fbpx
Connect with us

Interviews

Giorgio Colangeli: intervista con un comprimario d’eccezione

Sguazzare nei ruoli da cattivo non è da tutti e Giorgio Colangeli ne è la dimostrazione

Pubblicato

il

giorgio colangeli

Padrino dell’edizione numero 12 del Prato Film FestivalGiorgio Colangeli si è raccontato, attraverso alcuni dei suoi film e dei suoi ruoli. Volto iconico e noto, ma spesso relegato al secondo piano, l’attore romano ha dato vita a tanti personaggi rimasti nell’immaginario collettivo. Dai memorabili personaggi cattivi al recente ruolo nel film campione d’incassi di Paola Cortellesi, C’è ancora domaniGiorgio Colangeli ha spiegato alcune sfaccettature delle sue interpretazioni.

Giorgio Colangeli: il perfetto comprimario

Sei un attore che, nonostante il volto noto, forse solo nei titoli più recenti è riuscito a diventare veramente protagonista al 100%. Mi vengono in mente tanti tuoi ruoli iconici, ma si tratta sempre di personaggi più defilati.

Sì, è vero. A parte alcune opere prime per le quali il regista mi ha chiamato e ha puntato proprio su di me, di solito il cinema più mainstream mi utilizza per ruoli da comprimario. Ma devo dire che onestamente a me non dispiace perché anche quello è un esercizio di sobrietà. Tutto sommato in un film è più difficile fare dei ruoli piccoli rispetto a essere dei protagonisti. Ovviamente il protagonista ti consente di avere una parabola molto lunga e hai il tempo di affinare il personaggio, ma quando hai 3/4 giorni di lavoro è diverso, il personaggio deve essere già delineato altrimenti non c’è il tempo materiale di perfezionare.

Ad avvalorare quello che dici c’è il fatto che i tuoi personaggi, seppur comprimari, rimangono spesso nell’immaginario collettivo e risultano iconici. Per esempio, a me viene in mente il tuo ruolo, seppur indietro nel tempo di più o meno una ventina d’anni, in Distretto di polizia. Anche se non sei stato il protagonista sei rimasto impresso nella mente dello spettatore.

C’è da dire, però, che moralmente quello era un protagonista.

In realtà avevo già fatto capolino nelle precedenti edizioni di Distretto di polizia come protagonista di puntata. Poi ero stato contattato per il cosiddetto cattivo lungo che era una sorta di protagonista: faceva poco in ogni puntata, ma c’era sempre fino alla fine. Ed era già un riconoscimento quello. Mi ricordo che quella è stata una delle prime cose che ho fatto dopo la vittoria del premio Marco Aurelio alla Festa del cinema di Roma e il David di Donatello che segnalava già una certa visibilità e una certa consistenza. Ricordo con piacere quel ruolo e quell’esperienza. Ho fatto un calabrese estremo come succede a chi non è madre dialetto, ma lo impara con i coach. Alla fine ero più calabrese di un calabrese.

giorgio colangeli

Dalla Calabria alle Marche: Castelrotto

Non solo calabrese. Nel corso della tua carriera hai dovuto un po’ giocare con i dialetti. Anche recentemente…

Esatto, ho giocato con i dialetti anche nell’ultimo film al quale ho preso parte, Castelrotto di Damiano Giacomelli, girato interamente nelle Marche. Il film sta ancora girando, lo stiamo ancora distribuendo in maniera artigianale (cioè lo distribuiamo autonomamente). Sta andando molto bene e lì devo dire che parlo un disinvolto maceratese che ovviamente mi sono imparato e che non mi dispiace per niente.

Giorgio Colangeli è Ottorino in C’è ancora domani

Visto che abbiamo fatto un salto avanti nel tempo e sempre parlando di ruoli iconici non posso non chiederti del tuo personaggio in C’è ancora domani.

Ottorino è chiaramente un cattivo, ma un cattivo estremo in un film che, nonostante l’uso del bianco e nero e l’epoca nel quale è ambientato che strizza l’occhio, in parte, al neorealismo, non ha molto di realistico. Nel senso che è una specie di favola estremizzata nella quale il mio personaggio è una specie di orco. E alla fine, come succede nelle storie che sono un po’ anche favole, risulta anche simpatico. Le reazioni del pubblico, infatti, non sono quelle che hanno di solito quando si trovano di fronte a un personaggio completamente cattivo, che è antipatico. In realtà risulta simpatico anche questo cattivissimo Ottorino.

Sì perché se dobbiamo dare un’etichetta di cattivo nel film quella forse se la aggiudica Ivano, il personaggio interpretato da Valerio Mastandrea.

Sì, anche perché quello di Paola con Valerio è un corpo a corpo continuo. Tutti i giorni ci sono questi scontri e combattimenti. Io, invece, sono ormai un teorico, sto a letto e non posso fare niente.

Anche la tua violenza, se così si può definire, è diversa rispetto a quella di Ivano.

Esatto. Ho dato vita a un personaggio che ha una violenza verbale, non si vede mai quello che dice. Afferma di picchiare, aver compiuto gesti cattivi e violenti, ma non lo vediamo mai agire in questo modo, anche perché a letto. Quindi si può pensare anche che tutto questo sia frutto della sua immaginazione. Magari se lo è inventato.

Come hai lavorato per creare questo personaggio?

Diciamo che non ho fatto grandi sforzi per dare vita a Ottorino. Mi sono riferito a persone conosciute nell’ambito della mia famiglia e poi ho preso ispirazione un po’ in generale in giro.

Un personaggio che, tornando a quanto detto prima, seppur comprimario assume un ruolo importante nel corso del film.

Sì, diventa protagonista nel momento in cui smette di esserci (per rimanere sul vago). Una serie di fatti nascono da quella circostanza e quindi il suo ruolo assume un significato diverso e particolare.

Una faccia da cattivo

Ottorino non è, però, un caso. Spesso, nel corso della tua carriera, c’è stata la scelta di affidarti ruoli da cattivo.

Sulla testimonianza anche di mia moglie, ricordando i primi momenti della nostra conoscenza nei quali mi diceva “pensavo tu fossi davvero cattivo” posso dire che questa scelta è dettata probabilmente dalla mia espressione. Penso che a riposo, cioè quando non ho motivi particolari per sorridere (e col lavoro che faccio devo sempre sorridere obbligatoriamente), mi ritrovo a riposare i muscoli della faccia assumendo espressioni involontariamente che sembrano richiamare l’idea del cattivo. Penso possa dipendere da questo.

Foto di Bongi Shaila

Può darsi. Sicuramente, però, così facendo realizzi quello che è il sogno di quasi tutti gli attori, quello di interpretare un cattivo.

Alla fine il cattivo è sempre più popolare. Lo vediamo anche nel mediatico e nel quotidiano. Quello che fa notizia è sempre il male. Ci sono naturalmente persone che fanno il bene e il proprio dovere tutti i giorni, ma nessuno ne parla a differenza di quei pochi che fanno qualcosa di brutto.

Oggi il mercato privilegia comunque la visibilità e, continuando così, c’è il rischio di ritrovarsi in una società dove i vertici e le persone che contano sono tutti cattivi. Perché sono diventati visibili.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

Vuoi mettere in gioco le tue competenze di marketing e data analysis? Il tuo momento è adesso!
Candidati per entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi Drivers