Omayma di FabioSchifilliti è una toccante storia vera. Un cortometraggio che condensa in pochi minuti la triste vicenda di Omayma, mediatrice culturale tunisina immigrata in Italia e mamma di quattro figlie.
Passato e presente si incastrano, si incatenano e si alternano in un quasi poetico susseguirsi diventando un tutt’uno fino a farci comprendere certe motivazioni e certi comportamenti.
La giovane donna protagonista del corto è una persona rilassata, felice e colorata nel passato. Ma è anche una donna sottomessa, triste e spenta nel presente.
Una storia, quella mostrata dal regista Schifilliti, che, purtroppo, è sempre più attuale e frequente.
Nonostante i pochi minuti a disposizione è impossibile non riuscire a empatizzare con Omayma e con il suo sguardo penetrante alla ricerca di aiuto e conforto. Una richiesta silenziosa che, però, si fa sempre più insistente, soprattutto grazie alla figlia che, con l’innocenza che caratterizza i bambini, si interroga su ciò che vede e su ciò che la madre è quotidianamente costretta a subire.
La favola si trasforma in incubo
Un colpo di fulmine, come nelle più classiche storie d’amore. Affascinante e irresistibile al punto giusto, tanto da riuscire quasi a convincere anche la giovane Omayma che non sembra intenzionata a sposarsi.
Dietro l’apparente scintilla, lei riesce a vedere la verità e la realtà: una mostruosità ben celata da comportamenti e modi di fare educati e raffinati. E se per un attimo Omayma può provare a concedersi il lusso del sogno, insieme a noi spettatori che ci illudiamo l’uomo possa cambiare, ecco che veniamo immediatamente catapultati nella dura e cruda realtà che attanaglia la donna anche in quello che dovrebbe essere il giorno più bello della sua vita: il matrimonio.
Omayma: quando la vita si trasforma in una prigione
Imprigionata e braccata in una vita che non vuole, Omayma subisce più o meno volontariamente una vera e propria trasformazione, in tutto e per tutto. Emblematica, in tal senso, la sequenza nella quale la donna si specchia e decide di cambiare, diventare un’altra.
Un cambiamento che è obbligata a fare per sopravvivere, per il bene suo e della figlia, per salvaguardarsi all’interno di un mondo che forse non le appartiene più. O che non le è mai appartenuto veramente.