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Interviews

Pordenone Docs Fest: l’alfabeto del festival

Si è conclusa la 17° edizione del Pordenone Docs Fest. Intervista collettiva ad alcune delle menti dietro al festival di cinema del reale: con il presidente di Cinemazero Marco Fortunato, il curatore del festival Riccardo Costantini e la programmatrice Silvia Carobbio.

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Termina per questa edizione il Pordenone Docs Fest, l’iniziativa di Cinemazero che ogni anno porta nella città friulana il meglio del documentario internazionale: una raccolta di voci del reale, dai grandi protagonisti del passato alle possibilità di crescita futura del genere, in Italia come nel mondo.

Abbiamo chiesto ad alcuni dei volti dietro un progetto virtuoso e in costante crescita i segreti delle fondamenta di un festival partecipato, attivo sul territorio, con una programmazione preziosa e una forte attenzione al contemporaneo.

Ne è uscito un piccolo abecedario che parla del ruolo e delle responsabilità di chi in Italia promuove la cultura per lavoro. Con la gentile collaborazione del presidente di Cinemazero, Marco Fortunato, il curatore del Pordenone Docs Fest, Riccardo Costantini e la programmatrice del festival, Silvia Carobbio.

CONTINUITA’

Marco Fortunato: “Il Pordenone Docs Fest è il momento centrale all’interno di una vasta e articolata azione culturale che fa Cinemazero. Per noi è anche un’occasione per declinare un percorso valoriale che ci siamo dati. Valori astratti come: l’inclusività, la sostenibilità, la partecipazione e la dimensione della comunità.

Questo è fondamentale perché fa parte di un percorso più ampio di una realtà che è in piacevole controtendenza. Non solo nella gestione delle sale cinematografiche, che è la nostra attività principale, ma anche in tutte le attività collegate: il festival, la valorizzazione dei nostri archivi mediali e iconografici, le attività didattiche, i percorsi laboratoriali e i workshop. Stiamo crescendo anche con i nostri rapporti con il mondo industry. Questo si concretizza in un percorso che vede il suo culmine durante il festival ma dura tutto l’anno.

Anche Cinemazero non vuole essere solo contenitore culturale ma ambisce ad essere produttore culturale: fare attività nel lungo periodo che producono delle ricadute sul territorio.”

Riccardo Costantini: “Ovviamente il festival fa il suo percorso e c’è sempre un po’ l’ansia del pubblico ma la nostra ambizione è anche creare un percorso duraturo e che i film che proponiamo abbiano anche una vita lunga dopo l’anteprima a Pordenone.

Si dovrebbe uscire dalla logica che un festival vive soltanto in quei giorni. Un motore culturale deve avere delle ricadute anche nel lungo periodo, che sia in una pubblicazione o nella vita di un film o nel sostegno alla distribuzione o alla produzione”

COMUNITA’

Marco Fortunato: “Una cosa fondamentale è sicuramente la dimensione della comunità. Qualcuno ci chiede come mai Cinemazero è riuscito a superare un momento così drammatico e difficile come la pandemia e il merito principale va sicuramente al pubblico di Cinemazero che non è composto solo da quelli che vengono in sala.

Cinemazero in 46 anni di attività ha creato veramente una comunità e questo si vede molto bene in queste occasioni speciali come il festival. Pordenone Docs Fest è la possibilità di vedere documentari in sala insieme ma anche partecipare a momenti collettivi. Ti può capitare di prendere un aperitivo e dialogare con gli ospiti, o di incontrare a Pordenone un premio nobel per la pace o un grandissimo maestro del cinema contemporaneo come Marco Bellocchio.”

PARTECIPAZIONE

Silvia Carobbio: “Io sono arrivata a Pordenone Docs Fest quest’anno e quello che mi ha colpita di più è la partecipazione in sala.

È fondamentale per il documentario riuscire a dialogare con il pubblico, un dialogo che è diverso da quello del cinema di finzione.

Ed è importante riuscire a intercettare un pubblico e a formarlo, un lavoro che si vede che qua è stato fatto ed esiste. Le sale sono piene la mattina, il pomeriggio, le persone intervengono, c’è attenzione e si vede che c’è uno stimolo forte che arriva da tanti anni di costruzione di un pubblico attento e sensibile a tante tematiche e linguaggi. È bellissimo vedere come le persone si fermano fuori dalla sala e dialogano tra loro e cercano il dialogo con l’autore. Vogliono sapere effettivamente come si fanno i documentari, il processo di creazione di quello che si vede.”

