Nicolò Folin è un giovane regista classe 2002, che studia al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma, la più prestigiosa accademia di cinema in Italia.
Prodotto dalla stessa scuola e distribuito da Premiere film, il suo cortometraggio In Spirito debutterà questo martedì 22 Maggio alla Croisette, per la sua anteprima mondiale.
Il film è stato selezionato nella sezione La Cinef, sezione del festival appositamente dedicata ai film prodotti dalle scuole di cinema provenienti da tutto il mondo. Questo short film di Folin è l’unico selezionato tra i progetti dei nostri atenei, che si aggiunge ad altri due titoli italiani a cui, pur competendo in categorie differenti (Parthenope di Sorrentino in competizione ufficiale, mentre I Dannati di Minervini è nella sezione Un Certain Regard), In Spirito può vantare di affiancarsi.
Trama
1499, Viterbo. Lucia, giovane suora venerata come santa, le cui stigmate sono ormai ovunque celebri, diventa l’oggetto desiderato dal duca di Ferrara Ercole D’Este, che la vorrebbe per sé. Ordina quindi ai suoi uomini di rapirla per portarla a corte. Il cortigiano Zoanin ha premura di lei, venerando la sua santità.
Ne ha timore e reverenza. Poi, però…
Beatrice Bartoni interpreta suor Lucia
La sacralità della passione
Passione: dal latino passio, che significa soffrire, subire. Nel senso etimologico e proprio del termine, la passione, nella tradizione cristiana, è quindi quella di Cristo.
E di chi, per lui e assieme a lui, muore. La passione può quindi sì essere motivo di gioia e contentezza, come viene oggi intesa, ma sempre dovuti e derivati da una sopportazione, da una sublimazione della sofferenza, sia essa fisica o spirituale. Spesso, il connubio tra le due diverse dimensioni, e la sua sovrapposizione, porta a quella che chiameremmo estasi.
Anche trasumanare, per citare le parole di Dante: la condizione per la quale l’uomo supera la propria misura e conosce proporzioni e spazi propri del divino. Sia essa di carattere religioso o abbia connotazione puramente terrena, essa si traduce nel raggiungimento di uno stato catartico, di intima purificazione, che avvicina l’uomo ad una dimensione altra. Almeno, così possiamo leggere nelle Vite dei Santi o per diretta testimonianza di chi dichiara di essere stato rapito in un simile stato. La passione è quindi tra le più importanti e significative condizioni che elevano l’anima, avvicinandola ad un dio vero o presunto.
Todo modo
Lucia è vittima della sua passione, che la rende martire di se stessa. Una falsa santa ma realmente contrita – e convinta – nel suo disperato tentativo di raggiungere la comunione con Dio. La voluntas in questo ha sicuramente un valore: la santità non può essere raggiunta attraverso percorsi casuali o improvvisati.
Un cult purtroppo dimenticato di Elio Petri, che vede tra i suoi protagonisti Gian Maria Volonté in un ipotetico quanto mai rappresentativo Aldo Moro e Marcello Mastroianni nelle vesti di un prete luciferino e calcolatore, è il film del 1976 Todo Modo, abbreviazione della locuzione latina Todo modo para buscar la voluntad divina, ovvero: “Ogni mezzo per ottenere la volontà divina”. Che, in ottica laica, potrebbe essere tradotto con il machiavellico il fine giustifica i mezzi.
Quando la devozione e lo zelo apostolico – il desiderio di seguire Cristo nel suo itinere di beatitudine – sono tali da trasformarsi in fervore ossessivo, la cecità del dogma non è più traducibile nella fede e la fiamma del peccato arde più ferocemente di quella della virtù. Nel tentativo di avvicinarsi a dio, il rischio è di allontarcisi. Si commette la vanesia hybris: tracotanza e superbia nel segno di una ricerca inattuabile.
Mise en scène
Folin, nonostante la giovane età, coglie perfettamente i segni di un tempo lontano, recuperabile solamente tramite l’estro di una vivida e fervida immaginazione ma anche attenzione filologica al dettaglio. I volti degli attori – e quindi, anche dello stesso Folin, che nel film recita – così come i costumi e gli arredi, i panneggi delle vesti, ricordano splendidamente i volti di santi e madonne rinascimentali, così come i suoi eroi tragici. Nel 1499 infatti il Rinascimento toccava il suo apice: contemporaneamente in Italia operavano artisti quali Michelangelo, Leonardo, Botticelli.
Beatrice Bartoni nel ruolo di suor Lucia sembra una Madonna del Bellini, mentre lo stesso Folin, vestito da alabardiere, pare uscire vivo da una tela raffaellesca.
La ricerca stilistica si accompagna a quella testuale: la scelta di attenersi all’italiano volgare del tempo, per quanto ne renda più complessa la codifica, restituisce genuinità e naturalezza al contesto storico e geografico di riferimento.
La capacità di condensare in quindici minuti un racconto di tale portata, dove temi quali angoscia e pietà si fondono nella necessità di abbandono e prostrazione, per una ricerca di senso nella disperazione dell’esistenza, è encomiabile. Sperando non si tratti di una meteora, attenzione a Nicolò Folin, giovane promessa del cinema italiano
Scritto da Nicolò Folin e Francesco Bravi, il film è interpretato da Beatrice Bartoni, Marco Folin e dallo stesso Nicolò Folin. La fotografia è di Enrico Licandro, mentre il montaggio e le musiche sono rispettivamente di Bianca Vecchi e Lorenzo Barcella. Le scenografie di Vanessa Bondesani, i costumi di Rita Guardabascio, il suono di Samuele Infantone, il montaggio del suono di Antonio Stella e Tommaso Libero di Lorenzo, il mix di Rainer Russo. In qualità di produttori esecutivi Arianna Pecorella e Anna Giuliano.