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Approfondimenti

Brian De Palma : ribaltare il gangster

Il regista di 'Scarface', ora tornato nelle sale, nella sua sfolgorante carriera ha superato i confini del gangster classico, nutrendo una passione disarmante per l’antagonista che da potente si dimostra perdente

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Brian De Palma è senza dubbio uno di quei direttori pionieri della New Hollywood passati con gli anni in sordina. Differentemente dei suoi colleghi come Scorsese, divenuti anti-sistema e poi sistema stesso, De Palma non è mai sceso a patti definitivi con l’industria. Rimanendo i suoi film una mescolanza di suspence hitchcockiana e violenza criminale.

Intervista a Brian De Palma

Scarface – Brian De Palma

Tony Montana è la figura più interessante nella filmografia di De Palma. Mentre il film di Hawks dipinge la parabola di un gangster vincente all’esterno ma perdente internamente, il Montana di Al Pacino trova la sua fortuna iniziale nell’essere un residuo della società. Un criminale cubano appena uscita dal carcere. Siamo in due Scarface diversi. In Hawks la figura di Tony è ispirata ad Al Capone. É già un gangster con una sua struttura criminale che agevola la sua scalata sanguinaria. Nello Scarface di Brian De Palma, Montana dal nulla aspira alla ricchezza, ai cartelli della droga sempre più alti.

E il troppo che stroppia. Nell’escalation dell’antieroe di De Palma è forte la parabola del celebre sonetto Ozymandias di Percy Shelley. L’uomo che vuole ancora di più. L’imperatore di un impero fragile che cade in virtù della sua ossessione di potere e bramosia economica. Siamo negli anni Ottanta. Il periodo della New Hollywood è ormai esaurito per far posto alla Hollywood dei blockbusters.

In controtendenza a ciò, Brian De Palma realizza un film estremamente violento, in un linguaggio tra il thriller sporco e il pulp crudo. Uno dei suoi meriti nel corso del tempo è non avere mai lasciato il mondo degli esordi, anche quando sarebbe convenuto al regista del New Jersey adeguarsi alla tendenza di quell’epoca. Scarface assume le fattezze di un film manifesto. Un caposaldo generazionale della Miami di Pablo Escobar, dell’ascesa dell’immigrato dei soldi facili e della scalata verso il sogno americano. “Il mondo Chico e tutto quello che c’è dentro” è la nota frase ormai cult come il film stesso che Montana rivolge all’amico Manny, ed è ancora il frasario del declino del gangster a concludere la sua sete di potere, “Di chi mi fido? Di me.” Tony vive con i soldi, ma isolato negli affetti, schiavo dei suoi istinti di un mondo che Montana ha sempre guardato dall’alto. Arrivando a bruciarsi.

 The Untouchables  – Brian De Palma

Ciò che evita rispetto al film d’origine di Hawks, Brian De Palma lo realizza con The Untouchables da noi noto come Gli Intoccabili. Se Scarface è un film abbastanza coppoliano a suo modo nel descrivere la vita criminale, avviando nello spettatore un saldo processo di empatia, nel film con De Niro assistiamo a quel senso di giustizia nei confronti della malavita più vicino all’epica di Leone. Siamo all’epoca del proibizionismo, l’Al Capone di Robert De Niro è una divinità della criminalità, una figura del gangster in posizione di forza.

Spietato, e con un concetto di corruttibilità che finisce con inquadrare la legge nelle sue mani. Dall’altro lato il poliziotto buono è Kevin Costner con la sua squadra di agenti integerrimi che cercano di assicurare il boss alla giustizia. Brian De Palma, contro tutte le sue normali aspettative anti-narrative, compone un’opera abbastanza lineare spaziando dalla citazione del cineasta russo Ejzenštejn con La corazzata Potemkin fino a diversi generi che regolano una classica suspence hitchcockiana tra poliziesco e selvaggio western.

L’agente del tesoro Eliot Ness, Costner, ha un radicato senso della legge che lo pone come metro morale del film. Lui e la squadra che mette insieme, seguendo la struttura della classico heist movie, rappresentano l’integrità della giustizia. Che va avanti anche se Al Capone elimina nel tragitto del film tutti i concorrenti. Il passaggio di Brian De Palma dal criminale senza legge del narcotrafficante cubano all’infrangibilità del bene che alla fine deve vincere sempre, potrebbe trasformare il film di De Palma in un’opera abbastanza convenzionale.

Il confine tra legge e giustizia

Ad occhio attento, nella percezione del rispetto delle regole, il personaggio di Costner è molto simile a quello di Gene Hackman in Il braccio violento della legge di William Friedkin. La consegna del boss alla giustizia produce perdite e il dubbio se il superamento della linea di ciò che è consentito possa giustificare ciò che si deve fare. La poetica dell’eroe di Costner, affascinato dal mezzo antieroico per giustificare il fine, trova il suo apice con la risoluzione del trionfo della legge. Questo passaggio e il finale coincidono con la frase/manifesto divenuta simbolo del film e della storia del cinema. La parabola discendente di Al Capone/ Robert De Niro spetta a uno dei suoi ultimi dialoghi con Kevin Costner  : “Tu sei solo chiacchiere e distintivo”.

Carlito’s Way – Brian De Palma

Nella sua seconda collaborazione con Al Pacino dopo il cult Scarface, il gangster di Brian De Palma è un narcotrafficante segnato dalla propria vita criminale e in cerca di redenzione. L’estrazione portoricana del personaggio di Al Pacino si differenzia rispetto a quella cubana di Tony Montana per un diverso obiettivo. Il sogno americano per il giovane narcotrafficante di Scarface è adrenalinico, dettato dal bisogno di soldi e successo. Carlito Brigante, invece, uscito dal carcere dopo trent’anni, cerca in tutti i modi di fare una vita ordinaria e togliersi dai guai.

Il personaggio di Al Pacino è costantemente come il film sull’orlo del burrone. Quando Carlito cerca di crescere, il film ritorna nei tratti violenti del De Palma anni Ottanta, imponendo la violenza e il ritorno al passato. Un blocco del libero arbitrio che rende impossibile la volontà del protagonista di aprire l’autonoleggio e lasciarsi la malavita alle spalle. Nel corso del film è insita l’intenzione di decostruire la figura del gangster.

La redenzione del gangster

Il Carlito di Al Pacino nella sua impossibilità a cedere alla coazione a ripetere di eventi nei cui confronti è inerme, attua tutto quel codice che la vita di strada impone all’ex criminale come unico perimetro d’azione. L’etica di Carlito e la lealtà sono i segni che costringono il film a riflettere sulla personalità di Brigante. L’ex gangster è un criminale d’onore, ma è anche un uomo riconoscente verso quel poco di bene che ha avuto. Alla fine Brian De Palma costruisce un gangster che ha il suo percorso segnato dall’inizio. Un antieroe in linea con il monomito dell’eroe tragico.

Per aiutare l’amico avvocato finito nei guai con la mafia siciliana, ritorna nel mondo criminale senza una via d’uscita. Quella di Carlito è una redenzione mancata per il suo destino, ma riuscita per la decostruzione del gangster. L’alter-ego di Al Pacino ritrova, attraverso il sacrificio e il mito del buon samaritano, il senso dell’uomo prima del gangster. E, sul sentiero dell’infrangersi del sogno di libertà, il solco di fare la cosa giusta.

Brian De Palma nella sua multiforme carriera ha dato alla violenza criminale un senso. Un significato di eccesso, di giustizia e di cambiamento. Gangsters criminali che sperimentano l’american dream e il suo contrario.

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