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Willem Dafoe: il professionista profano

Willem Dafoe, l'artista eclettico che quando non recita a teatro o al cinema, ama godersi la campagna

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Willem Dafoe è sicuramente tra gli attori più eclettici e versatili della propria generazione. Ha interpretato tantissimi ruoli in più di un centinaio di film, mantenendo sempre viva in lui la passione per la recitazione. Ama definirsi performer e rifiuta l’etichetta di attore in quanto limitante e riduttiva. Una figura poliedrica, in continuo movimento tra piccole e grandi produzioni; tra cinema mainstream e d’autore; tra Hollywood e film indipendenti.

Un uomo che ha sempre scelto i lavori per i meriti artistici e non per il potenziale incasso al botteghino.

Willem Dafoe e la gavetta teatrale

Settimo di otto figli, Willem Dafoe proviene da una famiglia di medici. Cresce così in mezzo a sale operatorie e laboratori, costantemente a contatto con suture e medicazioni. Lavora come custode presso la clinica di suo padre, un contesto che lo ha fortemente influenzato e ispirato per l’interpretazione del dottor Godwin Baxter in Povere Creature! (2023).

Si innamora della recitazione all’Università del Wisconsis. Qui, entra in contatto con la compagnia teatrale d’avanguardia Theatre X. Dafoe e il gruppo svolgono tournè negli Stati Uniti e in Europa, proponendo spettacoli sperimentali e non convenzionali.

Si trasferisce in seguito a New York, dove fonda The Wooster Group. Danza, performance, arte e tecnologia multimediale si fondono negli spettacoli di questa eterogenea compagnia teatrale con la quale Dafoe collabora per diversi anni. Un gruppo molto unito che, a distanza di anni, l’attore ricorda ancora come la sua seconda famiglia.

“Mi piace la sensazione di un unico scopo che si prova, il tipo di concentrazione, il tipo di grazia che è possibile ottenere attraverso il gesto. E il lavoro del Gruppo Wooster è uno di quelli in cui lo trovo continuamente. (..) Credo di essere interessato alle sensazioni”

 

L’ingresso nel cinema

Willem Dafoe fa il suo ingresso nel mondo del cinema con una parte minore in I cancelli del cielo (1980) di Micheal Cimino. Le sue scene vengono però tagliate in fase di montaggio e così il suo ruolo non viene accreditato. Sebbene già in Strade di fuoco (1984) di Walter Hill venga molto apprezzato nel ruolo di villain, è con Vivere e morire a Los Angeles (1985) di William Friedkin che il suo talento viene riconosciuto.

Platoon (1986) di Oliver Stone segna la sua consacrazione. Stone ha vissuto il Vietnam in prima persona, essendosi arruolato come volontario. Scrive e delinea così i suoi personaggi traendo ispirazione dai suoi ex commilitoni. L’interpretazione del sergente antimilitarista Elias vale a Dafoe la nomination agli Oscar 1986 come miglior attore non protagonista. Un ruolo intenso, che ha richiesto dure formazioni dal punto di vista fisico e psicologico, addestramenti militari e spedizioni nella giungla.

Willem Dafoe in Platoon

Platoon (1986) di Oliver Stone

Tra grandi e piccole produzioni

La carriera di Willem Dafoe decolla. Una serie di ruoli iconici molto diversi tra loro dimostrano la versatilità di questo enorme attore. Un Gesù Cristo umanizzato in L’ultima tentazione di Cristo (1988) di Martin Scorsese; un detective idealista del FBI in Mississipi Burning-Le radici dell’odio (1988) di Alan Parker; un allucinato reduce del Vietnam in Nato il 4 luglio (1989) di Oliver Stone.

I successi proseguono negli anni ’90 grazie alle collaborazioni con John Waters, David Lynch, Paul Schrader, Wim Wenders, Julian Schnabel, Anthony Minghella, Abel Ferrara e David Cronenberg.

Negli anni 2000, tra nomination agli Oscar e ruoli iconici, Willem Dafoe sale nell’olimpo dei grandi attori.  L’interpretazione di Green Goblin in Spiderman (2002) è sicuramente quella che lo ha reso più celebre e conosciuto al grandissimo pubblico. Ma Dafoe non rimane intrappolato nel suo ruolo più iconico. Si svincola grazie al suo eclettismo e interpeta, negli anni a seguire, personaggi completamente diversi tra di loro, lavorando con grandi e piccoli registi.

“Sono con un piede a Hollywood, e con l’altro nel cinema indipendente”

Willem Dafoe, un professionista profano

Nonostante Willem Dafoe possa vantare di aver lavorato con i più grandi registi mondiali, si definisce ancora un po’ naif. Ama infatti i registi indipendenti e collaborare con attori semi-sconosciuti. Secondo la sua tesi, lo spettatore riesce ad immedesimarsi ancor di più nei personaggi che vede sullo schermo se non li conosce o non li ha mai visti, privo dunque di pregiudizi. Per questo ritiene estremamente formativa l’esperienza sul set di Un sogno chiamato Florida (2017) di Sean Baker, a contatto con bambini e attori non professionisti.

Sono un attore professionista che vorrebbe essere di nuovo un profano”

Dafoe è così sempre pronto a mettersi in gioco, essendo i film i suoi biglietti da visita.

Tra le stelle e le stalle

Willem Dafoe non ha mai nascosto il suo amore per l’Italia. Insieme alla compagna Giada Colagrande dal 2005, Dafoe si muove tra la metropoli di Los Angeles e la campagna romana, dove trova la pace, lontano dall’affanno e dall’agitazione della grande città.

Una pausa edenica a contatto con la natura e gli animali che l’attore ritiene necessaria per sopravvivere. Una via di fuga alternativa alla vita hollywodiana sotto i riflettori, tra set e red carpet. La vita in campagna assume così un’aura sacrale e bucolica.

Amo fare cose semplici: qui in campagna ad esempio pulisco ogni mattina le stalle degli animali, e nel farlo trovo un piacere indescrivibile. Mi tiene ancorato, mi salva, mi fa sopravvivere. Una liberazione dall’incubo dell’accumulo e del successo che avvelena il mondo occidentale”

willem dafoe van gogh

Van Gogh-Sulla soglia dell’eternità (2018) di Julian Schnabel

Visto il curriculum di Dafoe, sarebbe impensabile proporre un elenco delle sue migliori interpretazioni o dei registi con cui ha lavorato.

Ma se gli si chiede di pensare a due personaggi in particolare, risponde con certezza Gesù e Vincent van Gogh: Il sacro e il profano, esattamente come lui.

Willem Dafoe

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