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Asian Film Festival

‘Maryam’: anche il cinema malese ha a cuore il destino delle donne

Il film malese di Badrul Hisham Ismail, già vietato in patria, è una feroce denuncia della condizione della donna in un paese dove l’Islam è religione di Stato.

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Le mani di mariam affondano nel frutto Durian

Il cinema malese si conferma una costante all’AsianFilmFestival: quest’anno è presente tra gli altri un film conturbante, originale, già vietato in patria.

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Struttura semplice e lineare

MARYAM vuole sposarsi. Il film, che critica senza mezzi termini il razzismo dell’upper class malese, ha un arco narrativo che si sviluppa nel tempo di una sola giornata. La colazione della protagonista, una intensa Sofia Jane, l’arrivo al lavoro e il rapporto con il suo assistente, la visita al padre per suggellare le nozze, un incontro con l’avvocato, il conforto dell’amica del cuore, la visita alla moschea e il rientro.

Andrà tutto al contrario di quanto sperato.

Il matrimonio islamico

Il diritto islamico classico riconosce e tutela solo la famiglia legittima, basata su un vincolo di sangue, fondata sulla discendenza maschile, all’interno della quale l’uomo gode di potestà matrimoniale e genitoriale, da cui deriva il diritto di “educare, correggere” sia la moglie che i figli, secondo regole strettamente patriarcali. Si chiama Shari’a (la legge religiosa islamica) dove il matrimonio non è un sacramento, ma un contratto bilaterale di diritto civile, consensuale, formale, ma monoandrico e poliginico. Preparato da due «notai», firmato dagli sposi (ma non personalmente dalla sposa!) e necessita il consenso del padre della sposa anche quando questa ha superato i cinquant’anni.

Il voyeurismo come extrema ratio

La dinamica dei personaggi, in particolare dei due sposi, sottrae allo spettatore la visione dell’“oggetto” del desiderio carnale della protagonista: il fidanzato, il promesso sposo appunto, con il quale Maryam avrà solo un breve dialogo telefonico. Con gli altri l’interlocuzione sarà soprattutto sorretta da dialoghi taglienti, sguardi forti, una prossemica efficace ed espressiva, anche nell’immobilità. Il film è una feroce denuncia della condizione della donna in un paese dove l’Islam è religione di Stato.

Il padre, forte delle tradizioni di casta, le dirà che non è possibile sposare un uomo della Sierra Leone: lui non le darà mai l’autorizzazione necessaria.

Le amiche le consiglieranno dei modi alternativi per soddisfare la sua sete di piacere.  L’interpretazione straordinaria della protagonista ci restituisce il senso di frustrazione nei confronti di un contesto, sociale e familiare, dove serpeggia un razzismo, spesso inconsapevole, persino degli affetti più prossimi.

Il funzionario della moschea che deve firmare richiesta di matrimonio di Maryam, la sottoporrà ad una serie insopportabile di domande, ammiccamenti, manipolazioni, accuse velate, umiliazioni.

“tu sei una donna malese e devi essere penetrata solo da un uomo malese”.

Durian, il frutto della passione

Il voyerismo di Maryam, espressione eminentemente cinematografica del desiderio, si infrange nella lente sfocata di un binocolo con cui osserva i movimenti degli uomini che le abitano di fronte. Oppure si esprime attraverso attente osservazioni di foto artistiche di nudo maschile, esposte nella sua stessa galleria. Oppure ancora finisce in un ristorante dove pranza da sola, la spinge a sfidare il pudore di uno sguardo voluttuoso, cui si sottrae, fuggendo. Il desiderio è un frutto maturo che Maryam divora come se copulasse, si chiama Durian, e forse non a caso viene definito “il re della Malesia”. Esattamente come l’amore per Maryam, il durione è un frutto bizzarro e prelibato, costosissimo (quasi sconosciuto in Italia): ha un sapore dolce e piccante e l’odore acre e insopportabile della privazione. Il desiderio reiterato e depresso rischia di diventare perversione.

Film come denuncia

Una sottile ma persistente rete discriminatoria nei confronti delle scelte delle donne, castrate e ingabbiate in vincoli ancestrali, religiosi e di casta, costituisce la gabbia sociale ed affettiva della protagonista. Le tribolazioni per riuscire a sposarsi diventano un calvario per Maryam, armata dell’amore verso il suo fidanzato, della forza motivazionale datele dalla sua avvocatessa e forse, perché no, della volontà di porre fine all propria verginità. L’avvocatessa, dal canto suo, una donna forte e determinata, si fa mentore lucida al cospetto di una Maryam attonita e stordita, colta nell’attimo esatto della sua presa di coscienza. Il discorso senza mezze misure, ottimamente interpretata da una esuberante Bella Rahim, si fa manifesto di una nuova coscienza di genere in favore dei diritti delle donne.

MARYAM

  • Anno: 2023
  • Durata: 103
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Malesya
  • Regia: Badrul Hisham Ismail