L’International Documentary Film Festival Vienna (maggio 16 – 24) ospita, in anteprima mondiale, Porajmos, il cortometraggio documentario della durata di 3 minuti, diretto da Giovanni Princigalli.
Una testimonianza rigorosa sul genocidio di Rom e Siti.
L’Anniversario della rivolta degli zingari
Giovanni Princigalli presenta il suo cortometraggio al più importante Festival dedicato ai documentari che si svolge in Austria. L’avvio dell’International Documentary Film Festival 2024, la sua diciottesima edizione, coincide con l’Anniversario della rivolta dei Rom e Siti rinchiusi ad Auschwitz, sedata, da parte dei nazisti, con lo sterminio di tutti gli zingari imprigionati nel lager tedesco.
Il cortometraggio realizzato da Giovanni Princigalli, regista e ricercatore, appassionato d’antropologia, è dedicato, appunto, alla memoria dei Rom e Siti sterminati dai nazisti, durante la Seconda Guerra Mondiale. Un genocidio di circa un milione di uomini, donne e bambini, considerati una piaga dal regime di Adolf Hitler.
Porajmos è composto da immagini e musica offerti dal Museo dell’Olocausto degli Stati Uniti, senza ricorre alla voce narrante. In soli tre minuti, con sobrietà e rigore, il regista mostra la vita dei Rom e Siti, prima e dopo la persecuzione perpetrata dei nazisti e fascisti. È sempre utile ricordare, infatti, che questo genocidio, alla pari di quello ai danni degli Ebrei, è stato possibile con la complicità dell’intera intelighenzia dei paesi europei alleati con il Terzo Reich.
Come ricorda una didascalia, sul finale di Porajmos (che significa divorare o violenza sessuale), tra il 1940 e il 1943, il regime fascista ha costruito 23 campi di concentramento per i Rom e Siti, stanzianti in Italia ormai da secoli. Nel nostro Paese, come del resto in tutta Europa, i Rom e Siti sono presenti almeno dall’XII secolo e sono stati quasi sempre perseguitati e vittime di una forma di razzismo, definita antiziganismo.

Porajmos come Notte e nebbia
Giovanni Princigalli, con il suo contributo filmico, offre una preziosa testimonianza di carattere etnografico, ma non solo, su un genocidio poco noto, avvenuto nel cuore dell’Europa. Porajmos, nella sua breve durata e nell’immediatezza delle immagini, trasmette il calore del popolo Rom e Siti. Danze e canzoni, danzate e cantante da uomini, donne e bambini. Ma subito dopo, però, giunge la raccapricciante visione dei lunghi treni dei nazisti, al cui interno migliaia e migliaia di Rom e Siti trasportati verso Auschwitz.
Il regista e autore del cortometraggio preferisce non aggiungere nulla alle testimonianze filmate dell’epoca. Una scelta che inevitabilmente riporta alla mente Notte e nebbia di Alain Resnais, probabilmente la prima opera cinematografica che mostra i crimini dei nazisti, film preso da esempio dai Les Cahiers du cinema, per mostrare, con rispetto e senza espedienti spettacolari le atrocità del regime di Hitler. Giovanni Princigalli utilizza lo stesso vigore, nella scelta dell’immagine, allo stesso tempo, offre la possibilità di partecipare a un viaggio nella storia di un popolo da sempre perseguitato.

