Bolzano Film Festival
Intervista a Vincenzo Bugno, direttore del Bolzano Film Festival
Il Direttore artistico Vincenzo Bugno svela cosa aspettarci da quest’edizione
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8 mesi agoon
Direttore artistico della 37 edizione del Bolzano Film Festival, dal 12 al 21 aprile 2024 nella città di Bolzano, Vincenzo Bugno ricopre per questa edizione il suo secondo mandato. Durante l’intervista che ci ha concesso ha avuto modo di illustrare le differenze rispetto all’edizione precedente. Il festival è rappresentativo di una realtà inserita in una ricca rete di collaborazioni con numerose istituzioni e iniziative che operano sul territorio. Dare valore al territorio locale non è l’unica mission. Quest’anno riveste particolare rilevanza anche il focus sul cinema brasiliano, con produzioni che testimoniano il valore del territorio come luogo di transizione tra passato e futuro e che pertanto va preservato. Inoltre ci sarà anche l’omaggio al regista, produttore e distributore Karl Baumgartner, scomparso dieci anni fa.
Blind Husbands è stato selezionato come titolo di apertura della 37 edizione. Quali sono le motivazioni dietro a questa scelta?
Uno dei primi obiettivi che mi sono posto, quando ho accettato la carica di Direttore artistico, è stato quello di offrire una panoramica del cinema contemporaneo. Questo non esisterebbe senza un confronto con la storia del cinema, pertanto mi è sembrato interessante e allo stesso tempo divertente iniziare il Festival con quest’opera. Il film è stato girato in uno spazio montano fittizio con le tecnologie di allora e nonostante questo sembra un paesaggio dolomitico autentico. Con quest’idea ci si riallaccia anche alla regione che ospita il Festival, offrendo anche un’interpretazione storica.
Guardando il programma di questa edizione, si evince che il legame con territorio è un tema molto caro al festival. Il focus sul cinema brasiliano si interseca con il file rouge che unisce cinema e territorio?
Il legame con il territorio è sicuramente fondamentale per l’identità del Festival. Usando uno slogan a me molto caro direi “The more local, the more International”. Il territorio dell’Alto Adige è un punto di partenza interessante: è un territorio di confine con una storia contraddittoria ma un grandissimo potenziale culturale grazie alla diversità linguistica e di popolazioni. Ci sono sempre stati dei focus geografici. L’anno scorso abbiamo proposto quello sulla Galizia spagnola, una regione bilingue. Spesso da queste regione di confine arriva una produzione cinematografica interessante. Quest’anno ho deciso di vedere cosa succede dall’altra parte dell’oceano. Il Brasile ha diverse identità culturali e minoranze che ricoprono un ruolo fondamentale per capire l’identità complessiva del paese. Minoranze che forse un tempo non lo erano e verso cui mi sembra doveroso offrire visibilità.
L’identità culturale ricca di Bolzano fa sì che questo festival locale abbia respiro internazionale. Le differenze linguistiche da limite diventano punto di partenza. È azzardato considerare Bolzano come una piccola Berlino?
Parlare di Bolzano come di una Berlino è un po’ azzardato. Ha una vivacità culturale invidiabile, come Festival di vario tipo, danza, musica. Ha una famosa scuola di cinema conosciuta a livello internazionale che si chiama Zelig e una Film Commission importante. Si tratta sicuramente di un territorio molto fertile e un pubblico curioso. È importante per il Festival non fare una proposta scontata ma cercare di fare delle proposte non facilmente visibili altrove.
Avete pensato a come attrarre il pubblico giovanile e a come sensibilizzarlo su queste tematiche?
Credo che questo passi attraverso un offerta contemporanea, che possa incuriosire questa fascia di pubblico. Inoltre offriamo anche un abbonamento per studenti al prezzo di dieci euro e con questa cifra si possono vedere anche trenta/quaranta film. Inoltre abbiamo pensato anche ad iniziative a medio/lungo termine. L’anno scorso abbiamo inaugurato un progetto pilota che si chiama Lili- Little Lights. Quest’iniziativa è rivolta a giovanissimi in età scolare ed è stata un’esperienza emozionante e commovente. Vedere la meraviglia sul volto dei partecipanti ci ha ripagato degli sforzi. Si tratta di lavorare in collaborazione con le scuole per formare il pubblico del cinema di domani. Sono strategie chiave per un Festival su cui bisogna lavorare.
Quest’anno ricopre il ruolo di direttore artistico per la seconda volta. Quanto è cambiato rispetto alla presente edizione e quali sfide avete dovuto affrontare?
La prima decisone è stata quella di allargare il Festival. L’anno scorso abbiamo offerto un programma troppo condensato. In questa edizione si è allargata la durata del Festival per permettere al pubblico di usufruire dell’offerta. Inoltre abbiamo perfezionato l’identità del Festival partendo dall’edizione scorsa, che ricordo essere di transizione. Le varie sezioni del festival sono in dialogo tra di loro, perché un Festival di medie/piccole dimensioni deve lavorare sul proprio profilo anche per cercare di ottenere i film che vuole proiettare, data l’agguerrita concorrenza. Sono molto soddisfatto perché tra i vari film proposti ce ne sono otto in prima italiana.
In qualità di direttore artistico secondo lei qual’è l’impatto del festival sul territorio?
L’anno scorso è aumentato il numero di spettatori e questo indica che l’evento funziona. L’identità del Festival viene capita e sono ottimista riguardo l’affluenza anche per quest’edizione.
Nel programma spicca l’omaggio alla figura di Karl Baumgartner, regista, produttore e distributore, un personaggio che ha avuto una notevole rilevanza nel mondo del cinema. Quali sono stati i criteri che avete usato nella selezione dei film per omaggiare la sua persona?
“Baumi”, come si faceva chiamare, simbolicamente rappresenta l’identità del Festival. Nato a Brunico, aveva un rapporto molto forte con il suo luogo d’origine, ma al tempo stesso si è sempre interessato a quanto accadeva oltre le montagne. Ha fondato una casa di distribuzione molto famosa e a contribuito a creare la notorietà e la carriera di molti altri registi. Ha iniziato a produrre film con registi dell’Asia Centrale e lo sento molto vicino. Ho avuto il piacere di conoscerlo e mi ha notevolmente influenzato grazie alla sua identità cinematografica e culturale che sentivo di condividere con lui. Purtroppo è morto dieci anni fa e ho ritenuto doveroso dedicargli quest’omaggio, che sarà anche molto intimo. Ad esempio ci sarà anche un cortometraggio dove “Baumi” recita con la moglie, che rende l’idea dell’atmosfera culturale dell’epoca. Gli altri due film Stranger than Paradise e Luna Papa, che in qualche modo riassumono l’identità e il lavoro di “Baumi”. Scegliere tre film che lo rappresentino è stato un compito arduo, ma siamo contenti della nostra scelta.