Premiato al Far East Film Festival 2023 e distribuito nelle sale italiane da Tucker Film da giovedì 30 aprile 2024, Come fratelli – Abang e Adik appartiene alla schiera di quelle opere d’autore semplici ma indelebili. Al suo debutto in cabina di regia, Jin Ong dà voce a una realtà dal quale prendere spunto, non solo per riflettere su alcuni valori imprescindibili, ma anche per impararne l’importanza.
Attraverso la storia dei protagonisti – magistralmente interpretati da Wu Kang Ren e Jack Tan – vengono affrontati tanti temi, dall’amicizia al sacrificio, dalla solitudine alla paura. Il discorso culturale caratterizza la narrazione, rendendola al tempo stesso poetica e potente.
Come fratelli – Abang e Adik | La trama
Adik (Jack Tan) e Abang (Wu Kang Ren) vivono in una condizione di precariato costante in uno dei quartieri di Kuala Lampur. Non hanno nè un lavoro vero e proprio, nè i documenti che permetta loro di cambiare la situazione. Mentre il primo finisce sempre per cacciarsi nei guai, seguendo le orme di criminali senza scrupoli, il secondo tenta in ogni modo di rigare dritto e di proteggere l’altro.
Io ho solo te.
Cresciuti insieme, pur non avendo alcun legame di sangue, Abang e Adik si comportano (e si considerano) come due veri fratelli. E, come tali, esibiscono una serie di differenze caratteriali, che li porta spesso a scontrarsi. Ma l’affetto che li lega non è mai messo in dubbio, neanche nei momenti di maggior sconforto o nelle liti più burrascose. Ad aiutarli, due figure femminili straordinariamente umane e importanti: una prostituta di nome Money (Kim Wang Tan) e l’assistente sociale Li Jia (Serene Lim).
Piccoli gesti a dare senso all’esistenza
Come fratelli – Abang e Adik mette in luce un particolare spaccato esistenziale, dal quale è impossibile non venir toccati. I due protagonisti appartengono alla schiera degli umili, degli oppressi, degli sfortunati. Eppure, in qualche incredibile maniera, trovano la spinta, se non esattamente la voglia, di andare avanti, di farcela, di sopravvivere. Ma come può definirsi vita questa?
Posso solo guardare da lontano.
Se lo domanda, a un certo punto, Abang, durante un monologo che da solo varrebbe tutta la visione. Wu Kang Ren apre il suo cuore e, nel farlo, spezza il nostro. Il senso di un’opera simile è racchiuso in momenti all’apparenza piccoli, semplici, come i gesti che si scambiano i due fratelli. La coccia di un uovo sodo rotta sulla fronte, un pettine che spazzola i capelli.
Amore fraterno e sacrifici
L’amore fraterno prescinde dall’essere nato nella stessa famiglia, dagli stessi genitori; è qualcosa che viene a crearsi naturalmente e diventa indissolubile. Se le condizioni di povertà che vivono Abang e Adik li spinge a trovare riparo e conforto l’uno nell’altro, i due si sono scelti al di là di una mera questione opportunistica. Vittime di un sistema che non concede spiragli alla speranza, i protagonisti credono ancora a un futuro possibile. E lottano con tutte le loro forze per ottenerlo.
Io non credo più a nessuno.
Ma la realtà – che non è solo quella sullo schermo, quanto, in definitiva, quella a cui la storia si ispira – è cruenta, limitante, inamovibile. E il sacrificio richiesto diviene così grande da rivelarsi addirittura liberatorio.
*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.