Alla sempre più nutrita schiera di titoli dedicati a Quentin Dupieux, su IWONDERFULL (e su IWONDERFULL Prime Video Channel) si è da poco aggiunto Fumare fa tossire, terzultimo film del regista. L’ennesimo, assurdo tassello di un cinema fatto di storie all’apparenza esilaranti e demenziali ma che, come sempre nell’universo dell’autore francese, nasconde un cuore irrimediabilmente pessimista.
‘Fumare fa tossire’: la trama
Un ragazzino, in viaggio con la famiglia, scorge un combattimento in lontananza. È la Tobacco Force, una squadra di supereroi che combatte il Male servendosi dei poteri nocivi del fumo. Ma una nuova minaccia e alle porte: il malvagio Lezardin (Benoît Poelvoorde) sta progettando nientemeno che l’annientamento del mondo intero. È tempo allora per la squadra di ritrovare l’affiatamento di un tempo. Mandati dal loro capo, il ratto antropomorfo Didier, a fare team building in mezzo alla natura, i cinque, in attesa dello scontro finale, cominceranno così a raccontarsi storie spaventose.
Antologia dell’idiozia umana
Quando sembrava ormai impossibile addentrarsi ancora più a fondo negli abissi della stupidità umana, ecco tornare ancora una volta Quentin Dupiex con il suo ennesimo trionfo dell’assurdo. Fumare fa tossire è quasi un manifesto di poetica. Un concentrato di satira irridente che parte dall’ovvio della frase fatta del titolo per estendere il suo senso del ridicolo all’intero film. Ed è un film, questo, come sempre sulla banalità. Sull’inutilità dell’umano e della retorica con cui infarcisce l’esistenza. Un’opera demente e nonsense come le storie di paura che i protagonisti si raccontano attorno al fuoco. Quasi ipotesi di altri film possibili, parenti strette dei recenti Mandibules e Incredibile ma vero.
Raccontando le peripezie di un gruppo di improbabili e ridicoli Power Rangers (emersi, forse, dalla fantasia di un ragazzino che sonnecchia in macchina), in lotta con kaiju approssimativi affrontati a colpi di nicotina, benzene, metanolo, mercurio e ammoniaca, Fumare fa tossire diventa così presto un’antologia sui mondi stessi di Dupieux. Un ‘Decameron’, vintage e straniante, ad altezza e misura della sua umanità sempre e comunque votata alla sconfitta.
Oltre le parole, il nulla
È qui che, con un nichilismo ormai assoluto, il regista usa il suo cast di star (da Adèle Exarchopoulos a Gilles Lellouche) per distruggere – oltre a ogni logica narrativa – qualsiasi speranza in un mondo migliore. Ricordandoci come quelle storie, alla fine dei giochi, non siano altro che parole, sberleffi, frasi fatte, appunto. Un chiacchiericcio indistinto e superficiale cui sopravvive, cruda e senza fronzoli, solo la realtà dei fatti (il brevissimo, lapidario racconto della bambina). Una realtà piatta, letterale, dove l’umanità è solo un incidente di percorso, l’Apocalisse una storia come un’altra e la possibilità di tornare indietro nel tempo l’ennesima, inutile farsa.
C’è solo questo presente, pare dirci Dupieux. (Non) teniamocelo stretto.