Scritto e diretto dall’artista e filmmaker americano Jules Rosskam, Desire Lines è un documentario anomalo. Attraverso un mix innovativo di interviste a uomini trans attratti dagli uomini, una trama immaginaria e filmati d’archivio degli anni Ottanta e Novanta, il regista costruisce una sinfonia polifonica su un desiderio che è stato tenuto nascosto per tanti anni. E che oggi lotta per una affermazione pubblica.
Presentato e premiato all’edizione 2024 del Sundance Festival, il film è in concorso al Florence Queer Festival.
Un’opera che riscrive la storia e la sessualità della comunità trans FtoM. C’è una narrazione clandestina che si sussurra e si tramanda da tempo tra gli uomini transgender: molti di loro al termine della transizione FtoM sviluppano un’attrazione per altri uomini. L’assunto, pressoché sconosciuto al di fuori della comunità, è al centro di Desire Lines.
Il film ha come cornice narrativa l’incontro tra due uomini trans di generazioni ed esperienze diverse. Ahmad è un sessantenne di origini iraniane che ha represso a lungo i suoi desideri per altri uomini. È cresciuto infatti in un’epoca in cui l’attività omosessuale, già scandalosa di per sé, poteva bloccare l’accesso alla transizione medica.
Oggi non può fare a meno di chiedersi se il suo orientamento sessuale sia in contrasto con la sua identità di genere. Per avere risposte si rivolge così all’archivio LGBT di Chicago. Qui incontra Kieran, un archivista trans ventenne. Sarà lui a guidare Ahmad in un percorso di consapevolezza di sé.
Tra genere, orientamento e desiderio
Desire Lines è spiazzante, anche per un pubblico sinceramente inclusivo e progressista. È spiazzante prima di tutto per il formato, che gioca con disinvoltura tra finzione, visual sperimentali, documentario e filmati d’archivio. E poi per il tema affrontato, che scardina un po’ di stereotipi e aspettative sulla comunità trans.
Per tanti anni e con le migliori intenzioni – ci dice il film – si è dato per scontato che tutti gli uomini trans siano state in precedenza donne lesbiche. In realtà, se per alcuni trans FtoM l’orientamento resta lo stesso, per altri si evolve. Completato il processo di transizione, molti trans cominciano a definirsi omosessuali. Spesso però questa consapevolezza resta un segreto, un tabù, qualcosa di cui vergognarsi.
Un film sfaccettato e non catalogabile. Come le identità
Un archivio storico impolverato che all’improvviso si trasforma in una sauna per incontri clandestini di maschi gay. Una galleria di uomini trans più o meno giovani che raccontano in primo piano le loro esperienze sessuali, tra sfacciataggine e sofferenza. Una vecchia intervista a Lou Sullivan, il primo attivista FtoM gay, morto di Aids negli anni Novanta. Dialoghi espliciti su desiderio e vergogna. Racconti di dominazione e di malattie sessualmente trasmissibili. E poi ancora: piercing, asciugamani, lacrime, abbracci al buio, monitor da ufficio con file e cartelle che vengono chiusi improvvisamente, gocce di pioggia dal soffitto, specialità culinarie iraniane. Tanti spunti, forse troppi.
Desire Lines non ha paura del vuoto né di accostare e assemblare contenuti eterogenei e a volte poco chiari. È un flusso di coscienza per immagini che rivela un’urgenza espressiva più da attivista che da filmmaker. Non tutto funziona: il tema del desiderio è fin troppo razionalizzato e l’ossessione identitaria dei protagonisti a volte impedisce di instaurare una reale empatia con il loro vissuto. Eppure, si esce dalla proiezione con una certezza: c’è ancora bisogno di nuovi racconti e di opere come questa. Opere coraggiose, di nicchia, disordinate e fuori da qualsiasi format.