CURA

Riccardo Costantini: “Nella mia filosofia la parola chiave è il tentativo di avere la cura massima nella presentazione di contenuti, ospiti e film. L’Italia purtroppo sconta ancora una certa sciatteria nel presentare i film sia dal punto di vista tecnologico ma anche nell’offrire gli spazi agli ospiti e fornire il giusto tempo per approfondire i  film. Mi preme la parola cura: ho notato che dopo il covid magari chi ha ri-aperto non si è curato di niente. Post-Covid si fa sicuramente più fatica e ci sta sicuramente un lavoro aggiuntivo da dover fare ma è un tipo di responsabilità, come programmatori culturali, che si deve prendere.

Io conto sul lavoro di un  team e sulla varietà di sguardi. Credo molto che un festival è un lavoro collettivo. Mi piace definirmi curatore perché in questo ruolo ci tengo a prendermi anche la responsabilità nel caso le cose vanno male. Ma la cura passa anche per avere sguardi diversi, professionalità diverse, confronto sull’esperienza precedente e su saperi specifici.”

ATTENZIONE (AI TITOLI PROPOSTI)

Silvia Carobbio: “C’è tanto documentario oggi in Italia e a livello internazionale. La qualità è sempre più alta e in qualche modo nella selezione di quest’anno si è cercato di spingere ancora di più sul documentario d’autore e su quello internazionale.

Vi è stata una selezione che ha puntato su un cinema magari meno immediato nella maniera in cui si pone rispetto al pubblico. Un tipo di documentario che solleva più domande di quelle a cui risponde.

È questa la sfida e l’idea che abbiamo voluto trasmettere quest’anno: sfidare il pubblico e permettergli di riflettere e sollevare dei dubbi. Creare un’occasione di mettere in discussione se stessi e avere rappresentate tante voci, da tutte le parti del mondo.”

ATTENZIONE (AI PIU’ GIOVANI)

Marco Fortunato: “Da diversi anni Pordenone Docs Fest copre le spese di tantissimi studenti di cinema, un contributo piccolo ma speriamo significativo per la crescita culturale e cinematografica di questi ragazzi. Avrebbe però un significato diverso se fosse un’esperienza estemporanea, limitata ai cinque giorni del festival. Invece intorno a Cinemazero ruota stabilmente un gruppo di ragazzi che abbiamo chiamato Young Club: una quindicina di ragazzi tra i 15 e i 25 anni che si ritrovano stabilmente a Cinemazero e partecipano e organizzano una serie di attività, tra cui anche la possibilità di partecipare attivamente alla programmazione del cinema. Alcuni di loro nel tempo entrano nell’organico di Cinemazero, come Tommaso Fabi, il creatore della sigla del festival di quest’anno.”

COMUNICAZIONE

Riccardo Costantini: “Lavoriamo tantissimo sulla questione della comunicazione. Da un lato bisogna stare attenti a non trasformare tutto in evento: non è che ogni giorno che il cinema apre ci dev’essere un attività speciale. Dall’altro lato devi essere in grado di comunicare il valore aggiunto che hanno questi film. Costruire una comunicazione mirata, rivolgersi al giusto pubblico.

Noi facciamo i trailer, ricostruiamo le sinossi spesso in maniera un po’ più accattivante e lavoriamo con associazioni, con un possibile pubblico ideale, andiamo a creare un po’ di volume comunicativo sia locale che nazionale per far sapere anche semplicemente al pubblico che il festival esiste.”

SOCIAL SPONSORS

Riccardo Costantini: “Quest’anno abbiamo accolto la sfida di rinunciare a sponsor puramente commerciali e dare spazio e voce a quelli che abbiamo rinominato “social sponsors”.

L’abbiamo fatto per il pubblico: per dare un messaggio e fare un’azione concreta di sensibilizzazione  su alcune tematiche e far conoscere le realtà coinvolte: alcune sconosciute, altre  magari conosciute ma che necessitavano di un aggiornamento in termini di comunicazione.

Da un altro lato c’è stato il desiderio di parlare direttamente anche agli sponsor commerciali e dire loro: “è il momento di aggiornarsi, non potete pensare che una manifestazione culturale voglia semplicemente dialogare in termini di visibilità, loghi o product placement”.

Sentivamo  il desiderio di dialogare con partner che hanno i nostri stessi valori, perchè a volte la cultura può fare anche delle scelte  e decidere di parlare di cose che si ritengo valide come contenuto.

Tutto questo sta avendo una ricaduta positiva anche sulle stesse aziende: ci stanno chiamando altre realtà che magari hanno piacere anch’esse ad aggiornarsi e far partecipare i propri dipendenti alle nostre attività. Oppure che ci stanno invitato a partecipare e incontrarli con i film del festival nelle loro realtà.”

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