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25 aprile: commemorare la Resistenza tramite il cinema
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8 mesi agoon
25 aprile, Festa della liberazione. È la giornata in cui si commemora la Liberazione dell’Italia dai nazifascisti. Data che rimanda al giorno in cui il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) proclamò l’insurrezione generale nelle restanti regioni ancora occupate dai nazifascisti.
Un lungo percorso di battagliere lotte per riconquistare la libertà, dopo 20 anni di fascismo, che cominciò l’8 settembre del 1943 con il Proclama Badoglio riguardante l’entrata in vigore dell’Armistizio di Cassibile. Furono quasi due anni di sanguinosa guerra civile, nel quale gruppi di partigiani fronteggiavano anche con la vita l’invasore.
Da una parte i fascisti – sostenuti dagli occupanti nazisti – ancora legati a una cieca e brutale ideologia dittatoriale; dall’altra i partigiani, gruppi di persone di differente età, ceto e ideologia politica (comunisti, anarchici, cattolici) che si sacrificava per dare al popolo la libertà negata per 20 anni.
«Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.»
(Sandro Pertini, 25 aprile 1945 – Milano)
La giornata commemorativa del 25 aprile fu istituita, la prima volta, per decreto legislativo il 22 aprile 1946 dal Presidente Alcide De Gasperi con l’avallo del re Umberto II di Savoia. Decreto rinnovato nel 1947 e poi nel 1948. Soltanto a partire dal 1949 divenne stabilmente una ricorrenza annuale. Fondamentale.
Ma tra le tante ricorrenze che scandiscono il calendario delle commemorazioni italiane, il 25 aprile sin dal suo avvio ha suscitato malumori. Una celebrazione fastidiosa per quella parte politica che aveva perso la guerra. Dimentichi che per vent’anni avevano annullato con sopraffazioni e violenze ogni diritto civile.
Il MSI (Movimento Sociale Italiano), partito di estrema destra nato dalle ceneri del PFR (Partito Fascista Repubblicano), ha tentato più volte di sabotare la commemorazione. Nel 1955 il partito neofascista, attraverso il quotidiano Il Secolo XIX, organo del MSI, portò avanti una campagna abrogativa. E fu anche organizzata una marcia celebrativa, a Roma, di palese matrice fascista: saluti romani e canti nazionalisti.
Nelle successive decadi, sebbene con altri nomi – AN (Alleanza Nazionale) o Fratelli D’Italia – i residui fascisti hanno continuato la loro personale lotta contro una sacrosanta commemorazione.
E se finora non sono riusciti nel loro intento, grazie a tutti quei partigiani e ai sopravvissuti alla Shoa che hanno tenuta viva la memoria, allora sbeffeggiano la giornata o cercano di istillare nelle nuove generazioni un senso diverso che permea il 25 aprile.
Gianni Alemanno, fascista con l’immancabile croce celtica come ciondolo, nel 2008 disse:
«Bisogna smetterla di fare del 25 aprile una festa di parte ma deve essere la festa di tutta la nazione»
Ecco che così, con una frase fintamente democratica, si cerca di mettere sullo stesso piano quelli che lottarono per la libertà e quelli che invece l’ avevano violentata. Un pericoloso revisionismo della storia.
Anche Matteo Salvini, leader della Lega, partito che ha avuto sin dalla sua nascita (1991) esponenti provenienti da gruppi di estrema destra (ad esempio Mario Borghezio), in uno dei suoi sproloqui (2019) ha sentenziato:
Il 25 aprile ci saranno i cortei, i partigiani e i contro-partigiani. Siamo nel 2019 e mi interessa poco il derby fascisti-comunisti.
E anche questa dichiarazione, detta tra l’altro da un’alta carica dello stato (vice Premier e Ministro dell’Interno) è un’altra maniera per dequalificare, con un’espressione calcistica, una data importante per la memoria storica del Paese.
E non male nemmeno il corposo comizio che Silvio Berlusconi fece a Onna il 25 aprile 2009 (la città abruzzese 19 giorni prima fu colpita dal funesto terremoto), nel quale, dopo meritorie citazioni, propose un cambio di denominazione della ricorrenza:
Con lo stesso spirito sono convinto che siano maturi i tempi perché la festa della Liberazione possa diventare la festa della Libertà, e possa togliere a questa ricorrenza il carattere di contrapposizione che la cultura rivoluzionaria le ha dato e che ancora “divide” piuttosto che “unire”.