Un caleidoscopio culturale
La narrazione di Porajmos ha un prima e un dopo, come il razzismo nei confronti dei Rom e Siti che ha radici nel passato, ma ancora presente nella società di oggi. Un odio basato su false credenze, tramandante per secoli e che trovano sostegno nell’antropologia criminale e nelle teorie di Cesare Lombroso.
Rom e Siti, solitamente chiamati zingari, sono due popoli nomadi che vivono in Europa. I primi sono diffusi soprattutto in Italia e nei paesi dell’est, i secondi, invece, vivono maggiormente in Inghilterra e Germania. Di solito si è abituati a considerare questi popoli come un unico monolitico, nulla di più sbagliato. I loro usi, costumi e tradizioni formano un caleidoscopio culturale molto vario, trasmesso da generazione in generazione oralmente.
L’origine dell’antiziganismo
La persecuzione o forma di controllo nei confronti di Rom e Siti inizia prima dell’avvento del nazismo. Risale al 1919, durante la Repubblica di Weimar l’istituzione del Centro tedesco per la lotta contro la piaga zingara. In poco tempo, vengono schedati circa trenta mila persone, tra questi molti bambini, come viene mostrato in Porajmos.
Con la presa del potere di Hitler la persecuzione diventa dichiarata e nel 1933 vengono emanate le Leggi di Norimberga, con le quali il regime nazista si pone l’obiettivo di protezione della purezza del popolo tedesco. È così inizia lo stermino degli Ebrei, dei Rom e Siti che, dal dicembre del 1942, iniziano ad essere deportati ad Auschwitz, provenienti da 14 paesi europei. Nel marzo dell’anno dopo, c’è una rivolta all’interno del zigeunerlager, il reparto destinato a Rom e Siti, che viene sedata con la loro totale eliminazione.
Rom e Siti come gli Ebrei
Il cortometraggio di Giovanni Princigalli, senza nessuna forzatura, dimostra, con la conoscenza delle fonti storiche e l’importanza della memoria, come lo sterminio dei Rom e Siti sia stato effettuato con la medesima crudeltà dell’olocausto degli Ebrei. Per questi ultimi l’Europa e il Mondo intero ha fatto i conti, per quanto possibile, per i cosiddetti zingari ciò è avvenuto solo in parte. Pochi, infatti, conoscono l’anniversario dell’anniversario dello sterminio di questi popoli e ancora oggi Rom e Siti sono vittime di razzismo e persecuzioni, come viene raccontato in un’altra opera di Giovanni Princigalli intitolata, La canzone di Aida.
Come viene mostrato in Porajmos, il paragone tra l’olocausto degli Ebrei e quello dei Rom e Siti ha la stessa origine. Una colpa addossata dal nazismo, senza possibilità di rieducazione. La visione nazi – fascista del mondo individua in questi popoli una piaga da estirpare con ogni mezzo.
Ad Auschwitz e in ogni campo di concentramento costruito dai nazisti , vengono deportati insieme ai loro figli e non fa nessuna differenza se questi sono dei bambini. Le loro caratteristiche biologiche e genetiche già li rendono soggetti asociali e pericolosi. Porajmos sottolinea questo fondamentale dato, proponendo diverse immagini con protagonisti appunto i bambini. Questi sono presenti sia nelle occasioni di festa del loro popolo, ma soprattutto nell’immagini della deportazione.

L’orfanotrofio di Mulfingen
Può sembrare illogico, e senza dubbio lo è, ma lo sterminio dei popoli effettuato dal nazismo rientra nel concetto di educazione. I bambini Rom e Siti imprigionati nei campi di concentramento, non provengono dalle loro famiglie, ma da orfanotrofi, perché già sottratti ai genitori.
Emblematica la storia di San Josefspflege, una casa d’accoglienza cattolica per bambini a Mulfingen. La struttura ospita 40 bambini e un giorno, con il pretesto di una gita, vengono fatti salire su un treno con destinazione Auschwitz.
Al campo di concentramento, però, arrivano solo 39 bambini, un di loro, infatti, viene messo in punizione da una suora e così si salva la vita. Per gli altri non c’è nessuna speranza e prima di essere trucidati, vengono sottoposti a esperimenti crudeli da parte di Eva Justin, assistente del dottor Robert Ritter, l’esperto in popolazione Rom del Terzo Reich. La Justin studia questi bambini e pubblica le sue tesi in un testo che diventa il suo dottorato sulle caratteristiche razziali degli zingari che propone la sterilizzazione delle donne e l’eliminazione dei bambini.
Le strampalate teorie di Eva Justin e del suo mentore Ritter, purtroppo, hanno avuto un seguito anche dopo la caduta del nazismo. Fatto ancora più grave che questi studiosi non hanno mai avuto un processo. Questa, probabilmente, è la maggior responsabilità dell’Europa post bellica per quanto riguarda l’olocausto dei Rom e Siti.
L’animazione in Porajmos
Porajmos, in solo tre minuti, rievoca tutto ciò, con potenza e rigore, lasciando, seppur minimo, ma fondamentale margine poetico e artistico. Giovanni Princigalli termina cortometraggio con alcune immagini d’animazione. Un uccello nero che vola nel cielo. il segmento può essere interpretato come un messaggio di Pace e condivisione delle diversità tra i popoli. Ma soprattutto di trasmissione della Memoria dello sterminio dei Rom e Siti. L’uccello nero può simboleggiare anche il gesto del deportato politico, d’origine polacca, addetto alla trascrizione su un registro dei nomi dei deportati zingari, compresi i bambini. A questi viene affidato un numero e all’interno del campo sono quel numero, cancellando così la propria identità.
Quel deportato comprende che i Rom e Siti di Auschwitz stanno per essere trucidati e compie un semplice, ma prezioso gesto. Prende il registro con i nomi e lo sotterra. Per fortuna si salva, una volta terminata la guerra, recupera il registro, restituendo l’identità alle vittime innocenti.