Marinette di Virginie Verrier, in concorso alla 39° edizione del Lovers Film Festival, nella categoria All The Lovers. Un film essenziale dal ritmo incalzante, tratto dalla storia vera di Marinette Pichon, ex calciatrice francese. Un Sognando Beckham 2.0, che ci racconta il risvolto più problematico e politico di un sogno che per le donne è molto più difficile da realizzare.
Marinette: il calcio è un mestiere da uomini
Marinette ama giocare a calcio ed è bravissima, molto più brava di tutti gli altri bambini maschi. Grazie alla madre entra nella sua prima squadra e ci rimane fino a sedici anni, per poi passare al campionato femminile. Viene convocata dalla nazionale francese e, grazie al suo talento, arriva a giocare da professionista in una squadra americana.
In Francia, però, il calcio femminile non è riconosciuto come negli Stati Uniti e, nonostante l’enorme bravura di Marinette, la nazionale francese non riesce ad emergere contro le fortissime inglesi e brasiliane. Marinette abbandonerà il calcio, al quale ha dato tutto e dal quale non ha preso tutto quel che meritava.
Quella di Virginie Verrier è la storia vera di Marinette Pichon, e di chissà quante altre calciatrici nel mondo.
Ci ricorda che il calcio è un mestiere da uomini, fatto dagli uomini, giocato dagli uomini, per l’intrattenimento degli uomini. Le donne non sono professioniste e si allenano dopo aver lavorato tutto il giorno, senza la possibilità di investire tempo e impegno nello sport.
Tuttavia, non è una prospettiva idilliaca quella che ci mostra Marinette: anche il calcio femminile è fatto di rivalità e meccanismi poco genuini, amplificati dal contesto politico e sociale poco favorevole.
Marinette: fuori dal campo
Fuori dal campo Marinette è una bambina prima e una ragazza poi cresciuta in una famiglia disfunzionale, con un padre violento e alcolizzato. La madre è la sua salvezza. É lei che le regala le sue prime scarpe da calcio e la porta ai primi allenamenti, subendo in silenzio la violenza del marito per anni.
Quando si trasferirà finalmente in America, con uno stipendio da professionista, Marinette porterà con sè la madre. A lei dedicherà ogni vittoria ed è lei che cercherà con gli occhi sugli spalti.
Virginie Verrier mescola abilmente momenti di entusiasmo a pause drammatiche, passando dall’euforia che lo spettatore condivide con la protagonista a ogni suo successo al profondo turbamento durante le scene più violente.
Marinette scopre ben presto di essere lesbica, ma la maledizione del padre continuerà a colpirla ancora una volta prima di potersene liberare per sempre. Una relazione tossica con una donna più grande la riporterà nel circolo vizioso della violenza domestica, per poi trovare finalmente l’amore della vita.
Il punto di vista dello spettatore è una pallina da tennis che passa repentinamente dall’euforia del campo da calcio alla drammatica realtà della vita personale di Marinette. Durante la visione di questo film si spera, si gioisce, ci si inorridisce, ci si arrabbia, e infine si accetta la realtà, proprio come fa la protagonista.
Uno dei grandi punti di forza di Marinette è proprio il trasporto emotivo con cui riesce a prendere e guidare il nostro sguardo, portandolo esattamente dove vuole, con efficacia narrativa tanto quanto visiva.
Ammirevole la fotografia, che cambia con la protagonista e con gli ambienti. In Francia i colori sono tenui e pastello, con una grana vintage molto densa che ci riporta negli anni del racconto. In America la fotografia si raffredda, i colori diventano saturi e la palette si colora di rosso, come la squadra di Marinette. Infine si torna in Francia, dove le atmosfere sono meno cupe, in un bilanciamento complessivo di colori e palette in favore del blu.
Marinette: quando Rocky incontra Sognando Beckham
Marinette viene chiamata a giocare a Philadelphia. Il colore della sua squadra è il rosso. Basterebbero queste due analogie per fare scattare nella mente dei cinefili il parallelo con Rocky Balboa. Ma se non fosse abbastanza chiaro che la protagonista di questo film è una lottatrice incrollabile dal cuore d’oro, Virginie Verrier ci regala anche una citazione esplicita di Rocky: la famosa corsa mattutina sulla scalinata di Philly.
La giovane guerriera non riesce ad integrarsi subito nella nuova squadra e per farlo deve combattere, allenarsi, migliorare. Il momento di svolta in cui finalmente riesce a reagire e a dimostrare il suo talento viene anticipato dalla sua corsa sulla scalinata resa celebre dalla scena analoga di Sylvester Stallone, in uno dei momenti più emozionanti del film.
Impossibile non cogliere il paragone anche con un altro grande classico del mondo dello sport al femminile, Sognando Beckham, forse anche perché i film dedicati al calcio femminile non sono così numerosi. Ma è un’analogia solo di contenuto. La forma di Marinette è ben lontana dai toni retorici e melodrammatici dell’incredibile storia di Jess.
Quella di Marinette è credibile perché vera, priva di fronzoli in sceneggiatura e senza inutili virtuosismi tecnici. Se si dovesse riassumere questo film con una sola parola, sarebbe “essenziale”.