Si è conclusa a Bellaria Igea Marina, in provincia di Rimini, la quarantaduesima edizione del Bellaria Film Festival, manifestazione dedicata al cinema indipendente dal 1983. L’evento, diretto da Daniela Persico e organizzato da Approdi, è stato costruito attorno al réclame “Il futuro è un mare antico”. Il tentativo è stato quello di interrogare il cinema del passato per guardare al futuro con occhi diversi.
In questo contesto, in occasione del concorso Gabbiano, è stato proiettato il 3° capitolo di Giuseppe Spina e Giulia Mazzone,Impressio in Urbe #3 – Brescia. Il film fa parte di una serie prodotta da Nomadica con la collaborazione di varie accademie di belle arti italiane.
La serie comprende altri due film dedicati l’uno alla città di Siracusa, l’altro alla città di Bologna. Ogni opera esprime l’impressione del territorio di riferimento tramite architettura, urbanistica e paesaggio.
Si tratta di veri e propri esperimenti cinematografici che intrecciano materia e rumori dei centri urbani.
Impressio in Urbe : la recensione
Impressioin Urbe #3 – Brescia è un progetto artistico estremamente interessante, che vede come protagonista indiscussa una Brescia impregnata di storia e arte.
Le riprese, essendo in formato Super 8, sono intrise da un sapore retrò quasi amatoriale. La frenesia con la quale si passa da un’immagine all’altra è psichedelica e ipnotica al limite del sopportabile.
Le prime immagini mostrano la città dall’alto, l’urbanistica è al centro della scena e il silenzio incombe per diversi minuti.
Dall’alto si passa al centro urbanistico: pareti, edifici antichi e particolari architettonici vengono mostrati in primissimi piani sgranati. Una mano sfiora le mura dei palazzi a ripetizione, metafora dell’uomo a costante contatto con la storia senza rendersene conto.
Le inquadrature architettoniche sono precise e studiate, tipiche di chi sa esattamente come si guarda un edificio storico: opus caementicium, semicolonne, colonne rastremate, capitelli, archi a tutto sesto, archetti acuti, volte ogivali. L’architettura prende il sopravvento. Fotogramma dopo fotogramma si racconta la storia di un popolo e di una città.
Non mancano gli affreschi, anche questi ripetuti freneticamente. Salta all’occhio una meravigliosa Madonna col bambino, prefigurazione del sacrificio di Cristo. Corpi sinuosi e panneggi elaborati ricoprono le pareti delle costruzioni bresciane.
Il montaggio di Mirco Ambrosini e Leonardo Sigorin è invadente e allo stesso tempo aggressivo. Si ha la sensazione di guardare ogni elemento della città con gli occhi di un passante attento ma troppo avido. Come se si volesse riflettere, non solo sul passato, ma anche su un presente eccessivamente veloce e inafferrabile.
Infine, impossibile non cogliere un collegamento con Le città invisibili di Italo Calvino, romanzo che vede come protagonista Marco Polo intento a descrivere nei dettagli le città visitate. Difatti, la serie Impressio in Urbe sembra quasi la rappresentazione visiva delle città invisibili narrate dall’autore.
In definitiva, si parla più di una performance artistica che di un film vero e proprio. Questo non toglie la ricchezza di contenuti, ma, anzi, li valorizza.