Anche in questo caso, l’andazzo è “Scurdammoce ‘o (un certo) passato”. E sostituire LIBERTÀ a LIBERAZIONE combacia perfettamente col nome della coalizione di centro-destra di cui era leader Berlusconi: La casa delle libertà.
Meno dannosa, ma ugualmente sintomo dell’ignoranza storica di molti politici italiani, la gaffe di Berlusconi riguardante Alcide Cervi (1875-1970), padre dei sette fratelli partigiani. Nella trasmissione Porta a porta del 6 ottobre 2000, Fausto Bertinotti, leader di Rifondazione comunista, menzionò la figura di Alcide Cervi, e la barbara morte dei suoi figli. Berlusconi disse:
Io sarò felicissimo di conoscere papà Cervi, a cui va tutta la mia ammirazione
Però il 25 aprile, in questi ultimi decenni, sta diventando per una certa parte della sinistra, d’indirizzo centrista, una zavorra. Una commemorazione che la obbliga a prendere una posizione ideologica che poi va stridere con gli intrallazzi economici e politici con la parte avversa.
Le risposte di differenti esponenti di sinistra, riguardo una ricorrenza che non solo è alla base della libertà di un popolo, ma alla base di un partito fondato sui diritti civili, sovente sono di sviamento o di superficiale enunciazione.
Non solo i termini “liberazione” e “fascismo”, ma anche la parola partigiano è di difficile pronuncia per qualcuno. Nel 2014 Matteo Renzi, a quel tempo Presidente del Consiglio e leader del PD (Partito Democratico), scrisse in un tweet:
Un grazie ai ribelli di allora.
È vero che c’è la canzone resistenziale Dalle belle città (Siamo i ribelli della montagna), ma con quel ribelle Renzi è stato vago, non connotando chi lottò nella parte giusta.
E allo stesso modo, Giorgio Napolitano, a quel tempo Presidente della Repubblica e con un passato nel PCI (sebbene nell’ala riformista):
La Resistenza, l’impegno per riconquistare all’Italia libertà e indipendenza fu un grande moto civile e ideale, ma soprattutto fu un popolo in armi, una mobilitazione coraggiosa di cittadini giovani e giovanissimi che si ribellavano allo straniero. E non mancò l’apporto delle donne che nel ’44 si costituirono nelle regioni del Nord in gruppi di difesa delle donne
Una dichiarazione con lodevoli annotazioni, soprattutto riguardo l’apporto delle donne alla lotta. Però… c’è il termine Resistenza, ma non c’è la parola fascismo, e quella lotta per riottenere la libertà non fu soltanto contro lo straniero, ovvero i nazisti, ma anche contro la dittatura fascista.
Per tentare di mettere sullo stesso piano fascisti e partigiani, non riuscendo a sminuire la portata del 25 aprile, nel 2004 il Governo di centro-destra, guidato da Silvio Berlusconi e con all’interno i fascisti di AN e la Lega, istituì il Giorno del ricordo, per commemorare i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata da parte dei comunisti.
E tutto ciò fa tornare alla mente la riflessione di Nanni Moretti in Aprile (1998), pellicola diaristica, tra eventi privati e fatti storici, che copriva il biennio 1994-1996. Nel marzo del 1994, Silvio Berlusconi avevo vinto le elezioni, con una coalizione fatta con i fascisti di AN e i secessionisti della Lega Nord:
Sì, in questo periodo, dopo la vittoria della destra all’elezioni, c’è un gran parlare a proposito della Resistenza, delle ragioni dei partigiani, ma anche delle ragioni dei fascisti. Sì, i morti da una parte, i morti dall’altra. Le ragioni degli uni, le ragioni degli altri…
Cinematograficamente questa apertura verso l’altra parte, con il cinema (medium dei sogni di massa) che può essere da ausilio per un certo revisionismo storico, si era avuto con Porzûs (1997) di Renzo Martinelli, e poi con la trasposizione dell’omonimo libro di Giampaolo Pansa, Il sangue dei vinti (2009) di Michele Soavi.
E questo continuo tentativo di paragonare i due opposti schieramenti, purtroppo, si è avuto anche nella UE, quando il Parlamento europeo, il 19 settembre 2019, ha approvato la risoluzione che equipara storicamente il nazismo con il comunismo.
