Pochi registi si sono sacrificati per la loro arte tanto quanto Mohammad Rasoulof. Il regista iraniano che, negli ultimi anni, ha affrontato costanti pressioni legali da parte del governo della sua terra, per i suoi film provocatori.
Rasoulof, che è stato arrestato ed imprigionato in diverse occasioni, presenterà il 24 maggio il suo ultimo lavoro al Festival di Cannes. Purtroppo, settimane prima che il film debuttasse sulla Croisette, Rasoulof è stato condannato a otto anni di reclusione e fustigazione in Iran.
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La sentenza è stata vista come un tentativo volto a costringere Rasoulof a ritirare il suo lungometraggio dal Festival. Ma l’autore è immediatamente fuggito dal paese autoritario, trovando rifugio in Germania. Dunque, rimane la speranza che Mohammad possa partecipare alla Premiere di questa settimana.
In una nuova intervista con The Guardian, condotta in una località segreta, Rasoulof ha condiviso alcuni dettagli della sua fuga dall’Iran, e come, nonostante le difficoltà, non abbia mai smesso di fare cinema.
Le testimonianze del regista
“È stata una camminata lunga diverse ore, estenuante ed estremamente pericolosa, che ho dovuto fare con una guida”,
ha detto Rasoulof sulla sua fuga segreta in un rifugio sicuro oltre confine.
“Sono dovuto rimanere lì abbastanza a lungo prima che potessero trasferirmi in una città, e da lì in un luogo dove potessi essere in contatto con le autorità tedesche”.
Mentre l’autore accetta che probabilmente dovrà tornare in Iran e, quindi, affrontare la pena, ha spiegato che la sua fuga è stata motivata dal suo desiderio di fare film importanti per lui, mentre ha ancora a disposizione la sua libertà.
“Ho scritto molti progetti quando ero in prigione, e ho sempre pensato che se fossi rimasto in prigione per anni, non avrei avuto la forza o la capacità di fare questi film”,
ha detto.
“Quindi, prima devo realizzarli, poi dopo, è sempre ora di tornare indietro e andare in prigione… La mia missione è riuscire a trasmettere la narrazione di ciò che sta accadendo in Iran e della situazione in cui noi iraniani siamo bloccati. Questa è una cosa che non posso fare in prigione”.
Il regista ha continuato suggerendo che, l’interesse del governo iraniano per lui, deriva dal desiderio di silenziare altri registi. Rasoulof spera che il suo coraggio possa ispirare altri registi, in situazioni simili, a trovare modi per continuare a fare arte.
“Stanno solo cercando di spaventare e allontanare tutti da ogni tentativo di fare film, esprimersi o usare la propria libertà, a causa di questa illusione di controllo”,
ha detto.
“E quindi il mio messaggio ai miei colleghi, agli altri registi, è: ci sono sempre dei modi”.
Fonti: IndieWire.