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Interviews

Incontro con Patrice Leconte

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Patrice Leconte ha presentato a Roma il suo primo film d’animazione La Bottega dei Suicidi, tratto dal romanzo di Jean Teulé. Commedia musicale animata, il film uscirà nelle sale in una copia domani Venerdì 21 Dicembre al Fiamma  e poi il 28 in altre città.

Ecco cosa ci ha raccontato il regista francese durante l’incontro con la stampa:

In Italia La bottega dei suicidi è stato vietato ai minori di 18 anni perché il Ministero ha ritenuto che il tema del suicidio fosse trattato con troppa leggerezza e a rischio di emulazione. Che cosa ne pensa?

L’ho saputo solo ieri sera e ne sono rimasto sbalordito, non capisco la decisione. Ho una nipotina di 8 anni e quando ho realizzato il film non ho fatto che pensare a lei. Volevo fare un film che le piacesse e quando ho finito La bottega dei suicidi, lei lo ha visto insieme ai suoi compagni e tutti hanno adorato il film, si sono identificati con il piccolo Alan, perché, come Alan, pensano che gli adulti siano troppo tristi e che la vita è bella. Questo è il messaggio del film, che la vita è bella. Il divieto in Italia è assurdo. La mia intenzione non è mai stata quella di spingere le persone al suicidio. Quando il padre spinge Alan a fumare è talmente assurdo da non risultare credibile. In Francia difatti non c’è stato alcun divieto e neanche in Spagna, o in Belgio e Svizzera. Il romanzo di Jean Teulé da cui è tratto è un best seller che ha venduto tantissimo e che non è stato mai vietato. E poi è assurdo vietare un film due giorni prima della fine del mondo!

Perché ha scelto di adattare per il grande schermo il romanzo di Teulé?

Io ho letto tutto quello che Teulé ha scritto e, quindi, conoscevo il libro. Alcuni anni fa già mi avevano proposto di adattarlo e ho detto di no, perché pensavo che il romanzo di Teulé non fosse adattabile in un film vero e proprio, a meno che non si è Tim Burton, e io non lo sono. Poi mi hanno proposto di nuovo di girare il film, ma questa volta come un film d’animazione. L’animazione non è la vita, permette una sfasatura rispetto alla realtà e mi offriva quindi la possibilità di esprimere un certo tipo di humour nero con il quale fino ad ora non mi ero mai relazionato. A farmi accettare il progetto è stata la voglia di fare un film dark e allo stesso tempo divertente, è stata la libertà che permette l’animazione. Poi, girare un musical è un mio vecchio sogno che si realizza.

Come ha affrontato il suo primo film d’animazione?

Quando ci si butta in un nuovo progetto ci vuole sempre un po’ di incoscienza. Quando si riflette troppo si finisce per diventare prigionieri delle proprie riflessioni. Preferisco il metodo intuitivo ed è con questo spirito che ho affrontato La bottega dei suicidi, un progetto nuovo per me, ma che mi ha fatto sentire libero. Jean Teulé poi mi aveva detto che potevo fare quel che volevo del suo libro e una volta terminato il film gli è piaciuto moltissimo e mi ha detto “è senza dubbio un film, tuo ma senza il mio libro non avresti potuto farlo!”.

Il finale del film è diverso da quello del libro, come mai?

Il finale del libro è assolutamente pessimistico. Tanto che alla fine Alan si butta dal tetto. Questo finale mi è sembrato impossibile e quindi mi sono divertito a inventarmene uno positivo, esagerato, kitsch,. Credo che il messaggio del film passi attraverso l’esagerazione. La vita non è sempre bella, ma è pur sempre meglio della morte!

Nel film ci sono riferimenti al cinema del passato, come nella scena finale in cui si riconosce la locandina Il porto delle nebbie. È nel passato che bisogna cercare la felicità?

Io non sono un nostalgico, ma nutro un certo gusto per il passato e volevo che il film fosse atemporale e non moderno a tutti i costi. Ho cercato di evitare di dire che è la società moderna a spingere al suicidio, volevo essere più universale.. Quando Alan salta sul cartellone de Il porto delle nebbie mi sono divertito a farlo rimbalzare sul naso di Jean Gabin.

Si è ispirato a qualcuno per realizzare La bottega dei suicidi?

Mi è sempre piaciuto molto il cinema d’animazione ne ho visti molti di film, per questo forse mi sono sentito a mio agio. Dal momento in cui si comincia a lavorare su un argomento simile i riferimenti non possono non essere tutti i film di Tim Burton e, ovviamente, La Famiglia Addams, uno dei film d’animazione più belli è stato per me  Nightmare Before Christmas ma ho amato molto anche Monsters& Co., Wallace&Gromit. Certo siamo un po’ lontani da Biancaneve e Bambi.

Quando ha lavorato al film si è posto il problema di come venisse accolta la rappresentazione del suicidio in culture differenti?

Ho immaginato che l’argomento potesse essere terribile, ma mi sono detto che se mi fossi posto troppe domande non avrei fatto nulla. Sono consapevole che il film può suscitare diverse reazioni a seconda delle culture. Ma quando si cerca di piacere a tutti, si finisce solo per non piacere a nessuno. Allora mi sono soltanto detto che facendo un film sul suicidio con tanta derisione sarei riuscito a farlo funzionare. Forse in Giappone più che al suicidio reagiranno malissimo alla scena in cui viene proposto il rituale del seppuku (una pratica di suicidio che prevede il taglio del proprio ventre con uno spadone).

Perché la scelta dell’animazione tradizionale piuttosto che la computer grafica 3D  o la stop-motion?

Effettivamente mi sono posto la domanda di quale tecnica d’animazione utilizzare. Sono molto legato al disegno,il mondo dei fumetti mi è familiare e  volevo che La bottega dei suicidi fosse molto disegnato. Ed è per questo ho scelto di non utilizzare la computer grafica che creano animazioni  troppo “liscie”, prive di tratti, e si perde il gusto del disegno. E poi volevo che il film fosse molto vivace, con gesti rapidi, cosa molto difficile da realizzare con la stop-motion che è fatta di movimenti lenti. Per questo ho ritenuto che l’animazione tradizionale fosse la tecnica ideale per ricreare l’immediatezza dei gesti, dei movimenti.

Farà altri film d’animazione?

La bottega dei suicidi è stata un’esperienza entusiasmante e con la mia équipe abbiamo lanciato un nuovo progetto d’animazione. Una sceneggiatura originale che stiamo finendo di scrivere. Il film si chiamerà Musique, dove si immagina la vita in un mondo senza musica.

In definitiva la musica, l’amore e le crêpes possono rappresentare una soluzione alla tristezza della vita? 

Direi di sì, sono tre ingredienti anti-depressivi niente male, direi che come morale del film è perfetta.


Maria Cristina Locuratolo

 

 

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