Giunti nel 2024, a 79 anni dalla fine della guerra e da quel originario 25 aprile, e a distanza di 30 anni dalla prima entrata nei governi di un partito di matrice fascista, la situazione non è assolutamente cambiata.
L’anno scorso il Presidente del Senato Ignazio La Russa (Fratelli D’Italia) commemorò a suo modo il 25 aprile, volando a Praga per rendere omaggio alla tomba di Jan Palach, eroe anticomunista.
E ultimo caso è la cancellazione dell’intervento che Antonio Scurati doveva leggere durante la trasmissione Rai Che sarà. Con questo monologo lo scrittore voleva rievocare il delitto di Giacomo Matteotti per mano (armata di manganello) fascista, avvenuto il 10 giugno 1944. E il monologo si chiudeva con:
Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Qualora ci si volesse fare un’idea su cosa fu il delitto Matteotti, Youtube viene in soccorso, perché c’è Il delitto Matteotti (1973) di Florestano Vancini, un’efficace ricostruzione cine-storica.
Per contribuire a non disperdere la memoria e non cadere nelle usuali e dannose riscritture della storia, Taxi Drivers propone un apprendimento filmico per capire, attraverso alcuni film, cosa è stata la Resistenza e quali film guardare per avvicinarsi al 25 aprile.
La Resistenza tra letteratura e cinema
Tu non sai le colline
dove si è sparso il sangue.
Tutti quanti fuggimmo
tutti quanti gettammo
l’arma e il nome.
(Cesare Pavese)
La Resistenza è stata affrontata e tramandata attraverso molti medium: libri (testi memorialistici e saggi), cinema, televisione (special, fiction oppure documentari). Un vasto assortimento di documentazione da cui attingere per potersi fare un’idea.
È chiaro che in questo mare magnum di materiale – resistente – i testi principali sono quelli memorialistici. Autobiografie di scrittori partigiani che vivamente ci rendono partecipi di quelle lotte.
Ma sebbene ci sia un ricco e vivido materiale da cui attingere, soltanto alcuni di questi testi sono stati trasposti al cinema, con alterni risultati. Ecco la lista dei film.
Il generale Della Rovere (1959)
Premiato ex aequo al Festival di Venezia insieme a La grande guerra di Mario Monicelli, il film di Roberto Rossellini, con il suo successo, ha aperto la breve quanto intensa produzione di pellicole inerenti la Resistenza e/o alla seconda guerra mondiale. Tratto dal breve romanzo (1950) di Indro Montanelli (1909-2001), il giornalista e scrittore poi collaborò alla sceneggiatura del film, sebbene non accettò di buon grado il travisamento del personaggio. Nel film, tra il pregnante neorealismo rosselliniano e un approccio più cattolico, il protagonista viene trasposto come un eroe della Resistenza.
Le quattro giornate di Napoli (1962)
Pellicola corale che racconta una delle prime lotte partigiane (sebbene si trattasse di semplici cittadini), avvenuta a Napoli il 28 settembre 1943, e che mise in fuga i tedeschi. Il film di Nanni Loy è tratto da La città insorge: le quattro giornate di Napoli (1956) del giornalista Aldo De Jaco (1923-2003).
L’Agnese va a morire (1976)
La lotta partigiana vista dallo sguardo di una donna. Il film di Giuliano Montaldo è la trasposizione dell’omonimo romanzo (1949) di Renata Viganò (1900-1976). Scrittrice e poetessa, partecipò alla lotta come infermiera e staffetta. Il film, che si concretizzò dopo decenni di tentativi di trasposizione, e diretto da un regista che già con Tiro al piccione (1961) aveva trattato la Resistenza, è una resa solida e ricca, che permette, al netto dei difetti, una visione partecipe delle lotte partigiane.
Uomini e no (1980)
Dal romanzo (1945) di Elio Vittorini (1908-1966), la pellicola di Valentino Orsini soffre di un budget risicato, che non consente un’adeguata e degna trasposizione del libro. Il testo di Vittorini fu il primo d’argomentazione resistenziale ad essere pubblicato, mentre il film di Orsini, in un certo qual modo, chiude quel fecondo periodo produttivo incentrato sui film d’impegno.
