibile. Dominato da una regia mobile,  che si avvinghia a Mikey Madison, davvero all’altezza del suo primo ruolo da protagonista, dopo le apparizioni in C’era una volta a… Hollywood (“Sadie”Atkins) e Scream (Amber Freeman). La macchina da presa padroneggia totalmente la storia, aggirandosi abilmente tra le nudità, il sesso, le stanze affollate del Club e le camere della villa miliardaria. I due mondi, apparentemente, non sembrano avere confini. Ani li scavalca vestita da escort ma mantenendo quella dignità che lo stigma del sex worker vuole a tutti i costi annullare su di un essere umano. La vera vergogna non è il lavoro di Ani ma l’arroganza e la prepotenza che il denaro concede a chi lo possiede oltre qualunque misura di ragionevolezza. L’irresponsabilità di poter giocare sulla vita di altre persone (come fa il bambino pieno di soldi e sempre felice Ivan).

L’umanità vera, che fatica, che lascia il proprio Paese per una vita migliore non perdendo mai le radici, che si attacca al significato del nome, riconosce Ani come persona, la rispetta: Igor (il magnetico Yuriy Borisov, roccia gentile di Scompartimento n. 6) uno dei due scagnozzi a caccia di Ivan, è la vera alternativa al sogno di Ani.

Rispetto al precedente Red Rocket, Anora manca di un nero grottesco, implacabile, che affossa senza riserve qualunque riscatto. Il fallimento, in Anora, appare più ‘indulgente’: uno sguardo quasi impotente, che si ferma alla pura, terribile constatazione di un’America sempre più smembrata, perduta.

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