Boy nasce nel 2005 nei cantieri del Sundace Writer’s Lab, ma bisogna aspettare il 2010 per vederlo sul grande schermo e con il titolo attuale – inizialmente il progetto si intitola Choice, poi cambia nome in The Volcano. Presentato al Sundace Festival, lancia Waititi nel panorama internazionale, presenta la sua ironia al mondo e getta le basi dei suoi futuri lavori.

Boy La trama
Boy (James Rolleston) ha undici anni ed è orfano della madre. Ama Michael Jackson e vive in una topaia insieme alla nonna, al fratello più piccolo e ai suoi cugini. Un giorno la nonna gli dà l’incarico di badare ai più piccoli per qualche giorno, mentre lei sarà in viaggio. Tutto sembra procedere per il meglio, quando all’improvviso riappare il padre, Alamein (Taika Waititi), un buono a nulla appena evaso dal carcere e alla disperata ricerca di denaro.

Le tematiche di Boy e lo stile di Waititi
Dando un primo assaggio della sua lucidità di sguardo e della capacità di fare ironia del dramma – le caratteristiche che faranno di Jojo Rabbit una perla di scrittura -, Waititi affronta qui il tema della famiglia e del trauma familiare. In entrambi i film, i giovani protagonisti si trovano ad affrontare il vuoto lasciato dall’assenza della figura paterna e i mentori che intervengono – in Boy è proprio il padre, mentre in Jojo Rabbit è in Hitler in persona – sono figure sgangherate al limite del demenziale, stupidamente egoiste e ingenuamente perfide. La brillantezza di Waititi sta nel rendere queste figure, così dannatamente stupide, dei punti di riferimento essenziali per i loro discepoli. Una trovata che offre infiniti spunti di comicità e riflessione.
Boy vede il padre Alamein come un eroe e vuole assomigliargli, perché ha troppo bisogno di lui per accorgersi delle sue mancanze. La formazione, in questo senso, si concretizza nel rendersi conto che non c’è soluzione più sbagliata, e anzi che conviene ribellarsi, andare nella direzione opposta.
Ciò è credibile soltanto se anche la figura materna comincia a mancare. Questo perché Waititi idealizza il ruolo della madre, lo concepisce in maniera perfetta. Ed è quindi costretto a sacrificarlo per rendere possibile il passaggio dall’infanzia/adolescenza all’età adulta.
Tra i due film non ci sono solo somiglianze. Una delle grandi differenze, per esempio, sta nel contesto: Jojo Rabbit è calato in uno scenario narrativamente più accattivante, quello della Germania della Seconda Guerra mondiale, mentre Boy è ambientato in Nuova Zelanda, di cui Waititi è originario.
Di conseguenza, se da un lato il primo può risultare più potente, il secondo è certamente più personale. Waititi si serve di campi lunghi per mostrare il paesaggio, ma non manca di inserire dettagli delle abitazioni e dei luoghi pubblici. Allo stesso tempo, per quanto concerne la scrittura, riesce a trovare un equilibrio tra la cultura locale, quella maori, e quella americana simboleggiata, per dare un esempio, da Michael Jackson.