Una questione privata (1991)
È un Tv Movie a firma di Alberto Negrin, tratto dal romanzo postumo (1963) di Beppe Fenoglio (1922-1963). Lo scrittore piemontese fu un attivo partigiano, aderendo al 1º Gruppo Divisioni Alpine. Questo è un adattamento che prende dal testo soltanto i momenti più drammatici e/o lirici. Pertanto un mediocre prodotto rispetto alla ricchezza memorialistica e umana del libro.
I piccoli maestri (1997)
Tratto dall’omonimo romanzo (1964) di Luigi Meneghello (1922-2007), il titolo del libro si riferisce alla denominazione del gruppo partigiano di cui lo scrittore veneto faceva parte. Il film di Daniele Luchetti, sebbene sia una superficiale trasposizione, è meritevole per il coraggio di portare sullo schermo un testo fondamentale della memorialistica partigiana. E, proprio per la sua uscita, consentì la riscoperta del libro.
Il partigiano Johnny (2000)
Trasposizione dell’omonimo romanzo postumo (1968) di Beppe Fenoglio, il film di Guido Chiesa ha il merito di non seguire la complessità letteraria del romanzo, ma attraverso di esso mostrare la lotta partigiana e il concetto di militanza. Un film che si riallaccia, con un linguaggio più libero, al cinema d’impegno e storico degli anni Settanta.
Una questione privata (2017)
Secondo adattamento del libro di Fenoglio, questa volta a cura di Paolo e Vittorio Taviani. Rispetto alla prima trasposizione, ossia quella di Negrin, il film dei due fratelli cerca di trasmettere il vero orrore della guerra, della lotta. Una visione più umana, ma purtroppo con una resa non poetica come quella de La notte di San Lorenzo (1982).
La Resistenza attraverso il cinema
«Si, il film mia cara amica, lo ricordi, è essenzialmente documento, non letteratura. Non è destinato ai posteri il cinema, se non è per oggi è inutile.»
[Il regista Jerzy Bursky alla testarda giovane film-maker Agnieszka in L’uomo di marmo di Andrzej Wajda]
Al di là della fertile memorialistica letteraria, la Resistenza è stata raccontata anche attraverso film che al massimo traevano spunto da isolate vicende storiche. Una ricca filmografia, con una precipua produzione che si è svolta nell’arco di 5 anni, tra il 1959 e il 1964.
Produzioni, prevalentemente, dettate soltanto dal fruttuoso momento cinematografico, piuttosto che da sinceri intenti politici e/o patriottici.
Come rilevò Giacomo D’Onofrio:
È tornata la moda del film sulla Resistenza: ha ricominciato Rossellini – che fu maestro in materia – con «Il Generale della Rovere». É bastato. Tutti i giovani registi vogliono oggi imbastire trame intorno a quel periodo. […] Storie semplici, per lo più, gettate giù in fretta, senza tenere in debito conto la loro validità sul piano storico-artistico. I produttori hanno dato via libera a questo genere, dopo che ne hanno intuito il valore commerciale[…]
(Torna sugli schermi la RESISTENZA, in “Cinemasud”, a. IV, n. 25, giugno-luglio 1961, p. 11)
Non potendo menzionare tutti i titoli che hanno trattato la Resistenza, in questo paragrafo si sono scelti soltanto alcuni film che possono fungere da bussola. Pellicole che hanno trattato diversi aspetti della lotta partigiana.
Roma città aperta (1945)
Capolavoro del neorealismo italiano, e primo tassello della trilogia che Roberto Rossellini dedica alla guerra e alla Resistenza. È un istant movie che permette di vedere, a ridosso della fine della seconda guerra mondiale, com’era la situazione nella Roma occupata dai nazifascisti.
Un film corale, che inizialmente doveva essere la trasposizione della vita di Don Pietro Pappagallo. Un film vivo, realizzato in condizioni produttive faticose (mancanza di soldi, pellicola). Sebbene i protagonisti muoiono per mano nazista, nel finale c’è la speranza, con i bambini che si avviano, consapevoli del loro dovere, verso un orizzonte migliore.
Paisà (1946)
Secondo tassello della trilogia rosselliniana. Rispetto al precedente, è un film episodico che mostra, seguendo un percorso da sud a nord proprio come fu la liberazione dell’Italia, attraverso diverse storie di Resistenza. Una visione più completa, con l’ultimo episodio, ambientato nella bassa padana, che mostra come i partigiani sacrificavano la loro vita per la lotta.
