É stato proiettato nella quarta serata del Lovers Film Festival di Torino il documentario Lesvia, diretto dalla regista greca Tzeli Hadjidimitriou. Presentato nella sezione Fuori Concorso, il film racconta la crescita della comunità lesbica sull’isola greca di Lesbo negli anni ’80 e il ruolo della memoria della poetessa Saffo, nativa dell’isola.
Una terra di confine
Lesvia ricostruisce come, a partire dagli anni ’70, donne lesbiche di tutto il mondo siano state attratte dall’isola greca in quanto patria della poetessa Saffo, prima donna a scrivere del suo amore per altre donne nella letteratura antica. Quando arrivano sull’isola le donne scoprono un villaggio in apparenza accogliente in cui, decise a tenere viva la memoria della poetessa e a vivere liberamente il loro amore, rifondano una comunità di donne lesbiche sulla spiaggia. Ma dopo un periodo di convivenza pacifica con gli abitanti del luogo ben presto si ritrovano demonizzate e guardate con sospetto proprio come nei loro paesi di provenienza.
Tzeli Hadjidimitriou, donna lesbica e nativa dell’isola, con Lesvia indaga due tipi di identità “Lesbica” – quella dei nativi dell’isola e quella delle donne lesbiche – anche attraverso la sua esperienza personale a cavallo tra le due identità. Mescolando immagini d’archivio e testimonianze delle donne che hanno attraversato l’isola negli anni, la regista ricostruisce più di quarant’anni di coesistenza tra le due comunità, tra momenti di conciliazione e rispetto reciproco e momenti di scontro.
Una terra di cambiamenti
Lesvia é anche l’osservazione di come, nel tempo, la comunità lesbica riesca a crescere sull’isola nonostante gli ostacoli e i sabotaggi esterni. La regista documenta come nel primo decennio del nuovo millennio le donne lesbiche abbiano trovato il modo di diventare, a loro volta, native dell’isola, rivendicando la loro filiazione spirituale con Saffo. Sempre più business gestiti da donne e per sole donne, come hotel e bar, vengono aperti e continuano ad attirare donne lesbiche da tutto il mondo, allargando questa rifondata sorellanza che rende fede alla memoria dell’antica comunità che gravitava proprio intorno alla poetessa.
Ma la popolazione nativa non tarda a sentirsi espropriata della propria terra e della propria identità “lesbica”. Le continue pressioni ostacolano questi nuovi business e presto l’isola si trasforma da paradiso a luogo non più così libero e sicuro come lo era all’inizio. Oltretutto, la comunità subisce un ricambio generazionale al suo interno: anche per le mutate condizioni sociali a livello globale le donne più giovani non mostrano più la stessa attrazione verso l’isola, che pian piano si svuota. Sembrerebbe la fine della storia della comunità lesbica in quel luogo che, per secoli, le é stato legata fin dal nome.
Lesvia: una terra di libertà
Ma invece, come la regista Tzeli Hadjidimitriou ricorda, non finisce tutto così. Negli ultimi anni infatti l’isola si é ripopolata di donne lesbiche e giovani che, con la stessa vitalità e intraprendenza delle donne degli anni ’80, hanno rifondato una nuova comunità in cui convivono con le loro “madri” e le loro “nonne”. In una delle sequenze più emozionati di Lesvia la regista, intervistando insieme donne più giovani e più anziane, fa emergere la storia di una comunità durata decenni ma sempre attraversata da sorellanza, orgoglio e libertà.
E quanto c’é di più profondo nelle parole delle donne più giovani é la consapevolezza di essere debitrici nei confronti di coloro che sono arrivate prima e che, con grande coraggio, hanno fondato un gruppo fiero e pieno di amore. É soprattutto grazie a loro che la comunità lesbica, nonostante l’odio e le discriminazioni non siano scomparse, vive anche oggi con libertà e senza mai fare spegnere il suo orgoglio.