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Taxidrivers Magazine

Betty Wrong e Vila: dense visionarie

Appunti discontinui e cinefili. Uno sguardo sul cinema d’autore. Rubrica a cura di Maria Cera

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Betty Wrong è una creatura tutta da scoprire.

Figlia di farmacisti, laurea in Farmacia con specializzazione in Farmacologia, eppure odia la chimica. Ardente amante della letteratura, viene segnalata dallo scrittore Gian Antonio Cibotti ad piccola casa editrice di Pordenone. Fa così il suo ingresso nell’universo editoriale in veste di lettore. Accede in Bompiani come ufficio stampa, ma quel ruolo non la soddisfa. Vuole stare ‘nel libro’, non girarci attorno. Resiste, e poco dopo approda in redazione…

Oggi Elisabetta Sgarbi (alias Betty Wrong) è il direttore editoriale della Casa Editrice Bompiani. Ha ideato, e da undici anni lo dirige artisticamente, il festival La Milanesiana: un tema specifico è il conduttore della contaminazione tra le arti e  le eterogeneità culturali di tutto il mondo. E densa visionaria. Sono giunta a lei a ritroso: il suo nome mi attraversava come un sibilo, da lontano… Dai media, nei festival… Il sibilo mi mormorava video-arte. Una donna di lettere, direttore editoriale in Bompiani, sorella del noto Sgarbi, che si diletta in ‘visioni sperimentali’. Ero curiosa. Anche Ghezzi mi pare ne parlasse… Forse qualche breccia mentale me l’ha data pure lui con titoli che ho scorso nella programmazione di Fuori Orario e che ho saltato. Nei Festival il sibilo si sovrapponeva e veniva scalciato in un ‘Più in là’ da cineasti da non perdere, da pezzi da scrivere, scomparendo ed annullandosi in un ‘Alla prossima occasione’. Intanto le sue produzioni visive crescevano, e Franco Battiato, unito a lei nell’apporto musicale, manteneva il mio sibilo vivido.

L’occasione è arrivata all’ultima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. Sveglia alle 7.00, l’ultimo giorno-mattina per recuperarla in proiezione non stampa, di corsa al Teatro Studio dell’Auditorium a dare immagine e voce al sibilo. Il viaggio della signorina Vila, presentato fuori concorso in Cinema XXI, la sezione più ‘sperimentale’ del Festival, è la prima parte di un documento (tario) di immagine e parola, dedicato a Trieste, luogo di sospensione fisica e mentale tra i più destabilizzanti.

Stupore e densità a prima vista. Il viaggio tra realtà e finzione che mi assorbe affossa le sue radici in due testi letterari: Il mio Carso di Scipio Slataperun poeta sloveno poco conosciuto ma di grande intelletto e profondità. E.S.   – e Irredentismo adriatico di Angelo Vivante. “Inizialmente avrei voluto parlare di San Pietroburgo, perché cercavo una città che fosse una porta sul mondo. Poi ho riflettuto sul fatto di aver sempre interagito con Trieste ma di non averla mai conosciuta a fondo e quindi, in accordo con Rai Cinema, ho cambiato idea e ho deciso di esplorarla e raccontarla con un taglio che amo, una commistione tra il documentario e la finzione”. Vila, centro della passione e delle righe del giovane Scipio Slataper, attraversa con la sua eterea immanenza una Trieste ancora più rarefatta. Vila è un’essenza (resa nel frangente di corpo e anima dall’empatico movimento interiore ed esteriore dell’attrice slovena Lucka Pockaji): si muove senza parlare, un fuori campo (della stessa Pockaji) in risposta al richiamo di Scipio (estrinsecato, nelle sue parole d’amore, da uguale corrispondenza parlata, di Toni Servillo).

“Il mio film è la storia d’amore tra un uomo e una donna di un altro tempo, caduti nella Trieste di oggi ma è anche la storia d’amore di un intellettuale che si scambia e si specchia con il proprio passato, reale e letterario, e il passato della sua città, oltre ad essere la storia di generazioni, una storia di mari e di venti”. La Sgarbi tocca luoghi poco noti – e  i suoi dintorni:  Opicina, frazione del comune di Trieste situata interamente nel Carso, una delle zone a maggior presenza slovena –  affidandosi ad una macchina da presa sinuosa, plastica e penetrante nel toccare ‘fisicamente e animisticamente’ emblemi-simboli della peculiarità tragica e avventurosa di questa straordinaria centrifuga di passaggi esistenziali e storici: la sinagoga, il grande gasometro in bilico nella sopravvivenza, il porto vecchio in disuso, conteso nella destinazione della sua riqualificazione, l’ospedale psichiatrico chiuso da Basaglia nel 1980, il vecchio bagno Kasher Pedocin, unico in Europa, stabilimento per ‘ebraici’ – un muro di tre metri che divide gli uomini dalle donne, un secolo di storia lo ha attraversato – … Si affida a guide speciali nel raccontare i dolori, le illusioni, la strana potenza attrattiva di questa città: da porto franco, all’occupazione tedesca e jugoslava, alle ferite fasciste.

Mauro Covacich, Luciana Castellina, Claudio Magris, Gillo Dorfles, alcuni di questi. Emozionanti, nella illuminazione infantile della rievocazione, le parole di bambino-vecchio del poeta sloveno 99enne Boris Pahor (testimone incredulo di quanto potesse essere accecante e impetuosa la violenza), sull’incendio della Casa della Cultura Narodni dom del 13 luglio 1920, probabile azione di squadristi. Passione, ossessione, approfondimento. Materia e visione. Il viaggio della signorina Vila contiene tutto questo con un respiro dilatante: respiro della natura, respiro degli spazi, che l’immagine attraversa ed assorbe, evacuando tutta la fascinazione di un’osservazione rivelata, catturata, impressa nella potenza ‘demistificante’ e liberatoria di tappe vissute, pregne di esistente-nza. Di vita.

La colonna sonora di Franco Battiato intensifica-interiorizza-estrinseca una scoperta (la mia) di un occhio sensibile, saldo e sicuro nella direzione di senso e significato da imprimere a ciò di cui si appropria, dotato di una formidabile introspezione plastica del particolare. Approfondimento di Betty Wrong assicurato.

www.bettywrong.com

Maria Cera

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