Le anime non raccontano di se stesse, ma di ciò che su di esse ha agito; quanto apprendiamo dal loro racconto non appartiene perciò soltanto alla psicologia, ma alla vita – M. Buber
In Südsee, non accade nulla, almeno in apparenza. La regista, Henrika Kull, dopo aver raccontato nel suo secondo lungometraggio, Bliss (Glück), l’incontro e la storia tra due sex workers, aggiunge un altro tassello al discorso sui sentimenti e sulle pulsioni tra il detto e non detto, che emerge dai silenzi, attraverso la costruzione di una sorta di dramma da camera che gioca sulla tensione sessuale espressa nei dialoghi apparentemente vuoti e ingenui dei due protagonisti.
Südsee vedrà la prima italiana in concorso in questa 37esima edizione del Bolzano Film Festival Bozen (BFFB) il 16 aprile alle 20.30 presso il Cinema Capitol.
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Südsee, un nonluogo tra Tel Aviv e Gerusalemme
Dopo essere stati presentati da un amico in comune, Anne (Liliane Amouat) e Nuri (Dor Aloni) prendono la decisione di passare dei giorni nella casa dei genitori di Nuri, in uno spazio non ben definito tra Tel Aviv e Gerusalemme. Mentre il conflitto tra esercito israeliano e Hamas si intensifica e la situazione in Medio Oriente si inasprisce, i due passano i giorni a bordo di una piscina, sotto la protezione del sistema missilistico Iron Dome.
L’incontro tra Anne e Nuri è improvviso, così come la scelta di andare nella casa di lui. Parlano, riposano, si rilassano dondolando sull’altalena, sguazzano in piscina, mangiano frutta fresca, niente sembra perturbare quanto sta accadendo tra loro nella tesa intimità che stanno costruendo a bordo piscina. Nemmeno gli elicotteri che continuano a volare minacciosi sulle loro teste e gli allarmi assordati delle sirene del conflitto riescono a distrarre da questo incontro.
Südsee, l’incontro tra due solitudini
Henrika Kull non costruisce una trama, non c’è una storia, non accade nulla di importante, almeno in apparenza. La regista decide di rifiutare qualsiasi drammaturgia o trama per raccontare l’inesplosa tensione sessuale tra due solitudini che hanno deciso di condividere un breve tempo e uno spazio, per lavorare ai propri progetti, alle loro velleità, come appare (ancora una volta) dai discorsi frammentati dei due protagonisti.
In Südsee, non abbiamo il solito film di evasione. La spensieratezza, o forse la non curanza rispetto a ciò che accade esternamente, lontano dalla calma a tratti snervante della piscina, diventa pretesto per far emergere tutte le piccole cicatrici,ferite e sofferenze di Anne e Nuri. Sentimenti disturbanti, tesi quasi infantili, tra gelosie e piccole sfide, sono percepiti per tutta la durata del film, in modo fastidioso, in alcune scene tanto dolci, quanto urticanti.
I due passano insieme la giornata, parlano di filosofia, condividono il cibo, tetto e letto, ma non si toccano, non si sfiorano, la tensione sessuale resterà tale fino alla fine, facendo esplodere, al contrario, le pulsioni interne da cui entrambi stanno cercando di fuggire. Anne e Nuri si conoscono, ma non si esplorano. Il tatto non assolve, in Südsee, la funzione aptica, di linguaggio e conoscenza del mondo, delle cose, delle persone. Alla fine, Anne e Nuri restano fermi, nelle loro solitudini, in modo punitivo e, pur se apparentemente privo di senso, umano.
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