“Stupisce questo insolito Ken Loach, in sala con un film lontano dai toni cupi a cui il maestro ci ha abituato e più virante verso la leggerezza della commedia”.
Stupisce questo insolito Ken Loach, in sala con il nuovo film Il mio amico Eric, lontano dai toni cupi a cui il maestro ci ha abituato e più virante verso la leggerezza della commedia. Looking for Eric – questo il titolo originale e che meglio aderisce al senso dell’opera – parla della storia di un postino: Eric per l’appunto (e qui si riaffaccia il tema della working class tanto caro a Loach) interpretato dall’attore di teatro (quasi l’intero cast lo è) Steve Evets, tutto meno che una star dal fascino glamour. Da tempo in depressione per una vita che non riesce più a controllare, ma dalla quale anzi si sente sopraffatto, Eric soffre di crisi di panico da quando trenta anni prima aveva lasciato la donna che amava (e tuttora desidera) dopo la nascita di una figlia. E ora, in età matura e ormai diventato nonno, si trova a fare da padre a due adolescenti sbandati, da tipica baby gang inglese, che la seconda moglie gli ha lasciato in casa dopo la separazione.
Fortuna che ci sono i suoi amici di una vita, la combriccola di colleghi patita del Manchester United, che si accorge della sofferenza che sta passando Eric e fa di tutto per stargli accanto, dalle riunioni di auto-aiuto alle birre al pub davanti alla partita. Ed è qui che si apre un’altra parentesi del film, quella del calcio: come annunciato nella locandina, coprotagonista delle vicende melodrammatiche del postino è Eric Cantona, “genio imperfetto” del calcio britannico, apparso nel cast di Ken Loach come una visione non solo per gli spettatori ma anche per gli attori, la maggior parte dei quali suoi accaniti tifosi e volutamente tenuti all’oscuro sulla sua partecipazione fino allo scoccare del ciak. “Senza di lui non ci sarebbe stato nessun film”, fa sapere Ken Loach: l’idea da cui è partita la sceneggiatura è nata infatti da una proposta dell’ex calciatore scaturita a sua volta dalla storia reale di un tifoso…
Ma per tornare al film, Cantona, nel ruolo di se stesso, oltre a campeggiare nella stanza solitaria di Eric da un poster a grandezza d’uomo, appare al protagonista – forse come effetto dell’erba che fuma, ma lo stratagemma cinematografico funziona alla grande – nei momenti più bui delle sue giornate, per consigliarlo su come affrontare i problemi e dispensare perle di saggezza alla maniera del personaggio reale (famose le sue interviste rilanciate sullo schermo insieme a spezzoni di acrobazie sul campo). Per Eric, Cantona si rivelerà un appiglio fondamentale. Grazie a lui riuscirà a riemergere e poco a poco riprendere le redini della sua vita, anche di quella sentimentale. Gli amici faranno il resto: con il loro aiuto Eric riuscirà a liberarsi dal ricatto e dalle minacce di un malvivente locale che tiene sotto scacco il figliastro e con lui tutta la famiglia. Insieme metteranno in atto l’«operazione Cantona», garantendo l’happy end finale.
Sorrisi e colpi di scena, amarezza e momenti di gioia: Il mio amico Eric contiene tutto questo, oltre a una sapiente regia che appassionerà il seguito di fedeli del regista, e a un’ironia intelligente sempre a un passo dai toni drammatici in cui però non si sconfina quasi mai. Il film è un inno all’amicizia autentica, quella per cui il problema di uno è il problema di tutti, all’amore, quello vero e che dura tutta una vita, e alla passione calcistica, una fede – per chi ce l’ha – che aiuta a vivere meglio. Un film da non perdere.
Ilaria Mariotti
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