Il Gobbo (1960)
Pellicola che prende spunto dalla figura di Giuseppe Albano (1926-1945), detto il “Gobbo del Quarticciolo”. Affetto da cifosi, fu un partigiano adolescente che lottò fino alla morte contro i nazifascisti. La trasposizione cinematografica fu voluta dal produttore Dino De Laurentiis, e il film, produttivamente ricco, è solo parzialmente esatto, e utilizza anche stilemi da gangster movie americano. Oltre a una netta differenza anagrafica (Gérard Blain è più adulto) e al cambio di nome, ci sono molte libertà storiche, tra cui quelle della storia d’amore con Ninetta (Anna Maria Ferrero) e la trasformazione in bandito di Albano.
I sette fratelli Cervi (1968)
Biopic incentrato sulla storia dei fratelli Cervi, contadini che sacrificarono la loro vita per la Resistenza. Il film di Gianni Puccini, nella sua pur lodevole attenzione verso figure fondamentali della lotta, purtroppo non è completamente riuscito.
La Resistenza e il 25 aprile: i documentari
I materiali valorosamente raccolti non devono stare là nelle scaffalature in una indeterminata attesa, diventando sempre più archivio, secondo il vecchio vocabolario, perché sono percorsi da una viva impazienza di entrare nella dialettica odierna delle lotte democratiche e di contribuire così a creare una informazione più libera fin dalla sua radice.»
[stralcio citato in Un cinema se… di Ansano Giannarelli, in Cinenotizie in poesia e in prosa: Zavattini e la non-fiction, Lindau, p. 33].
Menzione a parte, meritano alcuni documentari che hanno saputo raccontare la Resistenza e la figura dei partigiani. Anche in questo caso, una pratica guida con alcune opere.
La donna nella resistenza (1965)
Andata in onda per la rubrica Prima pagina – programma di attualità, è un’inchiesta giornalistica realizzata da Liliana Cavani, che vede per protagoniste una ventina di anziane donne partigiane che raccontano la loro esperienza di lotta.
Nascita di una formazione partigiana (1973)
Documentario televisivo di Ermanno Olmi, fu scritto assieme al giornalista Corrado Stajano. Anche questo reperto memorialistico è fondamentale per comprendere la Resistenza. Al centro alcuni partigiani che raccontano le loro esperienze di lotta.
Partigiani (1997)
Realizzato da Guido Chiesa, Davide Ferrario, Antonio Leotti, Marco Simon Puccioni e Daniele Vicari, è un film/documentario composto da 9 episodi. Il tema di questa opera è di non disperdere la memoria di quelle lotte, di quelle vite sacrificate.
Nome di battaglia Donna (2016)
Documentario di Daniele Segre che rievoca i Gruppi di difesa della donna per l’assistenza ai combattenti per la libertà. Erano formazioni partigiane composte da donne.
25 aprile e Resistenza: due film
Pochi film hanno saputo trasmettere su schermo la forza politica e l’importanza storica del 25 aprile. Due pellicole sono consigliabili.
Materiale resistente (1995)
Documentario realizzato da Guido Chiesa e Davide Ferrario, nasce quando i due registi vengono a sapere che a Correggio (Reggio Emilia) si svolgerà un evento di musica e interventi per commemorare i 50 anni della liberazione. Al concerto parteciparono molti gruppi indipendenti, che suonarono, riadattandoli, canti partigiani. Per questo evento, oltre al documentario, fu realizzato anche un disco e un album fotografico.
Aprile (1998)
Nel film di Nanni Moretti, che unisce vicende private e vicende pubbliche dell’Italia durante il biennio 1994-1996, viene menzionata anche la Festa della liberazione. Ci sono alcuni spezzoni girati da Moretti il 25 aprile 1994, quando un mare di gente invase le strade di Milano, sebbene la giornata fosse piovosa, per commemorare suddetto giorno. Fu importante perché un mese prima Berlusconi divenne Presidente del Consiglio e nel suo Governo c’erano i fascisti e i secessionisti:
Come per reazione per il 25 aprile, l’anniversario della liberazione dall’occupazione nazista a Milano c’è una grande manifestazione. E decido di andarla a filmarla. Ma piove sempre. E riesco a inquadrare soltanto ombrelli, ombrelli e ombrelli.